Riflessioni ai margini della fine di un anniversario
Denaro ritrovato nel Titanic |
Stamattina il sole
ha fatto più fatica di me a levarsi, distendendo stancamente i suoi
raggi all'orizzonte (come braccia che si stirano), lo sbadiglio di un
debole vento.
In questo limbo di
giorni che non sanno di una sega, dove la politica aspetta i saldi
come piccoli consumatori in fuga, non capisci se tutto quello che ti
circonda abbia una valenza, oppure no.
L'inverno sospende
la vita vegetale, la fa “andare il letargo”. Noi, invece, che non
possiamo mai fermarci per imitare i gesti lenti delle piante, siamo
condannati al movimento, alla mutazione in atto provocata
dall'urgenza – e non sappiamo mai esattamente quali pesci prendere.
Solo col senno di poi diventiamo sicuri e spavaldi e ci
consoliamo di aver avuto ragione.
Noi umani che siamo
emersi dalla natura come un algoritmo, siamo quello che siamo
perché abbiamo sviluppato (o meglio: i nostri antenati svilupparono)
il sesto senso della previsione. “Fare questo provoca quello”, e
se quello è cosa buona e utile abbiamo cercato di ripetere il
gesto, di affinarne la tecnica. E dato che siamo stati gli animali
più “capaci” a insistere molto su questo senso della previsione
in funzione della sopravvivenza, ecco il risultato: dominatori di un
pianeta sperduto appartenente all'universo sterminato.
E quindi? Osservare
il punto della linea del tempo ove siamo giunti e constatare che il
senso della previsione degli accadimenti ha perso, di fatto, il posto
di rilievo che occupava. L'umanità, insomma – fatte le dovute
eccezioni di persone illuminate, ma inascoltate – se ne sbatte del
futuro e vive immersa nell'orgia (chi detiene il potere) o
nella pena (chi subisce il potere).
È indubbio,
tuttavia – a parte la crisi attuale che sembra sconfessarlo –, che il mondo contemporaneo mostra, mediamente, un tasso di
progresso, di benessere, di carità applicata, di cura e
partecipazione nettamente superiori alle precedenti epoche storiche.
Niente da discutere su questo, e – sia chiaro – non rimpiango
alcuna arcadia. Discuto, invece e volentieri, dello sguardo
rivolto verso quell'orizzonte illuminato da questo sole stanco. Uno
sguardo d'uomo che diventa sempre più triste, sconsolato – come di
colui che non osa chiedersi: ma è proprio così gradevole e
gratificante il mondo in cui viviamo?
Chi risponde sì –
com'era scritto anche in alcune domande del recente sondaggione Istat
– passi pure al blog successivo.
Chi risponde no –
e che credo che, purtroppo, qualcuno ci sia – ha idea di come
contribuire, con la propria immaginazione prima, con la
propria volontà poi, ad andare oltre gettando lo
sguardo al di là dell'orizzonte? Voglio dire, per “limitarsi”
all'Italia: fra centocinquant'anni chi celebreremo? Ancora e solo
Garibaldi, Mazzini e Cavour, oppure verrà fuori qualche altro eroe
valoroso o sapiente politico che dia impulso al miglioramento di
questa nostra democrazia malata?
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