L'editoriale terzista o cerchiobottista di Dario Di Vico sul Corriere della Sera elogia Giuseppe De Rita, il quale - sostiene Di Vico - riesce sovente a individuare termini lessicali cogenti con la realtà sociale del Paese.
Ultimo, in ordine di tempo, è la nozione di smottamento del ceto medio, ovvero lo scivolamento verso una condizione sociale di (quasi) povertà di cospicua parte della classe media italiana
La crisi economica di questi anni sta erodendo il concetto stesso di classe media; infatti,
«Sotto i colpi della crisi la società, dunque, subisce un profondo mutamento. I commercianti abbassano le saracinesche, gli artigiani non ce la fanno a reggere l'urto della recessione e delle tasse, il management intermedio è il primo a pagare le politiche di ristrutturazione aziendale, i piccoli professionisti viaggiano spaesati.»
Per tali motivi, Dario Di Vico si augura che la prossima campagna elettorale veda le forze politiche confrontarsi su questo fenomeno, senza concedere spazio al populismo delle promesse difficili da mantenere. (Anche se si capisce che questo rilievo è rivolto a Berlusconi, Di Vico non si guarda bene da scriverlo perché, appunto, è un terzista.)
L'analisi di Di Vico chiude lanciando una stilettata a quelli che, non certo a torto, De Rita chiama «gli Dèi della Città», ovvero i capitalisti che, proprio grazie alla crisi economica e al conseguente smottamento del ceto medio, hanno visto crescere il loro potere e la loro ricchezza.
Ecco, mi sono detto: stai a vedere che Di Vico attacca la classe dei capitalisti. M'illudevo: dopo il piccolo buffetto anonimo a Berlusconi, dà una piccola pacchina, anch'essa anonima, a Bersani, giacché per “criticare” i padroni, scrive:
«Forse prima dei taxi dovremmo liberalizzare proprio le élite.»
forse immaginando il segretario del PD futuro primo ministro che si occuperà di liberalizzazioni.
Tuttavia, cosa vuol dire liberalizzare le élite? Chi è più libero dei padroni, chi più di loro vuole le liberalizzazioni? E poi, ammesso e non concesso che i padroni si lascino liberalizzare come Di Vico vorrebbe, il futuro governo quali provvedimenti dovrebbe prendere per farlo? Per riportare gli dèi della città a terra, occorre togliere loro le ali: ovvero il capitale, ovvero tutta quella ricchezza prodotta sfruttando il lavoro altrui, magari coi sussidi dello Stato (vedi Ilva, Fiat, Alitalia...).
A questo pensiero, che darebbe davvero un bel colpo al cerchio e un altro, altrettano bello, alla botte, Di Vico non ci arriva; è comprensibile: d'altronde, se ci arrivasse non scriverebbe editoriali per il Corriere della Sera.
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