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sabato 31 dicembre 2022

Leggere i giornali


Le Figaro, 1° febbraio 1907

« E svegliandomi mi disponevo a rispondere a Henri van Blarenberghe. Ma prima di farlo, volli dare uno sguardo a Le Figaro, ossia procedere a quest’atto abominevole e voluttuoso che si chiama leggere il giornale e grazie al quale tutte le disgrazie e i cataclismi dell’universo accaduti durante le ultime ventiquattr’ore (le battaglie che sono costate la vita a cinquantamila uomini, i crimini, gli scioperi, le bancarotte, gli incendi, gli avvelenamenti, i suicidi, i divorzi, le crudeli emozioni dell’uomo di Stato o dei vip) sono trasmutati a nostro uso e consumo, per noi che non siamo interessati, come fosse un regalo mattutino, e si abbinano perfettamente, come un tonico eccitante, all’ingestione raccomandata di qualche sorso di caffellatte. » [tentativo di tradurre Marcel Proust]

domenica 26 giugno 2022

Aridatece Scalfari

Editoriale della domenica. 

La domenica era il giorno in cui compravo quattro o cinque giornali. E li leggevo pure. Di essi, la cosa che più m'interessava erano gli editoriali e le pagine culturali. Bei tempi. 
Gli editorialisti e gli scrittori delle pagine culturali sono tutti morti. E anche noi lettori, in parte, lo siamo, dacché non esistono più i giornali né tanto meno gli editoriali e, quindi, anche noi lettori di editoriali e quotidiani esistiamo più. A chi dirà: «Ma come, anche se le copie vendute sono drasticamente ridotte, i giornali non sono del tutto scomparsi e poi esistono pure in rete, nel formato online». Risponderò: «Sì, ma è roba transgenica, tenuta insieme con lo sputo e finanziamenti pubblici impropri, dopata, alterata, edulcorata, roba da chiamare i Nas.»
La produzione editoriale classica non offre più alcun contributo alla crescita culturale del Paese: è un prodotto scadente, un omogeneizzato andato a male e noi poppanti, piuttosto che buttare in corpo tale sbobba, restiamo digiuni o le notizie le diffondiamo e le commentiamo da soli, con tanti sbagli, tanti idee sbagliate, una miscellanea di memi che certamente non edifica, ma che non brucia i neuroni con le fiamme della voce del padrone.

In buona sostanza: oggi l'editoriale me lo sono scritto da me, breve, senza essere un lenzuolo di citazioni colte o elucubrazioni a culo.  

martedì 29 marzo 2022

Che cos'è la servitù

Per quanto non serva a nulla scrivere, scrivere deve servire a nulla. Soprattutto questo che non serve, non è servitore, non ha un padrone, nel senso che non è uno scrivere al servizio di Chicche e Sia. Beninteso, non perché non possa diventarlo: se, per esempio, il ministero della propaganda mi offrisse, a stretto giro di posta, degli emolumenti via paipalle, farei come quelli del Il Manifesto e scriverei credendo che scrivere serva a qualcosa, al governo per l'appunto, e infatti. E ho detto apposta Il Manifesto, “quotidiano comunista” che, nel sito online, a metà scorrimento, in bella posa, riporta i dati di oggi rilasciati dal governo. I dati di che? S'intuisce ma non si dice: sparito il soggetto, restano le cifre, i + e la %

È o non è servitù questa? Non ditemi che è servizio pubblico perché vi strappo dodicimilaottocentoventidue peli pubici.

Scrivere non serve a niente, non serve niente, se non a dare dati, con le dita, plurale di dito: il mignolo per le orecchie, il pollice per la bocca e il medio non lo so.

mercoledì 22 dicembre 2021

Pronomi personali

 Si sono alzati in piedi e hanno applaudito. Chi? Loro? Sì, loro: il pronome dei prostituti.

mercoledì 4 agosto 2021

Giornali diversi

 « Il signor Keuner incontrò il signor Wirr, l'alfiere della lotta contro i giornali. Io sono un grande avversario dei giornali, disse il signor Wirr, non voglio giornali. Il signor Keuner disse: Io sono un avversario ancora più grande dei giornali: io voglio giornali diversi ».

