«Un’altra tesi è emersa nelle ultime settimane, la legittimazione dell’infanticidio, assurdamente presentata in riviste scientifiche internazionali: in sé qualcosa di aberrante, se non addirittura di mostruoso. Per questi studiosi, di origine italiana, quello che secondo loro si può fare sul feto, ossia l’aborto, sarebbe possibile anche sul bambino appena nato. E perché anche non successivamente? Così, in breve, dall’interruzione volontaria della gravidanza, di cui è ineluttabilmente vittima un bambino che deve ancora nascere, si passerebbe all’eutanasia di questi una volta nato.»
Attacca
così il punto 6 della Prolusione (dal titolo «“Piano inclinato” e dialogolaici-cattolici») che
il Cardinal Bagnasco ha tenuto alla sessione
primaverile del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale
Italiana.
Sull'argomento sopra esposto, rimando pari pari a quanto scritto, encomiabilmente, da
Luigi Castaldi.
Ma
Bagnasco continua, passando dal tema dell'aborto a quello
dell'eutanasia, con una piroetta degna d'una ballerina di danza
acrobatica:
«A proposito infine di eutanasia, va registrata purtroppo un’altra tesi preoccupante, nel frattempo apparsa pure in sede scientifica internazionale: la nutrizione e l’idratazione dovrebbero essere sospese a tutti i pazienti in stato vegetativo permanente, salvo che non ci sia l’evidenza di una volontà esplicita del soggetto gravemente ammalato. Siamo cioè all’inaccettabile rovesciamento della prospettiva di quanto in Italia prevede il disegno di legge che, approvato alla Camera, attende l’auspicabile sì del Senato.»
Non
ho voglia/tempo di fare una ricerca su dove possa essere apparso «in
sede scientifica internazionale»
tale tesi. Mi basta, però, il modo in cui Bagnasco ne accenna per
credere che di “scientifico” tale tesi abbia poco. L'obiettivo
del cardinale è far credere al gregge
che, qualora venisse approvata una legge liberale e
laica che concedesse piena facoltà di decisione a ogni individuo di
scegliere cosa fare in caso di stato vegetativo permanente
(vale a dire: se continuare a
essere forzatamente tenuto
in vita oppure no), questo provocherebbe una indiscriminata
sospensione della nutrizione
e dell'idratazione anche
nei soggetti che non hanno esplicitato alcuna scelta, o peggio
ancora, che non hanno lasciato scritto niente per scaramanzia o altro motivo, se vogliono, nel caso,
essere mantenuti artificialmente in vita. Questo modo di ragionare mi
sembra alquanto disonesto e irrispettoso nei confronti e degli stessi
laici coi quali si vorrebbe dialogare, e dei fedeli
stessi, in quanto si fa loro credere le medesime cose di coloro che argomentavano - un tempo - che con la legge che permetteva (regolamentava)
l'interruzione volontaria di gravidanza, tutte le donne avrebbero
abortito; o di coloro che paventavano che con la legge sul divorzio,
tutte le coppie avrebbero divorziato (conosco mie coetanee che,
all'epoca bambine, spaventate dalla campagna democristiana in merito,
correvano tra le gambe dei genitori implorando che non si
lasciassero).
Prosegue, Bagnasco, dipoi:
«Non è vero che si è esaurita la stagione del confronto laici-cattolici, come qualcuno ciclicamente obietta; piuttosto è vero che in questa ricerca si gioca la più alta avventura della coscienza umana. Non ci sono vite non degne: che si tratti di bambini down, o disabili gravi, o malati psichici di difficile gestione, o malati terminali. Non esistono ragioni economiche per sopprimere o abbandonare una vita malata. Sarebbe la barbarie. Quando nel dibattito pubblico arriva l’eco di discussioni – sperando che solo di queste si tratti – che avverrebbero in taluni nosocomi del nostro Paese dove, per esigenze di budget, si vorrebbero rifiutare cure costose a beneficio di chi non ha più realistiche prospettive di vita, è il momento della massima all’erta, quello in cui stanno indebolendosi i presidi dell’umano, e si capisce che cosa vale in concreto la vita di ciascuno di noi. Nessun accanimento – possiamo convenirne –, ma neppure sentenze sbrigative, negligenti, o rinunciatarie in partenza.»
Con
il suo tono pacato, il cardinal Bagnasco detta la linea del dialogo:
ex cattedra. Egli dà per scontato che solo tra i laici alberghino
coloro che pensano si debbano eliminare «bambini down,
disabili gravi, o malati psichici di difficile gestione»
per ragioni di budget (e non solo). Insomma: gli stronzi e le
testedicazzo favorevoli all'eugenetica per motivi primieramente
economici sono tutte da una parte, la laica. Se dessimo valore a tali
sottintesi, sarebbe facile replicare che i defloratori di imberbi
creature sono tutti chierici; ciò nonostante, giammai ci
permetteremo di fare simili considerazioni. Piuttosto: quando scrive
e pronuncia la parola budget, a
Bagnasco non viene mai in mente il budget che la Chiesa riceve tramite lo straordinario meccanismo dell'otto per mille e, altresì, quanto
budget valgono tutti gli immobili che dovrebbero pagare l'ici (o
l'imu) e invece sono esentati?
Infine,
chiedo soccorso: non so come leggere l'ultima frase del paragrafo, («Nessun
accanimento – possiamo convenirne –, ma neppure sentenze
sbrigative, negligenti, o rinunciatarie in partenza»), se
in senso positivo o negativo, se posso, cioè, permettermi l'arbitrio
di leggervi un segnale
di distensione e di riconoscimento del diritto di ognuno (non solo il Papa) di rifiutare un
accanimento terapeutico; oppure
se, invece, se tale proposizione va letta come monito al legislatore
affinché stia attento a non lasciare falle che possano far impugnare
la legge di fronte alla corte costituzionale (vedi il caso Englaro).
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