In questo caldo di metà ottobre la notte cala prima il suo sipario. Tutto ciò è secondario all'inutile tuo andare in bilico come Joseph prima di partire sulla strada del peggio (o del meglio, dipende). Non puoi conciliare, ti piaccia o non ti piaccia, la vita indecisa e la faccia sospesa nel fango della passeggiata dei Templi ove ripassi, del vivere, gli esercizi - e il vento ti riporta tutti i vizi che avevi gettato nel tempo. La vedi davanti la scelta che frena l'ultima scorciatoia, la piena che romba lontana del fiume, lo sguardo che cerca l'ultimo lume. Meno male, non sei solo: un formidabile pino silvestre allarga più d'una gru le braccia e lancia i suoi aghi a capofitto, nel dirupo. | Arriva una folata e corri la dove è acceso il fuoco. Bruci ceppi di cerro; con l'attizzatoio pungi le ruvide mattonelle. Avvampi, togli il pullover, ti scompigli, aduggi la parete, mimesi d'Oriente? Col cencio umido avvolgi i castrati marroni, seduto li strizzi, li stringi, li abbracci, (ti bruci), li sbucci uno ad uno, uno e trino (uno su tre anche le castagne) nel silenzio d'oro novembrino. È l'estate dei pipistrelli, li vedete abbracciare l'aria notturna ghiotti d'insetti e di brezza. La tua fame di carezze è un'altra: muovi i polpastrelli, incomincia la caccia. |
venerdì 5 novembre 2010
L'estate dei pipistrelli
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