«Per un osservatore lontano e vicino, tuttavia, è proprio nella penisola italiana che si può vedere dal vivo come s'inventa un'autoctonia locale, certo, ma altrettanto ricca e complessa di quella del Francese di razza o dell'Ateniese della fine del V secolo a.C., che ci ha lasciato il suo marchio identitario attraverso una parola, autoctono: una parola greca, appunto.
1989, caduta del Muro di Berlino, ma anche creazione di una Lega del Nord, ribattezzata ben presto Padania. Guarda un po'! Il mondo stupito scopre che i Padani, nati dalle terre limacciose del dio PO, sono stati, come i Sioux dello Smtihsonian Institute, invasi da Genti straniere che hanno rubato loro non solo la loro terra, ma anche i loro costumi, il loro modo di vivere, tutte le loro ricchezze, chiamate oggi "etniche". Questo fanno gli Stranieri.
Nel giro di qualche anno, un'etnia fino allora silenziosa - era stata ridotta al silenzio, non c'è dubbio - fa scoprire la forza e lo splendore della Padanità. Dei Puri Celti, nati liberi, e che non hanno mai conosciuto la cancrena di un'autorità centrale, fosse il Leviatano o un embrione malaticcio. Una minoranza, dunque, fiera e libera che ha superato vittoriosamente il lungo inverno di un'occupazione a "maggioranza meridionale", a partire dalla sciagura di Roma e del suo impero tentacolare [...]
I veri Padani l'hanno capito subito: nel contesto attuale - ondate di stranieri, minaccia dell'Islam, violenza dello Stato accentratore -, era urgente creare un "Ministero dell'Identità culturale della Memoria" che definisse i criteri certi dell'identità padana e difendesse, con l'aiuto di storici e antropologi autorevoli nel mondo scientifico padano, il riconoscimento dell'eredità genetica inseparabile dal patrimonio culturale. I fabbricanti di Autoctonia ad Atene restano a bocca aperta. Un buon lavoro, davvero».
Marcel Detienne, Essere autoctoni. Come denazionalizzare le storie nazionali, Sansoni, Milano 2004 (traduzione di F. Tissoni. Ed. or. Paris, 2003)
P.S.
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