Se – attraverso una norma – si spezza il legame tra genitorialità e generazione, tra quest’ultima e la coppia femmina-maschio si aprono scenari davvero inquietanti per il futuro dell’uomo: figlio non più generato, ma proiezione ricreata, prodotta, assegnata. Francesco Riccardi, Avvenire di oggi¹.
M'incammino per strada, t'incontro, ti vedo là solo, una faccia triste, una faccia di chi vuole scappare. Anch'io sono solo, e la vedo la tua solitudine, s'inscrive nel mio volto, nella mia preoccupazione, nel mio vuoto che m'aspetta al secondo piano, senza ascensore, di una palazzina di periferia. Ho una camera vuota, un frigo pieno, un bagno caldo, e del tempo da dedicare alla tua perduta disperazione. Sono solo e vorrei condividerla con te questa solitudine. Non dico di farti da guida, no. Se sono solo è perché non sono una guida. Ho qualche soldo da parte, un'auto pagata, un lavoro che riempie una parte di vuoto e mi dà abbastanza per offrire luce alla tua possibile voglia di vedere. Sono solo, non sono coppia, ma ho le mie storie brevi, puttane che pago e che liquido per non cadere nella tentazione di un rapporto. Io non ti insegnerò niente di tutto questo. Io ti darò solo una mano, del tempo, qualche libro, la possibilità di ascoltare i miei dischi. Là c'è anche una tv, quasi sempre spenta. E uno spazio di quiete per essere solo te stesso.
¹Non ho molto da dire su questo tema. Ma le parole di Riccardi mi hanno aperto uno scenario inquietante. Ho voluto rappresentarlo come ho potuto. A proposito: magari esistessero norme che avessero potere di spezzare i legami con la genitorialità e la generazione e ci rendessero figli soltanto di noi stessi!
3 commenti:
Le tue mi sembrano ottime argomentazioni e non solo emotive. Avvenire la ho sulla punte del naso pure io.
grazie Gians.
io qualche dubbio ce l'ho
due solitudini non (si) fanno compagnia
e crescere un figlio da soli è fatica improba, figuriamoci i momenti duri e difficili, senza una spalla su cui contare
no, non ce la farei
si è soli per un motivo, sempre
non è onesto usare un altra persona per riempire un nostro vuoto
(lo dico da madre)
WW
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