Our question of a place of origin hangs
Like smoke: how we picnicked in pine forests,
In coves with the water always seeping up, and left
Our trash, sperm and excrement everywhere, smeared
On the landscape, to make of us what we could.
Il nostro interrogativo su un luogo d'origine aleggia
come fumo: il modo in cui facevamo scampagnate in pineta,
in vallette dove l'acqua affiorava sempre, e lasciavamo
i nostri rifiuti, sperma ed escrementi ovunque, spalmati
sul paesaggio, per fare di noi quello che potevamo.*
John Ashbery, Street Musicians
A volte, in certe poesie, trovi certi versi che rivelano, anzi: gettano luce su realtà lontane nel tempo e nello spazio, senza che questo sia, per ragioni ovvie, nelle intenzioni dell'autore. È il caso di questi cinque finali della poesia di John Ashbery sopra riportati.
Il nostro interrogativo su un luogo d'origine aleggia come fumo
E pensi a Bossi e a tutti coloro che riempiono i prati verdi delle Pontida del mondo. Non esiste alcun luogo d'origine a cui valga la pena attaccarsi per dare un senso alla propria esistenza. Ogni nostra marcatura di territorio è fumo. Sì, per un po' lo schizzetto d'orina agli angoli delle contrade emanerà un odore acre che darà l'impressione di salvaguardare le proprie
«vallette dove l'acqua affiora[va] sempre».
Solo una cosa di noi resterà a presidiare il territorio sacro delle nostre origini:
«i nostri rifiuti, sperma ed escrementi ovunque, spalmati / sul paesaggio, per fare di noi quello che potevamo».
Proprio così, noi diventeremo ciò che potremo diventare: cellule spalmate sul territorio come polvere, come polline per fare "starnutire" chi verrà dopo di noi.
*Traduzione di Damiano Abeni con Moira Egan, in Un mondo che non può essere migliore, Poesie scelte 1956-2007, Luca Sossella Editore, Roma 2008
P.S.
Mi permetto di rimandarvi a questo mio componimento di qualche anno fa.
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