E così, tra un mesetto, Giorgio Squinzi (patron della Mapei) s'insedierà al posto di Emma Marcegaglia come presidente di confindustria. Ha battuto “sul filo di lana” Alberto Bombassei (patron di Brembo), candidato sul quale puntava molto Marchionne per tornare a fare da padrone nel sindacato dei padroni.
Personalmente, avrei preferito un secondo mandato per l'Emma, donna belloccia, alla quale ho mandato diverse lettere d'amore che hanno avuto, si vede, poco esito. Chissà se ora butterà un occhio sulla corrispondenza di un blogger proletario in vena di salti di classe, così perché mi piacerebbe sviaggiare per l'Italia in elicottero per aiutarla nei suoi briefing e debriefing, ovvero senza fare un cazzo e stare palle all'aria da mane a sera.
Ma lasciamo la Emma nazionale al suo destino di abbronzata perenne (bacino sulla guancia sinistra, mentre le scenderà una lacrima il 19 aprile) e pensiamo allo Squinzi.
Prima cosa: se fossi stato io il padrone della Mapei, prima di andare in giro con un cognome così, ne avrei comprato uno un po' più opportuno. Lo so, non siamo responsabili dei cognomi che portiamo, ma insomma, un nome e/o cognome d'arte quando ci vogliono ci vogliono; d'Annunzio non sarebbe stato il Vate se si fosse ostinato a chiamarsi Rapagnetta.
Seconda cosa (e ultima): da un punto di vista della “crescita” è indubbio che la produzione di cemento sia di miglior auspicio della produzione di sistemi frenanti, checché ne dica Marchionne; infatti, dopo la polvere bianca, quella grigia è la polvere più usata dalla criminalità organizzata, industria - quest'ultima - che non minaccia certo di trasferire all'estero la produzione.
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