Bertolt Brecht, Storie del signor Keuner, Einaudi

venerdì 12 marzo 2021

I sonnambuli

Uh che bello! Quante critiche alla Repubblica degli Agnelli che oggi sparava in prima pagina "Astrazeneca, paura in Europa"! O anime pie, siete gli stessi censori che non dicevate un cazzo di niente allorquando, al posto di Astrazeneca, c'era la parola Virus? Sì? Bravi. Per caso, a vostra difesa, adducete che "Un anno fa i giornalisti hanno lanciato un giusto allarme contro la pandemia", mentre adesso, invece, vi scandalizzate dicendo "Guardate che cosa scrivono gli infami per vendere una copia in più"? Bravissimi. Siete dei risvegliati e, forse anche per questo, dal sonno della mia ragione, sogno spesso di mandarvi affanculo.

domenica 7 marzo 2021

Uomini del Novecento


Quando l'editoria sconfina nell'agiografia, gli stimoli del nostro secondo cervello velocizzano il transito e ci portano, di conseguenza, a svuotarne il tratto finale. È in tali frangenti che si rimpiangono i tempi in cui copie cartacee dei giornali riempivano le nostre stanze, bagni compresi, dentro i quali, pur sfidando con sprezzo del pericolo la scarsa qualità della carta e la tossicità dell'inchiostro, con certe pagine, ci si puliva sovente il buco del culo.

domenica 29 novembre 2020

Vi piglierei a follate

«Il Piemonte passa dalla zona rossa a quella arancione e le strade di Torino si affollano, con veri e propri assembramenti. È bastato che i negozi rialzassero le serrande per vedere le vie del centro cittadino piene di gente e lunghe code sui marciapiedi, senza rispetto del distanziamento.»

Un esempio di come leggere un semplice dispaccio d'agenzia sia paragonabile a pestare una merda.
L'autore del trafiletto, dalla redazione romana dell'Ansa, scrive quello che qualcuno gli ha detto riguardo a Torino.
1. L'uso della foto: un negozio, tre persone, forse una commessa e due clienti, tutte e tre con la mascherina. Quali regole violano? Nessuna.
2. Scrivere in grassetto una frase che non vuol dire niente, come se l'affollamento di per sé costituisse un reato o una calamità biblica tipo le cavallette. Puntualizzare inoltre che si sono verificati «veri e propri assembramenti». Li hai visti o te li hanno raccontati? E chi te li ha raccontati ha chiamato le forze dell'ordine per disperderli oppure è stato lì a guardarli soltanto per poterti dire che c'erano assembramenti? Siete delle merde? Sì.
3. Idem per le vie del centro cittadino piene di gente (e allora?), lunghe code sui marciapiedi (e dunque?), senza rispetto per il distanziamento (che non hai denunciato soltanto per poterlo scrivere nel tuo articoletto e ricevere un clic). Puzzate? Molto

E poi, dopo aver sparso una massiccia dose di panico, con una faccia che se fosse a culo sarebbe simpatica, lasciare spazio alla testimonianza di alcuni commercianti per i quali il ritorno della gente per strada e nei negozi è stato «puro ossigeno» (respirato con la mascherina). 

Si sono dimenticati che, ieri l'altro, nel riportare la notizia dell'andamento annuale del Black Friday, hanno intitolato: «Black Friday 2020: trionfo delle vendite online». Siete delle testadicazzo? Sì.



mercoledì 21 ottobre 2020

Domani l'altro


 
Stamani mi ha chiamato una cordata di imprenditori (mi sono allontanato da un vicino albero per rispondere) per assegnarmi l'incarico di direttore responsabile di un nuovo quotidiano.
- Senta, sarebbe disposto a guidare il nostro progetto editoriale?
- Perché proprio io?
- Perché cerchiamo un blogger che non stia impalato sul presente ma che guardi al futuro.
- Ah.
- Eh.
- E come si chiamerà questo nuovo quotidiano?
- Domani l'altro.
- Ma credete veramente che ci sia spazio, o meglio: che ci sia bisogno di un nuovo giornale?
- Sì, come c'è spazio per un nuovo romanzo di Nicola La Gioia.
- In buona sostanza, che cosa dovrei fare?
- Il Direttore
- E il Direttore che fa? 
- Scrive e impone una linea editoriale.
- Mi fate un esempio, per favore?
- Sì. Cosa ne pensa della situazione attuale?
- Hanno rotto il cazzo.
- Ecco fatto: lo usi come titolo della prima edizione.
- Davvero? E quando andrà in edicola?
- Domani l'altro.

