«Come
si vorrebbero cambiare volentieri le false asserzioni dei preti, che
esiste un Dio, che egli esige da noi il bene, che è vigilatore e
testimone di ogni azione, di ogni attimo, di ogni pensiero, che ci
ama, che in ogni sventura vuole il nostro bene: come si vorrebbe
cambiarle volentieri con verità che fossero altrettanto salutari,
tranquillizzanti e benefiche di quegli errori! Ma tali verità non
esistono; la filosofia può opporre loro al massimo delle parvenze
metafisiche (in fondo altrettanto non verità). Ma ora la tragedia è
questa, che non si può credere
a quei dogmi della religione e della metafisica, se si porta nel
cuore e nella mente il severo metodo della verità, e d'altra parte
si è divenuti attraverso l'evoluzione dell'umanità così delicati,
eccitabili e sofferenti, da aver bisogno di mezzi di salute e di
consolazione della più alta specie; dal che sorge quindi il pericolo
che l'uomo si dissangui sulla verità conosciuta. Ciò esprime Byron
in versi immortali:
Sorrow is knowledge: they who know the most
Must mourn the deepest o'er the fatl truth,
The tree of knowledge is not that of life¹.
Contro
tali cure, nessun mezzo giova più dell'evocare, almeno per le ore
più tristi e buie dell'anima, la solenne leggerezza di Orazio, e del
dire a se stessi con lui
quid æternis minorem
consiliis animum fatigas?
Cur non sub alta vel platano vel hacpinu jacentes²
Sicuramente
comunque la leggerezza o la melanconia di ogni grado sono meglio di
una fuga e di una diserzione romantiche, di un riavvicinamento al
Cristianesimo in una qualsiasi forma: poiché con esso, nell'attuale
stato della conoscenza, non si può più assolutamente aver a che
fare senza insozzare irrimediabilmente e senza abbandonare di fronte
a sé e agli altri la propria coscienza intellettuale.
Quei dolori possono essere veramente penosi, ma senza dolori non si
può diventare una guida e un educatore dell'umanità; e guai a colui
che volesse tentare ciò e non avesse più quella pura coscienza!».
Friedrich
Nietzsche, Umano, troppo umano,
Adelphi, Milano 1979. Versione di Sossio Giametta.
¹
«Afflizione è la conoscenza: coloro che più di tutti conoscono,
devono più profondamente di tutti soffrire per questa verità
fatale: l'albero della conoscenza non è quello della vita». Cfr.
Byron, Manfredi, I, i.
² «A
che tormenti un animo troppo piccolo con disegni eterni? Perché non
ci sdraiamo sotto l'alto platano o sotto questo pino?». Cfr. Orazio,
Odi, II, 11, 11-14.
Credo che questa lettura nietzschiana sarebbe piaciuta a Christopher Hitchens. Forse, nonostante la bellezza dei versi, avrebbe avuto qualcosa da dire circa l'ultimo della terzina byroniana, giacché avrebbe, credo, replicato che l'albero della conoscenza è, fortissimamente è, parte dell'albero della vita.
Inoltre, mi sembra doveroso segnalare il post commovente di Giovanni Fontana e la conversazione di questi quattro brillanti signori, tra i quali ce n'è uno che fuma sorseggiando scotch.
4 commenti:
Pain is hard,
Pain is free,
Pain is knowledge,
Pain in me.
The holy fraud
Drives ‘em mad
So I’m proud
To be sad.
Pain is hard,
Pain is free,
Pain is human,
Pain is me.
Dear Popinga, your poem is very beautiful.
Zenkyù.
Haikù welcome
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