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domenica 3 febbraio 2019

Far credere

Su Facebook, tramite Riccardo Bellofiore (ordinario di economia all'Università di Bergamo) ho trovato questa notizia riportata da Mauro Gallegati (anch'egli professore presso l'Università Politecnica delle Marche)
Sotto riporto il commentino che ho depositato in quella pagina.

Chi fa credere? Il 20% degli italiani? Oppure: chi detiene i mezzi d'informazione fa credere che...? Nello specifico: quanti dell'80% degli italiani che credono che la colpa sia dei migranti fanno parte del 20% benestante e quanti invece sono "proletari"¹? Insomma, anziché semplicemente pubblicare delle statistiche, sperando che esse da sole bastino a scuotere le coscienze, sarebbe meglio spiegare che, tali dati, non sono una questione di "credenza" o di "fede", ma delle condizioni che determinano la riproduzione sociale ed economica. Dato che è oggettivamente (e storicamente) improponibile far "credere" ai proletari che sia sufficiente l'assalto alla diligenza borghese (il 20% dei benestanti che se la spassa) per ottenere giustizia sociale e prosperità economica diffuse (almeno: nessun partito è più capace di convogliare nelle masse tale credenza), allora - visto che, ahinoi, nessuna critica radicale del capitalismo fa presa nella coscienza sociale - è chiaro che per sedurre il proletariato sia sufficiente qualche imbonitore (populista o sovranista e anche un po' razzista) che non promette più il sol dell'avvenire, ma un semplice riempimento del «tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia» e tale promessa - urlano o cinguettano i sovran-populisti - sarà mantenibile solo coi porti chiusi. 
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¹ Con proletariato intendo, credo marxianamente, tutti coloro che per vivere (sopravvivere) devono (o dovranno o hanno dovuto) vendere la propria forza lavoro in cambio di un salario. 

martedì 30 agosto 2016

Sulla nostra bandiera

Gira gente strana all'università (Jerry?) Luiss. Gente che parla l'italiano, gente che parla l'inglese, gente che applaude, gente che fa lezione, gente che ascolta la lezione, gente che fa domande in inglese e gente che risponde in americano. Eppure è un'università seria la Luiss, una delle poche che, da alcuni lustri, sa offrire al Paese gente destinata a far parte dei quadri della classe dirigente. Quadri appesi, senza cornice: tagli sulla tela: fica Fontana.

Digressione: passano in diversi per Roma, individui della stessa specie, giri simili: Papa, Quirinale, Palazzo Chigi, Roma, Firenze, Venezia... Una volta i capitalisti erano più discreti, magari si presentavano con degli oggettoni da presentare alle autorità per poi essere messi sul mercato - ricordiamoci l'Avvocato con la Tempra. Tempo fa, quello di Instagram al Quirinale s'è fatto la fotina col Presidente: avrà ritoccato il selfie con quei musarini d'animale del cazzo? Dio, quanto mi fanno schifo. Comunque ho scoperto che anche il Quirinale ha l'account Instagram: novemila e passa follower, zero persone seguite. Neanche un collega, chessò: la Casa Bianca, Buckingham Palace, l'Eliseo...

Ma io ho da capire perché gli studenti e compagnia cantante al seguito hanno bisogno di queste lezioni per imparare che. Pulire i cessi con orgoglio ed esser grati al padrone di farlo. Nagamori un cazzo: muoiono sempre per ultimi, i santoni, nonostante la ruggine che incrosta il loro pensiero schiavista. 
Ve la insegno io una cosa, gratis. Dovremmo liberarci dal lavoro, altre che no. 
«Nello stesso tempo la classe operaia, indipendentemente dalla servitù generale che è legata al sistema del lavoro salariato, non deve esagerare a se stessa il risultato finale di questa lotta quotidiana. Non deve dimenticare che essa lotta contro gli effetti, ma non contro le cause di questi effetti; che essa può soltanto frenare il movimento discendente, ma non mutarne la direzione: che essa applica soltanto dei palliativi, ma non cura la malattia. Perciò essa non deve lasciarsi assorbire esclusivamente da questa inevitabile guerriglia, che scaturisce incessantemente dagli attacchi continui del capitale dai mutamenti del mercato. Essa deve comprendere che il sistema attuale, con tutte le miserie che accumula sulla classe operaia, genera nello stesso tempo le condizioni materiali e le forme  sociali necessarie per una costruzione economica della società. Invece della parola d'ordine conservatrice: "Un equo salario per un’equa giornata di lavoro", gli operai devono scrivere sulla loro bandiera il motto rivoluzionario: "Soppressione del sistema del lavoro salariato"».  
Karl Marx, Salario, prezzo, profitto.

sabato 24 luglio 2010

I love you Babe

Qualche riflessione in merito alla tesi di laurea di Barbara Berlusconi (d'ora in poi: Babe). Innanzitutto: congratulazioni alla neo-laureata. Di poi: certo che ha ragione la professoressa Roberta De Monticelli a dire certe cose, ma ella non ha criticato Babe, bensì il rettore dell'Università San Raffaele, Don Luigi Verzè: è a lui che andrebbero lanciati gli strali di manifesta sudditanza nei confronti dell'Imperatore, come ben ha mostrato anche Michele Boldrin (mi piacerebbe sentire con quali argomenti Massimo Cacciari replicherebbe alle critiche di questi).

Ma torniamo a Babe: essere figli di Silvio Berlusconi (d'ora in poi: Cesare) non è una colpa: sono cose che càpitano, raramente, ma càpitano. E poi, in fondo, perché non nutrire la speranza che, a volte, i figli siano migliori dei padri (o madri) soprattutto in regimi "imperiali" come il nostro? Secondo me, a bocce ferme, la cosa migliore sarebbe leggere la tesi di Babe senza alcuna pregiudiziale. Certo che una figlia di Cesare studi e si laurei su Amartya Sen è una notizia che dovrebbe riempire di gioia: è come se la figlia di Putin si laureasse su Anna Politkovskaja, come se la figlia di Bush si laureasse su Noam Chomsky, come se la figlia di Chavez si laureasse su Jeorge-Luis Borges, come se la figlia di Fidel Castro si laureasse su Friedrich von Hayek, come se la figlia di Ahmadinejād si laureasse su Salman Rushdie, come se la figlia di Cosentino si laureasse su Saviano, come se la figlia di Dell'Utri si laureasse su Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, come se la nipote del Papa si laureasse su Richard Dawkins.

Inoltre, in tutta questa polemica, non ho ben capito se la tesi di Babe sia stata considerata meritevole di pubblicazione dalla suddetta università. Se così fosse sarebbe, credo, possibile richiederne copia in lettura. Addirittura sarebbe doveroso che qualche casa editrice si facesse avanti per pubblicarla, magari anche quella piccola e marginale con sede a Segrate e presieduta dalla sorella Marina.

Infine: tra i figli di Cesare, Babe è quella che preferisco; non vorrei che una subdola campagna mediatica di certa cattiva stampa di sinistra me la sciupasse anzitempo. Non è il caso, no, per favore. I figli sono gli unici che possono commettere un parricidio (simbolico o meno).