domenica 2 agosto 2020

La sinistra multista




Tanti di coloro che sostennero a spada tratta le ragioni governative del confinamento degli italiani, proseguono, indefessi, nella loro richiesta di ordine e disciplina, soprattutto tra le file di quelli del Bar Casablanca, intellettuali di sinistra progressisti e - si pensava, a torto - libertari. 
Ma libertari non lo sono più perché, come gli insegna Mattarella, «non bisogna confondere la libertà con il diritto di far ammalare gli altri», e quindi s'incazzano se qualcuno entra nei negozi o alle poste senza mascherina perché gli alita addosso. 
Io rimango assai perplesso, forse perché non abito in una città, tantomeno in una grande città, sicché raramente entrando in un negozio o alle poste, trovo la "ressa", quindi è assai difficile che qualcuno mi aliti addosso. Per la verità, neanche nei grandi supermercati cittadini ho mai visto la gente alitarsi di proposito addosso, né prima né dopo la pandemia. Gli unici che vedo non portare la mascherina per manifesto dissenso politico contro il governo (sovente lettori del Giornale, di Libero o della Verità), non li ho mai visti alitare in faccia alle persone che la mascherina la indossano, spesso lasciando il naso scoperto.  Di norma, alitarsi addosso prevede un certo grado di intimità che difficilmente si raggiunge tra sconosciuti, ancor più difficilmente se almeno uno dei due respiratori indossa la mascherina e rispetta un minimo di distanza sociale.
Comunque, per precauzione, se uno vuole rispettare le regole e avere un margine maggiore di sicurezza respiratoria, metta la mascherina comme il faut, là dove serve, rispetti le altre norme igieniche e poi, a posto, non stia a invocare contravvenzioni a mezzo social. Soprattutto: se uno invoca siano messe le regole davanti all'inciviltà, dovrebbe almeno avere la decenza di essere un po' civile per non diffondere più lo stesso tipo di panico che copiosamente ha sparso la scorsa primavera.

«Oggi in Italia 5 morti di COVID-19, con 43 malati in terapia intensiva (1.1% del picco) ed i ricoveri ospedalieri totali a quota 705 (MINIMO STORICO da mesi, mentre al picco erano oltre 29.000). I nuovi casi sono 295, quindi un po’ meno dei giorni scorsi, ed i casi totali attivi sono al momento 12.457 (al picco erano oltre 108.000). Situazione quindi sotto controllo [...]

Una doverosa riflessione: come sappiamo, in Italia ogni giorno muoiono circa 2.000 persone. Il che vuol dire che ieri ne sono morte 5 di COVID-19 e 1.995 di altre cause. Cerchiamo di ricordarci anche di loro» (Guido Silvestri).

sabato 11 luglio 2020

A buco pillonzi



Boh, a me paiono tutti piegati a buco pillonzi: o no?


N.B.
Con ciò, non si desidera essere irriverenti coi fedeli musulmani: si denigra qui la mania di quelli de Il Post di spiegare le cose, non il loro spiegarle bene (di norma, sono bravi in questo), ma il loro specificare nel titolo che lo spiegano nell'articolo. E che altro dovrebbero fare? E, sia chiaro, anche l'aver tolto il "bene" (ricordate lo «spiegata bene»?) non attenua il fatto che sia assai pleonastico annunciare che loro spiegheranno le cose se tu, o lettore, avrai voglia, tempo e la giornata adatta di fartele spiegare.

Nel caso, io avrei le tende a vela del gazebo che non mi riesce spiegare bene. Se me le spiegate, vi darò 22 centesimi di mancia.

domenica 26 gennaio 2020

Kazinform

«Un nuovo accordo di partnership internazionale va ad incrementare il portafoglio di collaborazioni strategiche dell'Agenzia ANSA: Kazinform, l'Agenzia di informazione ufficiale del Kazakistan, e ANSA hanno firmato un accordo di collaborazione che prevede la disponibilità e lo scambio dei rispettivi contenuti informativi in lingua inglese. Si arricchisce quindi per i clienti delle due Agenzie l'offerta di servizi di informazione internazionale: l'accordo prevede infatti l'integrazione reciproca dei notiziari in lingua inglese e la creazione di spazi dedicati alle notizie dal Kazakistan - sul sito ANSA.it e dall'Italia». Ansia.

