Non mi sono mai
esercitato nel catalogare cosa sia di sinistra e
cosa no, e non certo mi ci metto ora anche se pungolato dalla
lusinghiera (molto lusinghiera) chiamata in causa laterale di
Malvino.
Veramente, sebbene abbia una certa idea, non so quanto io sia di sinistra. La mia
aspirazione è quella di essere un marxista più o meno ortodosso, ma potrò esserlo soltanto quando sarò pienamente in grado di
padroneggiare il materialismo dialettico.
Abbozzo
una domanda che mi sembra di
sinistra: perché la
produzione umana crea così abissali disparità e disuguaglianze
sociali?
La
sinistra politica che non
si scontra con la realtà (socio-economica), che la accetta, che cerca di
riformarla, di
accarezzarle il pelo per il verso giusto – e la realtà, in certe circostanze
favorevoli e a latitudini limitate, sembra concedere qualcosa, sembra
lasciarsi addomesticare ma, proprio nell'attimo in cui la sinistra
sta per metterle il guinzaglio,
ecco che la realtà inizia a mordere e/o a prendere la fuga – bene, tale sinistra per me tanto sinistra non è.
Essere
di sinistra a mio avviso significa mettere in discussione i rapporti di
produzione e, a seguire, il corollario “costituzionale” che li
sorregge, proprio per criticare alla radice le contraddizioni della
democrazia “borghese” che, oggi come ieri, ha un concetto molto
limitato e particolare su chi
del demos abbia
la facoltà del cratos.
Se
per sopravvivere sei obbligato vendere la tua forza lavoro perché se
non lo fai – come direbbe Briatore – «sei fuori», allora,
a mio avviso, l'unica maniera pertinente di essere di sinistra è di prendere
coscienza del meccanismo del pluslavoro e del plusvalore
e di denunciarlo.
È
per la mancanza quasi totale di questa denuncia che la sinistra,
italiana soprattutto ma non solo, è morta. E il buon riformista
radicale del Giglioli, nonostante gli acuti rilievi (e il suo
moralismo superpoliticamente corretto), resta sempre in superficie
senza mai operare un'autentica critica di sistema (forse perché del
sistema fa parte?).
La
formula montaliana degli Ossi
torna sempre utile: più che dire cosa si
è, si può dire meglio cosa
non si è; più che dire cosa si vuole, è più facile dire cosa non
si vuole.
Così,
per tentare un'approssimata definizione del mio essere di sinistra,
uso questa formula per dichiarare programmaticamente cosa non lo è.
Scrive
Milton Friedman in suo saggio L'alleviamento della povertà
(tratto da Capitalismo e libertà, Studio
Tesi, 1987):
«Uno dei mezzi per alleviare la povertà, e per molti aspetti il più accettabile di tutti, è quello della carità privata».
Ecco
qua, fuck off.
3 commenti:
Un buon post questo tuo ultimo, bello denso oltre che temerariamente affilato-affondato nella propria (tua) carne.
Epperò è il penultimo che mi dà da pensare... "Anch'io non ho coscienza di aver lasciato passare un giorno senza scrivere in questo blog. Mi sembrerebbe di fare un torto se non scrivessi tutti i giorni, anche solo per dire che oggi è stata una bellissima giornata."
Un po' preoccupata perchè tra le date del 28 e del 30 giugno c'è quella del 29 rimasta illibata, non ti chiederò tuttavia da vispa teresa quale sono "oh, ma allora il 29 non è stata una bellissima giornata?"... le tue giornate non esattamente bellissime (e i motivi per cui) essendo spesso polpa del tuo sentire-pensare-SCRIVERE; oltre che -voilà il mio lato opportunistico- sollecitazione al mio leggere.
Punto interrogativo (piccolo o grande?)
carissima, ieri non ho scritto perché è stata superbellissima - senza parole.
Grazie!
Hans
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