«Siamo assurdamente assuefatti al miracolo che qualche segno scritto possa racchiudere immagini immortali, intrecci di pensiero, mondi nuovi con persone vive che parlano, piangono ridono. Lo diamo per scontato con tale naturalezza che in un certo senso l'atto stesso di accettare la cosa con la bruta indifferenza della routine fa sì che annulliamo l'opera del tempo, la storia del farsi graduale della descrizione e della costruzione poetica, dall'uomo scimmia a Browning, dall'uomo delle caverne a Keats, [da Berlusconi a Zanzotto]. Cosa succederebbe se un giorno tutti noi ci svegliassimo e scoprissimo di non sapere assolutamente leggere? Vi auguro di trattenere il fiato stupefatti non soltanto per ciò che leggete ma anche per il miracolo che sia possibile leggerlo».
Vladimir Nabokov, Fuoco pallido, (ed. orig. Pale fire, 1962), Adelphi, Milano 2002 (trad. di F. Pece A. Raffetto).
Tornare a casa, accendere il pc, e constatare che muoiono sempre le persone sbagliate (mai un Andreotti, per esempio).
Duemilaundici nefasto per la poesia italiana. Il 24 maggio scorso morì Giovanni Giudici. Oggi Zanzotto, appunto. Com'è triste sentire che il Novecento si sta lentamente staccando dal secolo che viviamo. Certo, ce lo portiamo dietro il Novecento, ci mancherebbe. Sulle spalle dei giganti camminiamo.
Devo dire qualcosa, anche se non so cosa esattamente. Tra i miei tag si noti Zanzotto e quanto mi sono contenuto a citarlo e riproporlo.
Zanzotto poeta della difficoltà, milioni di cellule impegnate a dettare vocaboli, vocativi, rime, rimandi, allitterazioni, sonetti, eccetera eccetera.
Dice il nostro presidente Napolitano:
La terra veneta e l'Italia perdono un grande figlio, un interprete sensibile dell'esperienza di vita e dei sentimenti del suo popolo, una personalità civilmente impegnata nella difesa del patrimonio culturale e dei valori nazionali della nostra Italia
E sbaglia: il poeta, per essere poeta, non è mai interprete sensibile dei sentimenti del suo popolo, giacché se il poeta traesse ispirazione dai sentimenti del popolo sarebbe sufficiente comporre un'ode al rutto, all'urlo, allo slogan, alla frase fatta, e al posto dei politicanti, dei farneticanti e dei cantanti, tutte le sere il primetime sarebbe dedicato alla poesia.
Cosa accade nella mente del poeta quando compone. Rimando a Pale Fire di Vladimir Nabokov, straordinario libro, vertiginoso.
Ancora una volta si conferma una cosa che avevo già notato: i poeti, quando muoiono, non lasciano figli poeti, si disperdono come soffioni e inseminano la mente del mondo. Ora, può anche darsi che i figli di Zanzotto qualche verso l'abbiano anche scritto. Ma non possono certo prenderne il potere evocativo, illuminante. Non sono mica aziende le poesie, mica farmacie, studi notarili, eccetera.
La poesia non è teleologicamente orientata. Zac! bella scoperta...
Tra le stelle non mi smarrirò
che sulla spalla mi apporta e sul futuro
sfrangiarsene dell'inverno
la tua non scarsa non avara oblazione a sera.¹
Ma adesso a tavola, alla salute di Andrea Zanzotto, alla sua presenza/assenza, al fatto che siamo stati, per un certo tratto di vita, suoi contemporanei.
La salvezza è vicina, terrena, terrena.
Buon appetito.
(Porca miseria: non mi riesce trovare una plaquette di Zanzotto² che fu pubblicata poco tempo dopo l'uscita del suo Meridiano e non posso quindi riscrivere qui una sua splendida poesia, l'unica sua che sono riuscito a mandare a mente, talmente bella, ma allora se sono riuscito a mandarla a mente, la dico a voce, provo, ho la raucedine, ma provo lo stesso, dài (vedrò che posso fare, non ho mai caricato niente su youtube).
¹Galateo in bosco, "Indizi di guerre civili2"
Nessun commento:
Posta un commento