Mi alzo, mi cerco
e bevo l'assenzio
l'amaro del tempo
d'un mattino in cui penso
che vivere stanca
e richiede una pausa
tipo quella del video
registratore.
Fermare su una panchina
non solo la vita che passa
anche il resto, cuore
compreso, fegato pure.
Lasciare sospeso
solo l'occhio della mente
per scorrere indietro
fino a quando non ero
fino a quando il pensiero
di me era un punto
dei possibili. Là, appunto,
pensarsi, riposarsi in quella
moltitudine di ni-enti.
Nessuno che faccia l'appello
che ti dica: «Forza,
è l'ora d'alzarsi - avanti!».
Là, fermi, dove non si esiste
eppure si è, dove nessuno
chiede perché, dove non ha
senso chiedere nulla,
dove l'essere e la vita
sono due cose diverse,
come l'universo, in fondo.
Quanto essere sprecato
a cui non riesco a dare
significato. Non c'è
da significare niente
solo la vita ha bisogno
d'essere riempita
come un insaccato.
Allora mi affetto
fine fine, e mi sciolgo
nella tua bocca,
Inès*.
*Nota tecnica: cercando una rima baciata con fine m'è sopravvenuto un nome che amo da sempre. Da pronunciare alla francese o alla spagnola.
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