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giovedì 11 agosto 2011

Le mosche del capitale

«Il lamento per la reificazione passa al di sopra di ciò che fa soffrire gli uomini, piuttosto che denunciarlo. Il male sta nei rapporti che condannano gli uomini all'impotenza e all'apatia, e che questi dovrebbero tuttavia cambiare: i rapporti - non gli uomini e il modo in cui essi appaiono loro - sono la prima radice del male». T.W. Adorno, Dialettica negativa, Einaudi, Torino 2004
In cosa consistono di preciso i rapporti che gli uomini dovrebbero cambiare?
Nei rapporti di potere, ovvero: nei rapporti tra chi ha il potere e lo esercita e chi non ce l'ha e lo "subisce", lo "patisce" in varie forme (democratiche o dispotiche, ecc.).
Come viene giocato questo potere nelle relazioni umane? Secondo me, siamo sempre davanti a una dialettica del tipo padrone-schiavo. Evidente che vi siano sfumature diverse tra il passato e l'oggi.
Stringiamo il discorso alle nostre società democratiche occidentali, alla situazione odierna di crisi di sistema.
Si può parlare sulle cose di cui di solito non si può parlare? Si può non tacere?
Quanta legittimità abbiamo noi schiavi di chiedere ai padroni di cedere parte del loro potere?

Ieri Stella & Rizzo sul Corriere scrivevano:
Tutto ciò pone a chi oggi deve chiedere sacrifici agli italiani un obbligo morale: per chiedere quei sacrifici deve farne. Dimostrando di volere dare davvero un taglio a un andazzo che appare sempre più insopportabile. Vale per il Palazzo, per lo Stato centrale, per gli enti locali
Tutto vero, arcivero, verissimo: sono anni che la Casta, eccetera.
Ma perché non cambia nulla? Perché chi è seduto a tavola non può rinunciare alle portate che i camerieri continuamente servono, alzarsi e dire: «No, non mangio, non ho fame, sono a dieta».
Come si può chiedere di riformare il sistema a coloro che beneficiano dell'attuale sistema, quale che sia?
E si badi bene: questo andazzo sarebbe lo stesso anche se ci fossero altri attori al potere, anche io e te, amico lettore, diciamoci la verità: se noi schiavi avessimo certi privilegi saremmo così "eroici" da farne a meno?
Ribadisco: Stella & Rizzo hanno ragione, non lo nego. La politica, in Italia soprattutto, costa lacrime e sangue ai cittadini. Ma siamo proprio sicuri che se, per incanto, la politica diventasse virtuosa e non ci fossero più sprechi e ruberie, e tutti prendessero il giusto, lo Stato sarebbe immune da questa crisi di sistema in cui è coinvolto?
Io ho come l'impressione che, indipendentemente dalla volontà degli autori, l'operazione di Stella & Rizzo (e di tutti coloro che ne seguono le orme) sia un modo per deviare l'attenzione, per indirizzare il risentimento della moltitudine dei cittadini verso dei capri espiatori facilmente individuabili e riconoscibili, gli unici - al momento -  in grado di attirare su di sé gli odi e i rancori della gente frustrata e prostrata dalla crisi.
I politici belli paffuti sono pronti per finire in pentola, con la viva soddisfazione da parte dei loro deus ex machina.
Non voglio certo difendere l'indifendibile. Vorrei soltanto che, accanto alla politica, fosse chiamato sul banco degli imputati anche un altro tipo di potere, secondo me molto più responsabile della crisi sociale ed economica nella quale siamo immersi: il Capitale e chi ne fa le veci.
Limitandoci al minuscolo caso italiano la cosa sarebbe veloce da liquidare, anche perché abbiamo, unici tra i "grandi" paesi d'occidente, un capo del governo che veste da sempre entrambi i panni del politico e dell'oligarca capitalista.
A me non piace fare nomi e mettere le dita negli occhi a qualcuno in particolare, anche perché i nostri capitalisti sono bambinelli che giocano con le squadre di calcio o con le autostrade, con gli scooterini o l'editoria, con la metallurgia o l'alimentare, con l'assicurazioni o l'energia elettrica, col petrolio o la criminalità organizzata o con insomma qualcosa che li pone su un piano di vita e condizione che al confronto le signorie di una volta impallidiscono.
E chiudo su questo: come possono costoro che fuoriescono dalla moltitudine per eccesso di ricchezza (legittima o non legittima, frutto dell'ingegno o del casato) non inverare quanto sopra detto da Adorno, vale a dire che «i rapporti sono la prima radice del male» intendendo qui per me - magari impropriamente - i rapporti tra l'infinitamente ricco e l'infinitamente morto di fame?

