Ha ragione Formamentis: ancora non ci è chiaro «come il laicissimo Fini possa pensare a un terzo polo in compagnia di Rutelli e Casini»; ne dà testimonianza la lettera che il Presidente della Camera ha scritto al direttore di Avvenire e la risposta di quest'ultimo.
In buona sostanza Fini cerca di tranquillizzare il giornale dei vescovi che non ha (e non avrebbe) intenzione, in vista di un futuro possibile incarico di governo, di istituire come in Spagna la liceità del matrimonio tra omosessuali ma, allo stesso tempo, egli non ritiene «giusto, di fronte all’insufficienza di forme ed istituti giuridici, ignorare alcune legittime esigenze che meritano di essere prese in considerazione dal nostro ordinamento in virtù di quella idea di “laicità positiva” intesa come punto di incontro tra diverse concezioni etiche presenti nella società.
Del resto, compito dello Stato di diritto è quello di favorire approdi normativi lungimiranti basati sull’unico criterio possibile da adottare, vale a dire quello della “ragionevolezza” delle leggi e della tutela dei diritti dei cittadini.
Questo, a mio avviso, è l’unico antidoto per debellare ogni pericolosa e strisciante forma di indifferenza umana e sociale che tende a minare la convivenza civile».
Tuttavia, Marco Tarquinio non si ritiene «convinto» da queste parole moderate e lungimiranti del presidente della Camera; il direttore di Avvenire, infatti, sostiene che «l’idea di famiglia che i cattolici – ma non solo i cattolici – considerano un valore non negoziabile è quella naturale, fondata sul matrimonio di un uomo e una donna e aperta ai figli. Questo è un bene civile (sul sacramento le norme dello Stato non intervengono di certo) da «ragionevolmente» preservare, fonte di duratura solidarietà interpersonale e di tenuta nella rete delle relazioni sociali. Su questo uno Stato dovrebbe puntare e investire. Per questo fare leggi. E, per quanto ci riguarda, su un punto così decisivo non può darsi uno “Stato neutrale”».
Insomma, la pretesa di Fini di convincere i fedayin della Cei che anche in Italia i tempi sarebbero maturi per una seria riflessione legislativa su questi temi eticamente sensibili, è andata a vuoto. Pur di difendere il valore non negoziabile della famiglia, i cattolici duri e puri sono disposti anche a farsi governare da un direttore di un sexy shop purché gli prometta di "preservare" il valore fondante della famiglia.
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