«Pourquoi
écrire ces pages? – À
quoi sont-elles bonnes? Qu'en sçais-je moi-même?
Cela est assez sot, à mon gré, d'aller demander aux hommes le motif
de leurs actions et de leurs écrits.» Gustave Flaubert, Mémoires d'un fou, 1838.
-
Buonasera uomo, perché scrivi?
-
Oh no, Dio, Suprema Intelligenza, ti prego...
- Come fai a dire che sono intelligente?
- Perché non avrei mai creduto che...
- Fossi uno stupido?
- Tu l'hai detto, io non avrei mai osato, non oserei mai...
- E perché? La stupidità è uno dei tanti attributi divini.
- Non è possibile.
- E invece. Guarda lo sviluppo della cosiddetta creazione a cui voi umani - o perlomeno, la maggior parte di voi - date un fine; magari anche pretedeterminato.
- Eppure io vi scorgo uno sforzo che, dalle prime forme di vita elementare ha portato allo sviluppo della complessità e alla nascita del pensiero razionale.
- E tu pensi (o credi) che questo sia un approdo e quindi la manifestazione certa di un'intelligenza divina in azione?
- No, grazie. Ho capito. È molto intelligente, Dio, chiederti il motivo delle tue azioni e, soprattutto, dei tuoi scritti.
-
I miei scritti? Bada che a quei tempi non facevo l'editore.
-
Buonanotte Signore
-
Bonne nuit, con.
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