Sabato scorso, sul Foglio, Alfonso Berardinelli ci ha spiegato che «l'antiberlusconismo fa impazzire, ma è qualcosa da cui si può guarire». Certo, anch'io che sono un antiberlusconiano radicale, concordo con lui che, in finale di articolo, scrive:
«Dunque: fine della “differenza antropologica” fra chi vota per il centrodestra e chi per il centrosinistra. L’uscita di scena di Berlusconi non è né sarà l’avvento di “un’altra Italia”. L’Italia è questa, non da ora. Forse è la stessa da mezzo secolo o da vari secoli. Dobbiamo ancora capirla. Nonché (se ci riesce) farla capire agli stranieri.»
Ma il punto non è questa banale considerazione che qualsiasi persona di buon senso ha capito. Io non rivendico nessuna superiorità antropologica rispetto a chi apprezza Berlusconi. In altri termini: io non dico che chi vota Berlusconi sia un imbecille. Affatto. Né tantomeno sostengo che, una volta sparito re Silvio, l'Italia diventi d'incanto una nazione guida per civiltà, efficienza, organizzazione, sviluppo economico, sociale e culturale.
Dico solo che Berlusconi essendo, di fatto, l'Uomo delle Televisioni, ha determinato che la politica diventasse la protagonista assoluta della (uso un termine vendoliano) narrazione mediatica italiana. E soprattutto: Berlusconi è stato l'artefice di una «tecnica [che] vuole che tra la causa e l'effetto non ci sia nulla» [leggete questo gran post del Disagiato].
In questi anni berlusconiani è scomparso tutto quanto sta nel mezzo; oserei dire: è sparita la realtà.
Berlusconi è un male non tanto perché è di destra o di sinistra, di questo o di quello, ma perché egli nasconde il reale a vantaggio di una rappresentazione dove la politica, incarnata dalla sua persona, diventa radioattiva. Berlusconi è una centrale nucleare esplosa che ha contaminato l'intera penisola. E per un intellettuale quale Berardinelli che, in uno dei suoi libri migliori, scrisse:
«La politica dovrebbe invece essere considerata un'attività inferiore, poco importante, ausiliaria, da controllare dall'esterno e soprattutto da rendere meno ingombrante possibile. L'ideale è: anonimato dei dirigenti politici. Modesti, solerti, umili servitori del bene altrui»*.
evitare di combattere quello che è, a tutti gli effetti, il contrario della politica auspicata, non rende tanto merito ed onore. Nemmeno se mantiene la propria autonomia di pensiero dalle pagine de Il Foglio.
*Alfonso Berardinelli, L'eroe che pensa, Einaudi, Torino 1997 (pag. 138)
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