Ad Antonio Tabucchi, una requie.
«Mi
sembra una sorta di mancanza di igiene, questa inerte permanenza
della mia vita uguale e identica nella quale giaccio, rimasta come
polvere o sporcizia sulla superficie del non cambiare mai.
Così
come laviamo il nostro corpo dovremmo lavare il destino, cambiare
vita come cambiamo biancheria: non per provvedere al sostentamento
della nostra vita, come col cibo e col sonno, ma per quell'estraneo
rispetto per noi stessi che giustamente si chiama pulizia.
C'è
gente per la quale la mancanza di pulizia non è una disposizione
della volontà ma un'alzata di spalle dell'intelligenza. E ci sono
anche persone per le quali lo squallore e l'uniformità della vita
non sono una forma di volontà o un naturale adeguamento a ciò che
non volevano, ma una cancellazione della comprensione di se stessi,
un'ironia automatica della conoscenza.
Ci
sono persone sporche che detestano la loro sporcizia ma non se ne
allontanano per quell'attrazione dell'abisso grazie al quale chi è
terrorizzato non si allontana dal pericolo. Esistono persone sporche
di destino, come me, che non si allontanano dalla trivialità
quotidiana per il medesimo fascino che provano per la propria
impotenza. Sono uccelli ammaliati dall'assenza di un serpente; mosche
che volano cieche sui rami fino ad arrivare alla portata della lingua
vischiosa del camaleonte.
Così
porto a spasso lentamente la mia consapevole inconsapevolezza sul mio
ramo d'albero dell'abitudine. Così porto a spasso il mio destino che
avanza senza che io avanzi; e il mio tempo che procede senza che io
proceda. E niente mi salva dalla monotonia, se non questi brevi
commenti che tesso intorno a lei. Mi basta che la mia cella abbia
delle vetrate dietro le grate, e scrivo sui vetri, sulla polvere del
necessario, il mio nome in lettere maiuscole, la firma quotidiana del
mio contratto con la morte.
Con
la morte? No, nemmeno con la morte. Chi vive come me non muore:
finisce, appassisce, cessa di vegetare. Il luogo dove egli fu resta
senza che egli vi sia, la strada dove camminò resta senza che egli
vi sia visto, la casa dove abitò è occupata da non-lui. È tutto e
lo chiamano nulla; ma questa tragedia della negazione non può essere
recitata neppure fra gli applausi, perché non sappiamo di sicuro se
essa è nulla, noi, vegetali della verità come della vita, polvere
depositata sull'esterno e sull'interno dei vetri, nipoti del Destino
e figliastri di Dio che sposò la Notte Eterna quando essa restò
vedeva del Caos che ci ha creati.»
Fernando
Pessoa, Il libro dell'inquietudine,
Feltrinelli, Milano 1986, pag.
125-6, traduzione di Maria José de Lancastre e Antonio Tabucchi.
Nell'86, ancora quasi vergine di letteratura e non solo, comprai questo libro
perché lessi buone critiche e io non conoscevo ancora Pessoa e i
suoi eteronimi, né tanto meno Tabucchi, nome che lessi per la prima volta in tale libro, insieme a quello della moglie (seppi poi che Maria José era
sua moglie). Ci credete che io questo libro non l'ho ancora letto
tutto? Lo leggo a sorsi, come un whisky d'annata fortissimo che ti
apre lo coronarie, che ti sbatte in faccia una scrittura e un
pensiero che ti attraversa e ti s'infila nelle vene. Non commettete
l'errore di leggerlo a mezzavoce, con le labbra che si muovono e
pronunciano piano parola per parola: rischiate di prendere una
sbronza, cadere per terra, spaccarvi i denti sullo stipite della
porta. Pessoa fa male, è radioattivo, bisogna farne un uso distante
e dimenticarlo, sennò ti paralizza, ti impedisce di scrivere, di
essere uno dei tanti nomi che compongono il libro
dell'inquietudine.
Di
Tabucchi ho un bel ricordo del Pereira. Un cattivissimo
ricordo ho del film che ne fece Faenza nonostante uno straordinario
Mastroianni. Così come mi ricordo che vedere i libri di Tabucchi in
bella mostra nelle vetrine delle librerie francofone mi dava un certo
orgoglio patrio, molto più di quello che mi dà vedere altri (non fo
nomi) – ma questo è un altro discorso.
9 commenti:
Quanta verità su Pessoa! Difficilissimo, da sorbire con attenzione.
Anche a me del film piacque solo Mastroianni. Cioè, se ci penso mi viene in mente un film bellissimo, ma razionalmente poi so che in realtà era stato lui un gigante e il resto della troupe delle nullità.
Vero, il film fu una delusione, date le premesse (libro, Mastroianni, Lisbona).
A parte.
Sai che il verbo "sorbire" mi fa venire in mente il "sorbitolo" comprato su ebay? Chissà come "ride" la tua consorte... :-)
Film piuttosto brutto, in effetti, e Mastroianni solo e sprecato fra attori cani.
Pessoa, devo proprio avvicinarlo. È da anni in lista d'attesa, ma non è più tempo di aspettare.
Mi spiace molto per Tabucchi, è un autore che in gioventù ho amato moltissimo, e che mi ha fatto scoprire Pessoa.
Secondo me da "Sostiene Pereira" (compreso) in poi ha iniziato il suo declino letterario. Restano insuperabili (nella sua produzione) "Requiem", "Notturno indiano" e alcuni racconti. I suoi ultimi libri sono semplicemente sono...
Marco
L'ultima frase è da leggersi:
I suoi ultimi libri sono semplicemente illeggibili...
Marco
@luca: mia moglie "sorride" con te!
Il pessoaismo è peggio del pessimismo.
Anche io ho preso e ripreso il libro, letto e riletto, e non finisce di inquietarmi.
Ciao
Grazie a tutti voi che di qui siete passati a lasciare un segno
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