Nella critica radicale di Berlusconi e dei suoi seguaci alla magistratura, quello che più colpisce è la patetica accusa di illegittimità che questa istituzione dello Stato avrebbe nell'indagare prima, e nel (voler) giudicare poi il presidente del consiglio dei ministri in carica.
Dipingere i magistrati come mostri, o carnefici che cercano di sfigurare o fare a pezzi l'eletto dal popolo è una rappresentazione distorta e fallace della realtà.
I magistrati italiani, nella fattispecie quelli dell'ufficio giudiziario milanese, hanno chiamato in causa non la carica istituzionale, ma il cittadino che la ricopre. È quest'ultimo che cerca di far credere il contrario.
Ancora una volta viene ripetuta la litania difensiva che Berlusconi ha avuto molteplici iscrizioni nell'albo degli indagati – cosa che dovrebbe da sola bastare a far nascere il sospetto di persecuzione ad personam – dalle quali poi sono scaturiti pochi processi e pochissime condanne (!). E questa “persecuzione” è stata ed è messa in atto sempre dalla Procura di Milano che agirebbe per fini eversivi.
Ora, mi sembra pacifico dire che, se uno viene indagato ripetutamente, forse ripetutamente si mette nelle condizioni di dare adito a sospetto illecito. Dipoi, mi sembra altrettanto scontato dire che, se tali presunti illeciti sono contestati quasi sempre dalla procura milanese, questo è dovuto al fatto che Berlusconi e la sua azienda gravitano intorno al capoluogo lombardo (per esempio: se Mediaset avesse avuto la sede legale a Belluno o a Marsala è chiaro che, all'occorrenza, avrebbero indagato le procure di tali cittadine).
La magistratura (milanese) – è bene ricordarlo – persegue Berlusconi per presunti illeciti che riguardano la sua attività imprenditoriale e privata e, relativamente all'ultimo caso, per presunti reati che avrebbe commesso in quanto cittadino, non in quanto presidente del consiglio. È lui che la butta in politica, non la magistratura.
I magistrati, in fondo, non fanno altro che il loro mestiere, e non possono fare diversamente. Agiscono in base all'articolo 112 della nostra Costituzione.
Berlusconi non capisce questo punto, non lo digerisce, non lo accetta. Eppure è un laureato in legge (con lode). Ciò nonostante, strilla che i magistrati non hanno diritto, loro, che sono assunti mediante un “misero” concorso a giudicare lui, eletto dal popolo. Ma, visto che ha le carte in regola, perché non prova anche lui a diventare magistrato? I titoli ce li ha, in fondo. Forse gli farebbe bene tornare a studiare materie giuridiche di cui era a conoscenza (e che forse non ricorda).
Il magistrato non può non intervenire se vengono riscontrate delle ipotesi di reato, giacché. in tal caso, è obbligato, per legge, ad avviare delle indagini per verificare prima se tali ipotesi sono fondate e, se lo sono, ad avviare la pratica processuale.
Il magistrato segue una procedura che si rifà alla Costituzione, e in una Repubblica democratica la procedura (che segue i dettami della Costituzione) è tutto. Il magistrato non può agire sulla base di principi altri da quelli della legalità: se, per esempio, è di “fede” buddista non può avviare un'azione penale nei confronti di qualcuno solo perché ha detto cazzo di budda.
Ecco: la prossima volta che Berlusconi si vanta del fatto che lui è uno che ha studiato, che ha la laurea rispetto a tanti politici che sono semplici diplomati, fategli sapere ch'è meno vergognoso fare politica da ragionieri che essere dei politici laureati in legge e non sapere, o rispettare, un cazzo della Costituzione su cui la legge si fonda.
E poi fa le citazioni colte in latino... Leggiti Marziale (Epigrammi, Libro IV, n. L) e ripigliati...
Quid me, Thai, senem subinde dicis? Nemo est, Thai, senex ad irrumandum. | E dagli sempre con la mia vecchiezza, Taide. Il pompino è eterna giovinezza.¹ | Taide: continui a dirmi che son vecchio. Taide: nessuno è vecchio, se lo succhi!² |
¹ traduzione di Guido Ceronetti, Einaudi, Torino 1964
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