Sono quasi sicuro che domani, su Il Foglio, qualche solerte fogliante (forse Meotti?) replicherà a questa splendida stroncatura di Christopher Hitchens pubblicata su Rep. di oggi.
Ne riporto un brano.
Mamet rifugge dall'ironia, per i suoi precetti preferisce restare sul letteral-tradizionale. Nel caso non ci fosse mai capitato di leggerla, ci propina due volte la definizione della regola d'oro e dell'essenza della Torah offerta dal rabbino Hillel: «Ciò che non è buono per te non lo fare al tuo prossimo». Come per l'hayekiano imperativo della scelta, l'apparente ovvietà di questo concetto non basta a preservarlo interamente dalla contraddizione. Al colonnello Gheddafi, a Charles Manson e a Bernard Madoff mi piacerebbe che succedessero cose che non sono buone per me. Di che utilità è un principio che vale solo per la persona che lo pronuncia?
2 commenti:
Non ho letto il testo di mamet, quindi non so se le estrapolazioni di Hitchens siano corrette. Certo che sembra che lui usi sempliecemente le decenti armi della logica contro il livore e le banalizzazioni risentite del drammaturgo. E poi: finalmente qualcuno che critica la regola aurea!
Premessa non ho letto ne' la critica di Hitchens ne' il testo di Manet e quindi magari dovrei tacere ma tante' quando si citano le Scritture sarebbe pero' bene citarle tutte e con un minimo di congnizione di causa
Paolo lettera ai Romani 13:3-4
"Fa' il bene e avrai la sua approvazione, 4 perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male."
Dire che la regola "non fare agli altri quello che non vuoi che is fattoa te" vale sul piano strettamente personale e non su quello istituzionale.
Sia chiaro nonvolgio sostenere le ragioni di San Paolo (che da buon illuminato sulla via di Damasco e' piu' realista del Re), vorrei far riflettere che le cose sono un attimo piu' complicate
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