domenica 19 giugno 2011

L'autoctonia è una patologia

«Per un osservatore lontano e vicino, tuttavia, è proprio nella penisola italiana che si può vedere dal vivo come s'inventa un'autoctonia locale, certo, ma altrettanto ricca e complessa di quella del Francese di razza o dell'Ateniese della fine del V secolo a.C., che ci ha lasciato il suo marchio identitario attraverso una parola, autoctono: una parola greca, appunto.
1989, caduta del Muro di Berlino, ma anche creazione di una Lega del Nord, ribattezzata ben presto Padania. Guarda un po'! Il mondo stupito scopre che i Padani, nati dalle terre limacciose del dio PO, sono stati, come i Sioux dello Smtihsonian Institute, invasi da Genti straniere che hanno rubato loro non solo la loro terra, ma anche i loro costumi, il loro modo di vivere, tutte le loro ricchezze, chiamate oggi "etniche". Questo fanno gli Stranieri.
Nel giro di qualche anno, un'etnia fino allora silenziosa - era stata ridotta al silenzio, non c'è dubbio - fa scoprire la forza e lo splendore della Padanità. Dei Puri Celti, nati liberi, e che non hanno mai conosciuto la cancrena di un'autorità centrale, fosse il Leviatano o un embrione malaticcio. Una minoranza, dunque, fiera e libera che ha superato vittoriosamente il lungo inverno di un'occupazione a "maggioranza meridionale", a partire dalla sciagura di Roma e del suo impero tentacolare [...]
I veri Padani l'hanno capito subito: nel contesto attuale - ondate di stranieri, minaccia dell'Islam, violenza dello Stato accentratore -, era urgente creare un "Ministero dell'Identità culturale della Memoria" che definisse i criteri certi dell'identità padana e difendesse, con l'aiuto di storici e antropologi autorevoli nel mondo scientifico padano, il riconoscimento dell'eredità genetica inseparabile dal patrimonio culturale. I fabbricanti di Autoctonia ad Atene restano a bocca aperta. Un buon lavoro, davvero».

Marcel Detienne, Essere autoctoni. Come denazionalizzare le storie nazionali, Sansoni, Milano 2004 (traduzione di F. Tissoni. Ed. or. Paris, 2003)

P.S.
L'Oracolo di Pontida non dice né nasconde, ma accenna (1, 2)

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