Non potevo esimermi dal riportare questa edificante notizia riguardante l'accordo tra le due agenzie: per un uomo di mezz'età, il mantenimento della forma è tutto, a partire dagli organi preposti all'informazione e non. Ora poi che saranno aperti ampi spazi dedicati alle notizie dal Kazakistan bisogna farci trovare preparati, all'erta, per commentarle senza pregiudizio veruno. 

mercoledì 15 gennaio 2020

Il tribunale della sprezzatura

Non per fare le pulci a Leonardo - il quale ha scritto un ottimo post, godibilissimo e cattivo al punto giusto contro una determinata categoria intellettuale che va sotto il nome di editorialista rincoglionito - ma secondo me, in questo passaggio, si ravvisa una contraddizione,
«perché in Italia i giornalisti invecchiano così male, e non smettono di scrivere mai? Al punto che i quotidiani nazionali sembrano diventati il bollettino di un gerontocomio: non li compriamo più per sapere che succede tra USA e Iran, anzi non li compriamo proprio; ma se lo facessimo sarebbe piuttosto per informarci sulla salute del tale giornalista, se è ancora spaventato per l'odore dei nigeriani che ha percepito da una panchina del parco, o se invece quell'altra prestigiosa firma ha ancora visto il Papa durante la pennichella. »
giacché - almeno per parte mia, beninteso - il non comprare più i giornali è principalmente dovuto al fatto che gli editoriali non sono più leggibili perché non v'è editorialista vivente (o morente), da un ventennio a questa parte perlomeno o giù di lì, che abbia qualcosa d'interessante da dire. Niente: non c'è nessuno, nessuno!, che svolga una seppur minima e parziale critica sensata dello stato di cose presente. Tutte cazzate, tutte. Tutte ripicchine e risentimenti, vaghi ricordi di come si stava meglio quando si stava peggio, o contorte elucubrazioni del senno di poi. 

Già Olympe de Gouges ha avuto, in varie occasioni, la maniera di dire come funzionano giornali e redazioni e che ruolo svolgono nella società, per cui non mi dilungo.

Inoltre - e mi perdoni l'interessato se gli faccio un processo a delle intenzioni non dichiarate - mettiamo che Leonardo, oltre a essere un editorialista de Il Post (a proposito: quanti gettoni a trafiletto?), fosse stato ingaggiato da una testata (non di cazzo) nazionale, e che la sua firma presentasse un editoriale con cadenza settimanale: sarebbe in grado egli di giurare, qui e ora, che una volta raggiunta l'età pensionabile non scriverebbe più?

Solo avere un blog senza pubblicità, adesso e alla buonora, potrà essere perdonato dal tribunale della sprezzatura.

_______________

N.B.
Mille euro al mese e un piccolo spazio pubblicità da queste parti lo trovo anch'io, giacché:
Ed io che ho sempre detto che era un gioco
Sapere usare o no ad un certo metro
Compagni, il gioco si fa peso e tetro
Comprate il mio didietro, io lo vendo per poco

domenica 29 dicembre 2019

ll borseggio dei contenuti

Su Twitter ho letto di alcuni (giornalisti?) che si lamentano contro la ministra Bellanova perché ha riportato sul sito di Italia morta l'intervista che ella ha concesso a la Repubblica e che figura, in tale quotidiano online, come contenuto a pagamento.

Scrive un twittatorolo: 
«Teresa Bellanova è il ministro più scorretto ed irrispettoso della storia della Repubblica: ennesimo articolo riservato agli abbonati pubblicato, con metodi da borseggio, sul sito di Italia Viva». 
Cazzarola, se proprio denunciarla in quanto senatrice e ministro non si può, allora la magistratura dia mandato alla polizia postale di mettere i sigilli al sito del partito.
Ma siamo proprio sicuri che abbia borseggiato un articolo? E che questo eventuale borseggio la qualifichi come ministro irrispettoso e scorretto?

