domenica 25 settembre 2011

La vera ricchezza

Leggendo l'editoriale di Galli Della Loggia ho concluso questo: che certa gente, quando morirà, dovrà scrivere sulla propria tomba una semplice parola, definitiva, che li inchioda al loro vero essere: leccaculo.

Digressione (ma mica poi tanto) che dedico a Olympe.

Io, di principio, non sono contro la ricchezza, contro cioè il fatto che vi siano persone che, per qualche fortuita circostanza o “merito”, siano ricche e altre, viceversa, meno - ma meno meno.
Quello che m'infastidisce, profondamente, è che lo status quo ai ricchi, ovverosia a quella fottuta minoranza di voraci piranha divoratori del mondo, è garantito da una consistente e ben attrezzata cerchia di servitori e di leccaculo (appunto).
Com'è, infatti, che il ricco ricco accumula capitale a dismisura? Col lavoro? Col cazzo! No, tutto tranne che col suo lavoro. Il ricco diventa ricco ricco in forza del lavoro degli altri. E chi sono generalmente questi altri? I suoi servitori e i suoi leccaculo in primo luogo - e poi tutta la gran messe di lavoratori secondari che sono giocoforza alle loro dipendenze. Insomma, il ricco ricco è tale perché riesce a farsi servire elargendo una minuscola parte del capitale a dei servitori e leccaculo profumatamente pagati (alcuni, addirittura, pagatissimi per i servigi resi - i quali, spesso, diventano a loro volta dei piranha come i lor padroni), che svolgono per lui il lavoro necessario al mantenimento e, soprattutto, all'accrescimento del suo potere.
Discorso complicato. Faccio un esempio pratico prendendo a prestito un caso che riguarda l'Italia da vicino. Chi è il padrone della Fiat? La famiglia Agnelli (detto in modo molto semplificato). Chi è l'attuale presidente? John Elkann figlio di Alain Elkann e Margherita Agnelli. Fin qui nulla di strano, ok. Ma che lavoro fa esattamente il nostro John? Nulla, diciamo le cose come stanno. Fa egli auto? Ma scherziamo! Anche se lo dice non è lui che le fa. Oltre ad avallare, alla fine con una firma, le decisioni che altri hanno preso -  decisioni che convengono alla rendita della famiglia, naturalmente - che cosa fa in concreto John Elkann nella vita? Non fa un cazzo: è inutile girarci intorno. Anche se, ogni tanto, durante qualche conferenza pubblica, egli dice: «Noi della Fiat facciamo auto», non è vero che lui faccia auto, non è vero punto e basta. Così come non fanno un cazzo Marina Berlusconi (cosa diamine vuoi che sappia, per esempio, come si produce e fabbrica un best seller) e fratelli; o anche i figli di De Benedetti, di Colaninno, di Benetton eccetera. Fanno i presidenti di stocazzo. Sanno solo circordarsi di servitori e leccaculo ben pagati che fanno girare bene i meccanismi delle loro aziende, ne gestiscono la loro immagine di imprenditori ammirevoli e solerti tutto casa lavoro poco sesso e sport (a parte la Barbara B. che ora gliene dà secche col Pato: tutta suo padre, la ragazza), fanno fruttare al meglio il loro capitale (leggi: la loro ricchezza smisurata).
Il caso italiano va moltiplicato per tutti i casi di tutti paesi democratici e no. Un manipolo di possidenti straricchi che spadroneggiano sul mondo alla faccia della moltitudine.
Ora, io non è che voglia per forza e con la forza cambiare le cose. Anche se, penso, che per cambiare le cose, sempre che si vogliano cambiare, non bisogna attaccare frontalmente i vari sceicchi, ma agire sui servi zelanti, sui leccaculo, sui maggiori beneficiari delle poche briciole che essi giocoforza concedono in vista della loro difesa e protezione.
Tuttavia, non voglio spingere certo io alla lotta di classe, ma alla coscienza sì. Se essa si trasformerà in lotta, dopo, non lo so. Ma è necessario avere contezza che, per quanto sta in noi, sia che siamo borghesi benestanti, mediamente benestanti, piccolo borghesi, poveri, poveri poveri, dobbiamo creare un clima in cui chi è ricco ricco dovrebbe essere messo ai margini della società molto più di quanto oggi mettiamo ai margini la devianza, la povertà estrema, la diversità, l'immigrazione, la follia.  Non dobbiamo cioè dare quello che loro ci chiedono di più e prima di tutto: il nostro desiderio. Desideriamoci tra noi, non guardiamo a quegli esempi mortificanti del genere umano. Tocchiamoci noi, facciamo noi invidia a loro riconquistando libertà e partecipazione, la cura per chi ci sta di fronte e non per chi invece ci sta davanti al teleschermo. Si fottano, molto semplicemente; e un giorno affoghino nei loro triliardi. Quindi vadano affanculo in sempiterna secola secolurum. Amen.

1 commento:

Olympe de Gouges ha detto...

scompaginare le basi sociali stesse della democrazia italiana riducendo drammaticamente le risorse a sua disposizione ...

questa è operazione iniziata decenni or sono, ora siamo alla stretta finale

cosa scriveva negli anni scorsi galli ernesto?

è un gioco furbo quello che stanno facendo. tra qualche lustro ne avremo più chiaro il disegno e la portata

ciao