Quale
debole odore
di
gerani ritocca
questa
corda del cuore
come
un tempo?
Trabocca
nel
mio cuore la piena
dei
tuoi giorni perduti,
dei
miei giorni vissuti
senza
spazio – con pena.
E
lo spazio era un fuoco
dove
ardevi per gioco
coi
tuoi abiti – il bianco
del
tuo petto, ed il fianco
che
nel vento odoroso
dei
gerani, in riposo
replicava
il tuo accento.
Era
un debole vento
che
portava lontano
il
tuo nome – un umano
vento
acceso sul fronte
d'un
continuo orizzonte.
Giorgio Caproni,
Finzioni, (1938-39), in Tutte
le poesie, Garzanti, Milano 1999
In questi giorni di meritata calura, nello spazio di tempo concesso da una passeggiata campestre, è bello odorare quello che il sole matura, il timo per esempio.
Non è un caso.
Infatti: è thymos.
Riconoscimento.
Commozione (non patologica). Un movimento verso il vento che profuma.
«Un debole vento che portava lontano il tuo nome».
Per questo lo pronuncio due volte il tuo nome: se la prima il vento lo porta lontano, la seconda volta è per riportarlo a me.
Dunque, la ripetizione è come un'eco interna, risuona dentro te nell'attimo stesso che lo pronunci.
Sì, qualcosa del genere.
Sei complicato.
Se non lo fossi, scriverei un Tractatus.
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