È morto Pagliarani: mi rincresce.
Era della stessa classe di mio babbo,
il Ventisette, anni duri, fascistissimi
in cui c'era soddisfazione a non diventarlo.
Di famiglia socialista
macchinista ferroviere il padre suo
il nonno mio
il nonno mio
non fece carriera e non diventò
controllore
ma almeno ebbe salva l'anima
e le porche delle madonne tirate in faccia
alle camice nere di merda
che impestarono l'Italia per vent'anni.
Se poi ti pigliano un figlio
sedicenne, gli stronzi dei nazisti
e te lo portano in un campo di lavoro,
figurati se non bestemmi
figurati se non preghi
insieme
e accendi i ceri in tutti i sensi
in questa terra distratta, mai fatta -
abbastanza tenera contro
la prepotenza
la sudditanza
l'osservanza al potere.
Apri il finestrino Giovanni
che fuori passa Elio
Vittorio, Edoardo, Alfredo,
Umberto e tanti altri che provarono
a cantare il disfacimento
la ricostruzione, la fedeltà
il tradimento, la promessa.
Muoiono i poeti ma non muoiono
nell'attesa che qualcun altro nasca
e li sostituisca per rendere meno triste
la superficie della terra.
La ragazza Carla è ora nonna:
ha una pensione minima e guarda
Maria de Filippi per dire che non è servita
a niente la Liberazione.
Dàgli fuoco nonna, le urla la nipote.
Lei ride, sorniona, sapendo
che la rabbia andrebbe incanalata
tutta quanta, ma tutta tutta
nella Rivoluzione.
Ma i poeti amano stare soli
stare zitti soprattutto per captare
segnali umani. Sentinelle
del dissesto dei significanti. La
luna è grossa, piacerà
alla terra capace di
accoglierci.
2 commenti:
Sono versi bellissimi.
Li diffondo come posso, non solo per ricordare Pagliarani.
Hans
Grazie Hans. Onorato.
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