Lucas, pensavi alle corde che ti tenevano la mente, che ti costringevano a una sorta di bondage non voluto, tu, che il godimento lo vuoi libero da vincoli, da schemi, da immagini che si sono stampate nell'incoscio e che impongono di fare cose che non rovinino l'equilibrio costituito.
Per saper tenere a bada i desideri la maniera migliore è confessarseli, vis-à-vis con un albero perso in un perduto bosco di una strada provinciale. Tu ci parli, con l'albero (tu preferisci il carpino, lo so), lo abbracci, gli chiedi se per favore movesse a compassione un po' i suoi rami; e lui fruscia le foglie - mica è il vento - ma quello che ti dice non riesci mai a capirlo. Tu lo scrivi lo stesso, ostinato, sicuro che qualcuno lo capisca al posto tuo.
Il mondo è pieno di decifratori di messaggi in codice. Il linguaggio delle foglie però è difficile, mutante, sempre incerto, che non si basa su un sistema stabile di numeri o di lettere, o di suoni trasformabili in note. È un linguaggio che si rivela solo quando cade. Per questo, più e più volte, sei ritornato a casa con le tasche di foglie piene. Foglie che finiscono come segnalibro, sparse nel viavai continuo di libri che affollano la mente.
Così, una sera come tante, pescando il libro e ritrovando la foglia, leggi, comprendi finalmente quello che ti è stato detto.
Tu che mi desti il tuo corpo
e in pegno l'anima
per di più mi donasti,
tu
che mi ami
di tutto l'amore umano,
baciami ora
e prendi il tuo morsello,
già l'ho intinto nel piatto -
e quello che hai da fare
fallo presto.*
*Héctor A.Murena, “Tu que me diste tu cuerpo”, traduzione di Cristina Campo, La tigre assenza, Adelphi, Milano.
1 commento:
Ammaestrata da un esercizio di secoli, la repubblica degl'Immortali aveva raggiunto la perfezione della tolleranza e quasi del disdegno. Essi sapevano che in un tempo infinito ad ogni uomo accadono tutte le cose. Per le sue passate o future virtù, ogni uomo è creditore d'ogni bontà, ma anche d'ogni tradimento, per le sue infamie del passato e del futuro.[...] Visti in tal modo tutti i nostri atti sono giusti, ma sono anche indifferenti.
La morte (o la sua illusione) rende preziosi e patetici gli uomini. Questi commuovono per la loro condizione di fantasmi; ogni atto che compiono può essere l'ultimo; non c'è volto che non sia sul punto di cancellarsi come il volto d'un sogno. Tutto, tra i mortali, ha il valore dell'irrecuperabile e del casuale. Tra gl'Immortali, invece, ogni atto (e ogni pensiero) è l'eco d'altri che nel passato lo precedettero, senza principio visibile, o il fedele presagio di altri che nel futuro lo ripeteranno fino alla vertigine. Non c'è cosa che non sia come perduta tra infaticabili specchi. Nulla può accadere una sola volta, nulla è preziosamente precario.
L'immortale - Borges
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