Chiudendo l'occhio sinistro e la narice destra, sono andato a vedere la malefatta sul sito morto di Italia Viva e, nella sezione notizie (non linko niente, se volete, cercate - sennò fidatevi), tra le ultime pubblicate, v'è appunto l'intervista che la ministra ha concesso alla giornalista Giovanna Casadio e pubblicata (credo) sul giornale in edicola e sul sito Repubblica it come contenuto a pagamento.

In tale intervista, dopo una premessa con domanda retorica che la ministra da sola si fa: «Come giudico il bilancio di fine anno del premier Conte?» per rispondersi come le torna comodo, si contano sei domande (ficcanti come i pugni di uno sparring partner) e relative risposte. Ora, le sei domande (in grassetto) contano circa 18 righe, le risposte invece ne contano circa 40. Ebbene, se di borseggio si tratta, la Bellanova, alla giornalista Casadio e quindi a Repubblica, dovrebbe restituire soltanto i manici (e i punti interrogativi).

Quale danno economico tale borseggio avrà provocato? Ovverosia, chissà quanti internauti avranno letto a sbafo l'intervista, sebbene fossero stati lì, con la carta di credito o via paypal, pronti a sborsare quattrini come davanti a una bbw di Chaturbate? Infatti, come perdersi lo spettacolo della Bellanova che per due volte due (!) dice: «Facciamoci una domanda e diamoci una risposta»? Per gli amanti del genere, sono momenti di pura eccitazione, che portano gli utenti a godere come davanti a uno squirt.

E che diamine, quindi, signori e signore delle redazioni, considerato che vi battete indefessamente in difesa della libertà d'informazione per noi lettori e per tutti coloro che hanno a cuore i principi della democrazia e della convivenza civile: lasciateci un un po' divertire a sbafo coi vostri contenuti altrimenti a pagamento.

venerdì 20 settembre 2019

In questo mondo di ladri

Indubbiamente, è una vergogna che Sozzani (bel cognome) sia stato salvato dai propri onorevoli colleghi. Tuttavia, fossi un giornalista forcaiolo, sarei stato un po' più cauto e non avrei usato una simile pietra di paragone tra povero ladruncolo di bottiglie e il politico che pare abbia ricevuto un finanziamento illecito di 12 mila euro; o perlomeno: avrei specificato che tipo di bottiglie, perché un conto è se il ladro ha sgraffignato due bottiglie di spuma al cedro, e un altro è se ha rubato due bottiglie di Romanée-Conti.

In fondo, per i taccheggiatori, la galera non pare sia prevista.
[via]

«È successo martedì 17 settembre: sul posto sono intervenuti i carabinieri di Calenzano, allertati dalla vigilanza privata del supermarket. L’uomo è stato denunciato per furto: tuttavia, vista la particolare tipologia di merce oggetto dell’interesse dell’uomo, il pm di turno della procura di Firenze ha ritenuto di non chiedere per lui gli arresti.»

sabato 7 settembre 2019

Dare il concio alle colonne

Nelle concitate (citate con?) giornate della formazione del novissimo governo giallorosso, ciò che più mi ha colpito è stato quando, al termine dell'incontro con il presidente del consiglio incaricato, il Presidente della Repubblica è uscito dai suoi uffici, sollevato e sorridente, non per fare una dichiarazione ma per un piccolo saluto ai giornalisti stipati nella sala stampa del Quirinale, dicendo loro:
«Sono entrato in questa Sala stampa soltanto per salutarvi e ringraziarvi del vostro lavoro e dell’impegno con cui avete informato i nostri concittadini, sperando che il Quirinale vi abbia messo in condizione di poterlo fare senza troppi disagi. Vorrei aggiungere che per me è stato di grande interesse leggere ogni mattina, sui giornali stampati oppure on-line, o ascoltare la sera in tv, le cronache e le interpretazioni dei fatti da diversi punti di vista. Questo confronto tra prospettive differenti, opinioni diverse e diverse valutazioni, è prezioso per me, come per chiunque. E, ancora una volta, sottolinea l’importanza e il valore della libera stampa.»
Riflettiamo: quanto è davvero prezioso il confronto tra diversi punti di vista, tra prospettive differenti e opinioni diverse e diverse valutazioni? Soprattutto: il grande interesse di cui parla Mattarella è dovuto al fatto che la sua opinione sulle vicende politiche (da cui scaturiscono le sue "limitate" deliberazioni) si forma veramente, in grande misura, dalla lettura e dall'ascolto quotidiani delle cronache e delle interpretazioni dei fatti politici? Se così fosse, di questo miscuglio informativo, quanto peso ha La Verità? Quanto Il Manifesto, Il Foglio, Il fatto quotidiano, Il Post, Linkiesta, Giornalettismo, Il Corriere, il Tg1, 2, 3, 4, 5, 7, la Repubblica, La Stampa, Il Messaggero, Il Mattino, il QN, Libero (!), Il Sole 24 Ore, Il Giornale, Il Piccolo, Il [mal]Tempo, Avvenire e ora basta, mi fermo qui?
E in particolare: quali editorialisti saranno risultati i più letti dal Presidente? 

