Ieri, sul Corriere, Ernesto Galli Della Loggia ha scritto un notevole editoriale sui guasti endemici del sistema-Italia, intitolandolo I pilastri dell'immobilismo: il privilegio, il corporativismo, la demagogia.
Ne suggerisco la lettura. Vi accorgerete che il passaggio più rilevante è questo:
Le riforme di cui noi abbiamo più bisogno, infatti, sono quelle che dovrebbero rompere proprio il meccanismo con cui funziona la nostra società, mutarne alla radice lo spirito e la mentalità. Quando in Italia si dice «riforme», bisogna esserne consapevoli, si dice in realtà «rivoluzione». E la più difficile tra le rivoluzioni: quella culturale.
Vero, la Rivoluzione è l'unica Riforma possibile in un Paese come l'Italia. Ma chi la fa la Rivoluzione? Coloro che non hanno privilegi, coloro che non appartengono ad alcuna corporazione, coloro che non sono affetti dal morbo del demagogo? Ma quanti sono coloro che sfuggono alle tre categorie dell'immobilismo, e quanta forza avrebbero, nel caso, di compiere la Rivoluzione?
Pochi, e con poche speranze.
«Cittadini! Facciamo tutti la nostra parte di sacrifici».
Chiedono dall'alto. L'importante è che qualcuno parta. Di solito, caso strano, si comincia sempre dal basso. Ma com'è che diceva il saggio? Che se l'esempio non viene dall'alto, non vale un cazzo.
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