Facendo due passi oggi per poco non pesto una grossa merda di vacca. L'ho schivata grazie allo sciame di mosche che, spaventate dall'ombra della mia scarpa, si sono alzate di scatto dalla loro "proprietà", volando a un dipresso. Le mosche del capitale, come diceva Volponi. Fintanto che l'odore sarà quello, loro - le mosche intendo - saranno padrone.

domenica 10 aprile 2011

I veri cani da polpaccio

Da alcuni anni faccio parte del consiglio della biblioteca del comune ove risiedo. Consiglio che è a fine mandato (meno male). Un paio di settimane fa, c'è stata una seduta ove noi consiglieri dovevamo decidere come recapitare, a tutte le famiglie del comune, un piccolo libretto culinario patrocinato dalla Biblioteca, che racchiude ricette fornite dalla cittadinanza. Il preventivo per spedirlo via posta è intorno alle cinquecento euro. La bibliotecaria ci ha comunicato che, in cassa, ci sono circa cinquecento euro ma che sarebbe meglio spenderli, giustamente, in libri. Come fare allora? Un consigliere propone di tirare fuori di tasca nostra 50 euro cadauno, così da tagliare la testa al toro. Io oppongo una questione di principio, nel senso che ragionare così mi sembra poco democratico e dimolto berlusconiano. E difatti...
«Caro Carlo sei come un cane da polpaccio... mi hai così tanto spinto che ti dico che se non riusciamo a darti questi 50 milioni attraverso Tremonti, questi 50 milioni te li do personalmente io...»*
... non ho dovuto attendere molto per averne conferma.
Ecco, è questa idea privatistica della democrazia che mi uggia, questa idea delle beneficenza da parte di un magnate che elargisce elemosine. [È stessa idea che poi fa credere che Lampedusa l'abbia sgomberata lui, di tasca sua e non invece un suo agire politico, un suo governare pagato dagli italiani].
E qui mi congiungo con due articoli, pubblicati oggi dal Corriere della sera (non sono online ancora), della coppia Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Il primo con un articolo sui “vizi pubblici” intitolato «I voli blu e l'assalto dei partiti alla cassa». Il secondo sui “vizi privati” il cui fondo è intitolato «Le società dicano no almeno ai vitalizi».
Brevemente, Stella ci mette in guardia che tutti gli schieramenti politici presenti in Parlamento stanno apprestandosi a votare una leggina che prevede il raddoppio del finanziamento pubblico ai partiti. Ma egli stesso vede che il problema non è tanto che i partiti finanzino se stessi coi soldi pubblici, quanto questi soldi, invece, siano spesi male perché abbiamo una politica che non riesce (oddìo sognavo di dirlo... scusatemi) a governare e a risolvere i problemi reali del Paese. Lo scandalo quindi non è tanto il finanziamento in sé, quanto l'enormità dello stesso e la dissipatezza con il quale viene speso. Giacché, come scrive lo stesso Stella, «senza un centesimo di soldi pubblici, potrebbero fare politica solo i ricchi». Appunto. Già è così, figuriamoci dopo. Per cui, in questo periodo, bisogna tenere sorvegliatissimi questi discorsi demagogici. Casomai bisognerebbe proporre trasparenza, ovvero, in concreto, quanto denaro pubblico noi cittadini sborsiamo per pagare i costi della politica. Vale a dire: a me piacerebbe sapere di preciso quanto del mio reddito viene dato al finanziamento pubblico dei partiti, perché non lo so. Quante ore di lavoro elargisco per il funzionamento della democrazia? Io, per esempio, sarei disposto anche a pagare una sorta di abbonamento – prelievo forzato – come si paga il canone Rai. Così, giusto per sapere.
E poi c'è l'articolo di Rizzo che, secondo me, mette in evidenza degli scandali ancora più gravi, legati ai benefit percepiti dai vari dirigenti delle grandi società e/o banche d'affari italiane. Nel caso specifico, i vari presidenti delle Generali, Bernheim prima e Geronzi poi. Per dire di quest'ultimo che, dopo soli undici mesi da presidente delle Generali, prenderà una liquidazione pari a 16.600.000 €.
«Parliamo di 47.982 € al giorno, cifra pari a quattro anni di stipendio di un precario della scuola. Più la retribuzione, 2,3 milioni di € Più i 9,2 milioni di € per i circa tre anni trascorsi in precedenza alla presidenza di Mediobanca. Più i 20 milioni di € di buonuscita da Capitalia. Più la pensione, che spetta a Geronzi dal 1996, quando gli vennero liquidati 54 milioni di lire (lordi, s'intende) al mese: 36,6 dall'Inps e 17,4 dal fondo della Cassa di risparmio di Roma».
Non ci rendiamo conto abbastanza dell'enormità, della dismisura. Si dice: «Eh, ma questi sono soldi “privati”, non pubblici». Privati un cazzo. Guadagnati nel fare che? Qualcuno me lo spiega? A me piacere sapere se coloro che beneficiano o hanno beneficiato delle “competenze” del signor Geronzi hanno mai saputo quanto egli guadagnasse. Io quando pago qualcosa, sia esso una merce o un servizio, sono più o meno consapevole chi o che cosa faccio guadagnare. Per esempio, se compro un pc con Windows come sistema operativo so che faccio guadagnare i soldi a Bill Gates. Se Gates mi stesse antipatico comprerei Apple e così guadagnerebbe Steve Jobs. Se invece non volessi far guadagnare nessuno dei due, comprerei – come ho fatto – un pc (via internet) senza sistema operativo e ci metterei Linux (nel caso ci ho messo, ripeto, Ubuntu).
Quello che mi chiedo è questo: coloro che hanno comprato un servizio finanziario o assicurativo o bancario dalle banche o dalle società ove Geronzi era presidente, sapevano di fare guadagnare così a dismisura un simile figuro? No? Sapevatelo*.