Da alcuni anni faccio parte del consiglio della biblioteca del comune ove risiedo. Consiglio che è a fine mandato (meno male). Un paio di settimane fa, c'è stata una seduta ove noi consiglieri dovevamo decidere come recapitare, a tutte le famiglie del comune, un piccolo libretto culinario patrocinato dalla Biblioteca, che racchiude ricette fornite dalla cittadinanza. Il preventivo per spedirlo via posta è intorno alle cinquecento euro. La bibliotecaria ci ha comunicato che, in cassa, ci sono circa cinquecento euro ma che sarebbe meglio spenderli, giustamente, in libri. Come fare allora? Un consigliere propone di tirare fuori di tasca nostra 50 euro cadauno, così da tagliare la testa al toro. Io oppongo una questione di principio, nel senso che ragionare così mi sembra poco democratico e dimolto berlusconiano. E difatti...
«Caro Carlo sei come un cane da polpaccio... mi hai così tanto spinto che ti dico che se non riusciamo a darti questi 50 milioni attraverso Tremonti, questi 50 milioni te li do personalmente io...»*
... non ho dovuto attendere molto per averne conferma.
Ecco, è questa idea privatistica della democrazia che mi uggia, questa idea delle beneficenza da parte di un magnate che elargisce elemosine. [È stessa idea che poi fa credere che Lampedusa l'abbia sgomberata lui, di tasca sua e non invece un suo agire politico, un suo governare pagato dagli italiani].
E qui mi congiungo con due articoli, pubblicati oggi dal Corriere della sera (non sono online ancora), della coppia Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Il primo con un articolo sui “vizi pubblici” intitolato «I voli blu e l'assalto dei partiti alla cassa». Il secondo sui “vizi privati” il cui fondo è intitolato «Le società dicano no almeno ai vitalizi».
Brevemente, Stella ci mette in guardia che tutti gli schieramenti politici presenti in Parlamento stanno apprestandosi a votare una leggina che prevede il raddoppio del finanziamento pubblico ai partiti. Ma egli stesso vede che il problema non è tanto che i partiti finanzino se stessi coi soldi pubblici, quanto questi soldi, invece, siano spesi male perché abbiamo una politica che non riesce (oddìo sognavo di dirlo... scusatemi) a governare e a risolvere i problemi reali del Paese. Lo scandalo quindi non è tanto il finanziamento in sé, quanto l'enormità dello stesso e la dissipatezza con il quale viene speso. Giacché, come scrive lo stesso Stella, «senza un centesimo di soldi pubblici, potrebbero fare politica solo i ricchi». Appunto. Già è così, figuriamoci dopo. Per cui, in questo periodo, bisogna tenere sorvegliatissimi questi discorsi demagogici. Casomai bisognerebbe proporre trasparenza, ovvero, in concreto, quanto denaro pubblico noi cittadini sborsiamo per pagare i costi della politica. Vale a dire: a me piacerebbe sapere di preciso quanto del mio reddito viene dato al finanziamento pubblico dei partiti, perché non lo so. Quante ore di lavoro elargisco per il funzionamento della democrazia? Io, per esempio, sarei disposto anche a pagare una sorta di abbonamento – prelievo forzato – come si paga il canone Rai. Così, giusto per sapere.
E poi c'è l'articolo di Rizzo che, secondo me, mette in evidenza degli scandali ancora più gravi, legati ai benefit percepiti dai vari dirigenti delle grandi società e/o banche d'affari italiane. Nel caso specifico, i vari presidenti delle Generali, Bernheim prima e Geronzi poi. Per dire di quest'ultimo che, dopo soli undici mesi da presidente delle Generali, prenderà una liquidazione pari a 16.600.000 €.
«Parliamo di 47.982 € al giorno, cifra pari a quattro anni di stipendio di un precario della scuola. Più la retribuzione, 2,3 milioni di € Più i 9,2 milioni di € per i circa tre anni trascorsi in precedenza alla presidenza di Mediobanca. Più i 20 milioni di € di buonuscita da Capitalia. Più la pensione, che spetta a Geronzi dal 1996, quando gli vennero liquidati 54 milioni di lire (lordi, s'intende) al mese: 36,6 dall'Inps e 17,4 dal fondo della Cassa di risparmio di Roma».
Non ci rendiamo conto abbastanza dell'enormità, della dismisura. Si dice: «Eh, ma questi sono soldi “privati”, non pubblici». Privati un cazzo. Guadagnati nel fare che? Qualcuno me lo spiega? A me piacere sapere se coloro che beneficiano o hanno beneficiato delle “competenze” del signor Geronzi hanno mai saputo quanto egli guadagnasse. Io quando pago qualcosa, sia esso una merce o un servizio, sono più o meno consapevole chi o che cosa faccio guadagnare. Per esempio, se compro un pc con Windows come sistema operativo so che faccio guadagnare i soldi a Bill Gates. Se Gates mi stesse antipatico comprerei Apple e così guadagnerebbe Steve Jobs. Se invece non volessi far guadagnare nessuno dei due, comprerei – come ho fatto – un pc (via internet) senza sistema operativo e ci metterei Linux (nel caso ci ho messo, ripeto, Ubuntu).
Quello che mi chiedo è questo: coloro che hanno comprato un servizio finanziario o assicurativo o bancario dalle banche o dalle società ove Geronzi era presidente, sapevano di fare guadagnare così a dismisura un simile figuro? No? Sapevatelo*.
Nessun commento:
Posta un commento