«Come il desiderio [...] anche il rimpianto non cerca di analizzarsi, ma di soddisfarsi; quando si comincia ad amare, non si passa il tempo a interrogarsi sulla natura del proprio amore, ma a preparare le possibilità del prossimo incontro. Quando si rinuncia, non si cerca di conoscere il proprio dolore, ma di offrirne a colei che lo provoca l'espressione più tenera. Si dicono le cose che si sente il bisogno di dire e che l'altra non capirà, non si parla che per se stessi».
Marcel Proust, All'ombra delle fanciulle in fiore, traduzione di Giovanni Raboni, Mondadori, 1983
E io - e non solo io, credo - mi sono rotto le palle a parlare per me. È per questo che scrivo qui, pubblicamente, alla ricerca di non so bene cosa, forse di un tempo perduto - capirai se lo ritrovo.
Ecco che il blog diventa un buon coacervo per chi soffre di espressionismo - malattia di chi crede che solo ciò che esprimiamo (in questo caso delle frasi) resterà a rappresentarci quando non ci saremo più.
Le parole sostituiscono la carne, diventano carne - questo l'aveva già detto qualcuno.
A volte penso a quali circostanze mi abbiano fatto prediligere questa forma espressiva e non un'altra, cosa abbia fatto sì che la mia vita abbia trovato nella scrittura il medium per raccontarmi, per rappresentarmi, per mettermi in mostra appeso in questa specie di retrospettiva continua che cerco di praticare da alcuni anni a questa parte (tra poco cinque, già, come mi ha fatto notare Francesca commentando nel mio primissimo post del 2007). Bisognerebbe risalire alla propria giovinezza, certo. Ma ora non ne ho voglia.
Ora ho voglia di capire perché ogni egoismo ha bisogno di una relazione. Perché «quando si comincia ad amare» non si ama l'altro, ma l'idea che si ha di se stessi che ama l'altro (o anche l'idea che si ha di se stessi a essere amati dall'altro). L'altro soddisfa e gratifica la rappresentazione, l'esercizio (attivo e passivo) del nostro amore. Perché è impossibile dimenticare se stessi anche se si crede di essere completamente votati a colei (o colui) che si ama.
Ci vorrebbero degli specchi fatti di carne: dove guardi, sei guardato; dove tocchi, sei toccato. Dato che ogni parola pronunciata per avvicinare l'altro a sé, è una parola che si dice a se stessi - frasi dette per gratificare la nostra vanità. Sentire come escono volentieri dalla nostra bocca, impudiche, pubblicate, stancate a forza di essere fatte uscire a forza dal proprio essere, nel vano tentativo d'imitare il rumore del mare.
in questo mio ritmo stento
qualche poco del tuo vaneggiamento;
dato mi fosse accordare
alle tue voci il mio balbo parlare:
io che sognava rapirti
le salmastre parole
in cui natura ed arte si confondono,
per gridar meglio la mia malinconia
di fanciullo invecchiato che non doveva pensare.
Ed invece non ho che le lettere fruste
dei dizionari, e l’oscura
voce che amore detta s’affioca,
si fa lamentosa letteratura.
Non ho che queste parole
che come donne pubblicate
s’offrono a chi le richiede;
non ho che queste frasi stancate
che potranno rubarmi anche domani
gli studenti canaglie in versi veri.
Ed il tuo rombo cresce, e si dilata
azzurra l’ombra nuova.
M’abbandonano a prova i miei pensieri.
Sensi non ho; né senso. Non ho limite.
Eugenio Montale, dalla sezione Mediterraneo, in Ossi di seppia.
7 commenti:
Luca ... Grazie della poesia.
Diciamo grazie a Eusebio :-)
Ovviamente! :-)
Ora, non è che non commento perché non ho niente da dire. È solo che non saprei proprio cosa aggiungere. Per cui mi lascio naufragare dolcemente in queste parole, le sue e anche le tue.
Grazie cara EmmeEelleUesseIenneA
Forse scambi per egoismo o vanità o narcisismo?? ciò che invece è metafora: l'amore sta sempre per altro. Io amo l'altro perchè l'altro incarna il mio desiderio, di cui non saprò nulla se non appunto attraverso l'altro. Lacan dice che "l’amore è dare ciò che non si ha" perché è a livello di ciò che non si ha che l'amore si lega al desiderio e trasforma un altro, l'amato, in colui a cui poter donare la propria mancanza, l’àgalma, facendo di lui l'oggetto che gli manca. Io ci ho messo un pò per capire questa inversione di logica di scambio, e cmq la domanda delle domande: “dimmi perché mi ami”, che ovviamente non ha possibilità di risposta perchè è come se interrogassi il tuo desiderio che è appunto mancanza, mi riaffiora ostinatamente,implacabilmente alle labbra…...
scrivi delle cose molto belle
Benvenuta Basilisca e grazie per diverse cose:
1) per la riflessione intorno all'aforisma di Lacan che condivido (ma tu guarda il caso, ieri l'altro ho fatto un tweet al proposito che vedrai pubblicato tra poco);
2) per i complimenti
3) per aver pubblicato nel tuo blog una mia poesia.
Saluti
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