Parlare con le ombre. Tu gli chiedi se esistono. A volte esse rispondono di sì, altre meno. A seconda del vento. Oggi ho raccolto numerose ghiande, scegliendo le più belle. Di poi, percorrendo il perimetro di casa, nel terreno umido le ho conficcate. Per una volta mi sono sentito artefice della selezione naturale. Sono stato non troppo ariano, ho scelto secondo la bellezza, non secondo la testadicazzaggine. Chissà se frutteranno. Certo che le loro madri querce erano magnifiche. Ne abbracciai una, un tempo, credendo fossi tu, o perlomeno il tuo avatar. Ti giuro, non lo dico certo per spirito di rivalsa: è stata l'unica volta che ti ho toccato, veramente. E non eri tu. Per cui, se sparisce la tua ombra, cosa piango se non le ghiande che concepimmo in quello splendido abbraccio di un tempo? La quercia era il terzo incomodo, ma a me faceva comodo credere tu fossi quercia così potevo abbracciarti, potevo essere sicuro di ritrovarti lì, mica la tua ombra. Le ombre hanno un unico vantaggio: non possono essere abbattute. Hai provato a calpestare l'ombra di te stesso, a parte nel falso mezzogiorno estivo? Provaci ora, ad autunno inoltrato, se ci riesci. Mi dici che con le ombre della luna sia più facile? La luna non è un sole e tu non sei una quercia. Eppure mi sembravi così vera. Véra, la moglie di Nabokov, l'ho conosciuta in fotografia e so dove andarla a trovare, lei, al cimitero di Montreux, distesa accanto a suo marito. Erano così belli e forse felici a vederli seduti in riva al lago in certe foto d'epoca che vidi in un appartamento poco sopra la ridente cittadina elvetica. Divago nei pressi del ricordo del lago. Ma ora è tardi, la luna alta, il freddo intenso, il letto amico. Chissà se nei sogni le ombre si vedono o, perlomeno, si possono toccare.
1 commento:
nel veneto si bevono
:-)
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