«
È, oltre l'indifferente spettacolo
della vita presente, ritrovare improvvisamente nel ricordo
risuscitato del passato, il sentimento che lo animava, un incanto
dell'immaginazione che ci lega definitivamente alla vita e ce la
incorpora, come se il nostro passato, che il godimento ha lasciato
fuggire, che il nostro pensiero non ha compreso, che la nostra
memoria ci presenta così incerto, fosse per sempre riafferrato dalla
contemplazione. Sono quelle le ore belle nella vita di un poeta,
quando il caso pone sul suo cammino una sensazione che racchiude un
passato e promette alla immaginazione sua di far conoscenza col
passato che non aveva conosciuto, che non era caduto sotto il suo
sguardo e che l'intelligenza, lo sforzo, il desiderio, nulla, avrebbe
potuto fargli conoscere. Gli ci voleva il ricordo, non proprio il
ricordo ma la trasmutazione del ricordo in una realtà direttamente
percepita. »
Marcel
Proust, Jean Santeuil, Einaudi,
Torino 1976 (pag. 236, traduzione di Franco Fortini).
Questo
brano, sottolineato anni fa quando lessi tal libro per un esame di
letteratura francese in lingua italiana (misteri dell'università
italiana), l'ho ripescato per caso e prosegue il mio imbarazzato
tentativo di scrivere cose già scritte, mirabilmente, da Proust.
Ma
con questa aggiunta: attraverso la narrazione¹, lo «spettacolo della vita presente»
riacquista il suo pieno valore, giacché, raccontando - spolverando la patina grigia dell'indifferenza che rende i giorni tutti uguali e,
apparentemente, inutili -, la memoria riporta alla luce vissuti, esperienze che vivendoli/e non abbiamo conosciuto appieno. Infatti, quando parlo a te di me e tu di te
a me, l'indifferenza lascia il posto alla partecipazione². Ed è quando
ci si sente partecipi, non solo del proprio spettacolo ma altresì
dello spettacolo altrui, che il palcoscenico della vita si illumina,
le quinte si aprono, si entra in scena e non si
recita a soggetto, ma secondo il copione scritto della propria vita,
perché si diventa soltanto ciò che si è ².
Note.
¹ Bloggheristica, o altro.
² È il rapporto che lega narratore e lettore in una complicità partecipata. Baudelaire nel suo celebre poemetto Au lecteur, invoca la complicità del lettore, come suo simile e fratello. Gli dà anche dell'ipocrita, ok, ma ironicamente, se questi si ostinasse a non riconoscere la necessità del racconto e dell'ascolto per sconfiggere il Mostro della Noia, il quale «Il ferait volontiers de la terre un débris / Et dans un bâillement avalerait le monde» se io e te, amico lettore, rinunciassimo a raccontare la nostra storia.
³ A volte anche degli stronzi, autentici ma pur sempre.
2 commenti:
Un altro gioiello. Sei in vena più che mai.
Grazie. Guarda che ci credo
;-)
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