A margine di questo mio post, ricevo un commento che volentieri pubblico
Gentile Lucas,
lavoro in Mondadori da 22 anni: ho pubblicato , tra gli altri, Roberto Saviano e Michael Moore. Le posso garantire che il contenuto dell'intervista di Gnoli ad Andrea Cane non risponde alla realtà ma è solo lo sfogo di una persona piena di risentimento che - per giunta - si atteggia a resistente, quando i motivi del suo licenziamento non hanno NULLA a che fare con la politica. Aggiungo che Laura Donnini e Riccardo Cavallero sono due persone dotate di grande professionalità, autonomia e non certo tipi da Forza Italia. Sono pieno di rabbia, sconforto e schifo quando leggo un'intervista del genere. Da uomo di sinistra trovo aberrante sventolare la bandiera dell'antiberlusconismo, usare il pettegolezzo e altre bassezze per mascherare il proprio fallimento professionale. E stia tranquillo, già 15 anni orsono Giorgio Bocca diceva che Berlusconi aveva messo la museruola alla casa editrice. Peccato che Gomorra sia uscito molti anni dopo, come pure Michael Moore, come pure Raffaele Cantone, etc etc etc. E stia tranquillo, contrariamente a quanto sostiene Andrea Cane, autori come Pinker e Dawkins fanno parte del patrimonio della casa editrice, non del suo. Con parecchia amarezza
Edoardo Brugnatelli
Gentile Edoardo,
la ringrazio molto del suo commento - o, meglio: della sua testimonianza. È per me un onore riceverlo e offrirlo alla lettura di chi sia incuriosito a queste vicende. Per tale ragione, per dargli maggior visibilità, ho deciso di farne un post.
Non posso che accogliere con favore le sue tranquillizzazioni.
A me piace correggermi quando sbaglio, e far sapere se ho preso un abbaglio.
Come avrà letto, ho specificato che quel pettegolezzo era da verificare e lei lo ha smentito, per cui è probabile che quanto detto da Andrea Cane ad Antonio Gnoli sia stata solo una maldicenza.
Solo una cosa mi permetto di chiederle: perché parla di fallimento professionale di Andrea Cane? Mi potrebbe fornire un esempio degli "errori" editoriali commessi (giusto per capire)?
La Mondadori, nonostante le turbinose vicende che l'hanno vista oggetto di una feroce contesa "industriale", resta un patrimonio culturale italiano che dovrebbe stare a cuore a tutta la collettività, a prescindere da chi ne sia proprietario e la diriga.
In fondo, la famiglia Berlusconi, sinora perlomeno, ha lasciato ampia libertà di movimento a voi collaboratori. E vorrei (vorremmo) che questa libertà culturale non fosse mai messa in discussione. Certo, ogni tanto qualche "dolce fico" cade dal vostro prezioso cesto/catalogo per ragioni... ideologiche? teologiche? politiche? economiche? Ad ognuno la sua versione.
Di nuovo grazie e cordiali saluti.
1 commento:
Per fallimento professionale intendo dire la sua riluttanza ad accettare di lavorare con capi e colleghi e che non facessero parte del suo giro di amicizie e conoscenze personali. Anche io, potendo, preferirei lavorare circondato da amici, ma la vita di un'azienda ha tempi ed esigenze che non collimano affatto con tempi ed esigenze personali. Grazie per la cortesia e la disponbilità al dialogo.
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