È ottobre, viene l'autunno, la tramontana grida,
volano via i tre strati di paglia del tetto,
passano il fiume, si sperdono sul greto.
I fili alti restano ai rami del bosco,
i fili bassi calano in cerchio nei fossi.
I ragazzi del paese, perché son vecchio e debole, ridono
e mi rubano senza vergogna la paglia del tetto, la strappano
sotto i miei occhi, poi scappano in mezzo ai canneti;
io grido, grido, ci perdo la voce, non serve.
Rientro a casa sospiro, m'appoggio al bastone:
ora è caduto il vento, ma sempre nuvoli neri.
È muto il cielo d'autunno, vien buio.
Vecchie coperte lenzuola, come il ferro gelate, i ragazzi
hanno ribrezzo a dormirci, delicati; e le stracciano a calci.
Come son umidi i letti, non trovo un angolo asciutto,
su per le gambe rattratte son tutto dolori,
e mi sconforto, mi lamento e non riposo,
e questa veglia che non finisce mai.
Oh se ci fosse un palazzo di diecimila sale
per quanti al mondo han freddo, immenso, per gioia di tutti,
che né pioggia né vento lo vincano, eterno, di pietra.
Quando improvviso davanti a me lo vedrò?
La nostra capanna è disfatta, moriremo di gelo, che importa.
Tu Fu (secolo VIII d.C.)
In, Franco Fortini, Asia Maggiore, Viaggio nella Cina, Einaudi, Torino 1956.
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