In chiusa a una lunga risposta a un lettore (nella rubrica Fermoposta de La Domenica de Il Sole 24 Ore di oggi), il quale domanda - in estrema sintesi - cosa ne pensa di certi autori borderline tra teologia e scienza, il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, risponde:
«Il panteismo alla fine rivela gli stessi limiti del creazionismo puro e crudo che imbracciava una dottrina teologica genuina com'è la creazione per un uso improprio. Decisivo è, dunque, il dialogo tra scienza e fede contro ogni monologo esclusivista, sia scientista sia apologetico, ma - come insegnava il vecchio Schelling - occorre anche saper “custodire castamente la propria frontiera”».
Provo a tradurre:
“Quegli scienziati che, in mancanza di meglio, usano la parola Dio come la usava Spinoza (Deus sive Natura), sparano cazzate: Dio non è solo Natura è Qualcosa (Qualcuno) che la trascende. Ma dato che l'evoluzione dell'universo e della vita sulla Terra è un dato innegabile come è innegabile che la Terra giri intorno al Sole e non viceversa, ostinarsi a credere che il mondo è stato creato da Dio così come dice la Bibbia è da rincoglioniti. Per questa ragione, abbraccio volentieri il NOMA gouldiano (Principio dei Magisteri Non Sovrapposti), così posso stare nel mio recinto per continuare a essere esperto di qualcosa (Le Scritture giudaico-cristiane) sulla quale voi scienziati alla Dawkins non avete diritto di mettere becco. Come diceva il vecchio Schelling: ognuno faccia i cazzi suoi a casa propria.”
Ora, questo potrebbe essere anche un compromesso accettabile. Ma a una condizione: appena uno valica la frontiera, un fiorino. Quanto scommettete che alla fine saranno i cardinali a pagare più dazio rispetto agli scienziati?
2 commenti:
hai tradotto davvero male, ovvero hai tradito
Non lo escludo. Tuttavia, esimio Anonimo, sarebbe stato cortese da parte sua proporre una traduzione migliore.
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