Devo andare a camminare ora, ne sento necessità. Sotto il sole, o sotto l'ombra calda di foglie spesse. Ho bisogno di gettare lo sguardo al puntino lucente della lontana postazione militare, una postazione di radiocomunicazione che chissà mai quali scopi avrà, per chissà quali improbabili invasori. Devo guardarla, dicevo, perché devo capire se i contatti interrotti col senso che avevo trovato potranno essere ripristinati - passata la tempesta delle elezioni greche, delle qualificazioni agli europei, della fine della scuola e dell'inizio delle vacanze, dell'estate che non dovrebbe essere così tanta e tutta insieme ma andrebbe distribuita nel corso dell'anno a piccole dosi (troppa estate fa male, infatti).
Devo fissare tale postazione coi radar per vedere se riesco a decriptare il silenzio.
Devo capire e non capisco. Sono duro come le pigne verdi, ma difficilmente cado senza aprirmi e senza offrire frutti del mio io affaticato in attesa di compimento.
Mi porterò con me, di Walter Burkert, La creazione del sacro, Adelphi 2003.
Devo meditare, al di là del suo contesto, questo passo:
«Come e perché, entro questo mondo mentale comune foggiato dalla tradizione linguistica, si sono stabilite certe sfere per le quali non esistono prove, e alle quali noi attribuiamo un dominio sulla comunicazione e sull'azione in virtù della loro serietà? Si tratta di un sottoprodotto, di una degenerazione, di un “effetto oppio”, o al contrario di una sorta di condizione a priori per un mondo comune?» (p. 43).
Nessun commento:
Posta un commento