Lo dico senza vergogna (ma forse con il rimpianto di avere avuto meno stimoli bloggheristici a supporto): non ho comprato alcun cazzo di quotidiano durante i giorni della crisi. Ho letto giusto i titoli dei giornali online, non ho ascoltato mezzo minuto di intervistato in tv, sia esso in onda o in cielo. Confesso qualche temporeggiamento sulla timeline di twitter e facebook ma senza eccedere, eppure e in pratica, da umile chiunque, e fatto salvo che non nego il valore della libera stampa, io non ritengo affatto prezioso il vaneggiare politico insulso prodottosi durante l'agosto più uggioso del secolo in corso, regata della Greta a parte; prezioso no, piuttosto vacuo, inutile e vaporoso, come una scorreggia a salve.

Se un domani poi saranno desecretate le motivazioni che hanno indotto la crisi di governo in favore della formazione del nuovo, allora potremo - legittimamente - aspettarci di trovare qualche pepita. Al momento papeete: una palata di concio per le colonne dello Stato.

venerdì 19 aprile 2019

Grettezza libera

Sta suscitando molta indignazione sui social la prima pagina di un quotidiano di merda nazionale e io non replicherò l'immagine ma ne parlerò solo per dire, di passata, di dare un'occhiata in alto a destra e a sinistra, e anche in basso, ai nomi degli sponsor che pagano tale giornale per promuovere i propri prodotti: riteniamoli complici e ricordiamocene quando andiamo a fare la spesa.

domenica 25 novembre 2018

Liberateci da la Repubblica

Non so, potrei sbagliare e sicuramente sbaglierò, ciò nondimeno penso che indire una manifestazione a difesa della libertà di stampa in Italia sia - oltre che un mero divertimento per ammazzare il tempo in una piovosa domenica di novembre - una strategia pubblicitaria indiretta volta a ripresentare la Repubblica come il giornale d'opposizione, un giornale partito (in assenza di un partito d'opposizione), per così richiamare a sé una sufficiente quota parte del sempre più risicato numero di persone disposte a comprare quotidianamente un giornale.

Con Berlusconi funzionò, ma erano altri tempi, la televisione - rispetto a internet - era un nemico che, seppure sovrastante e invincibile (e infatti Berlusconi vinceva), consentiva di combattere con onore e gloria irradiando queste virtù anche nell'umile lettore che, una volta letto per esempio un editoriale di Franco Cordero, si sentiva pronto a sputare in un occhio a chiunque gli avesse detto che Berlusconi era il nuovo.

Oggi, invece, al netto di alcune pregevoli inchieste (mafia capitale, il neofascismo) e alla doverosa critica nei confronti del penoso governo in carica, per la Repubblica è difficile, se non impossibile, ricreare quel pathos da resistenza civile da cui far conseguire un aumento della tiratura, perché ai tempi di internet l'informazione non è una bandiera, bensì una «banderuola affumicata [che] gira senza piet໹.

In buona sostanza: l'opinione pubblica dipende sempre meno dalla carta stampata e ciò significa che il cittadino è sempre meno informato, modellato da essa, ma da qualcos'altro, da un flusso di notizie che non è facile, per lui, saper selezionare, discernere, valutare e controllare per non esserne, a sua volta, controllato.

__________
¹ E. Montale, La casa dei doganieri.

P.S.
Forse non tutti sanno che. Quante decine di scrittori scrivono commenti in pianta stabile per la Repubblica? Fossi figlio di un poliziotto e dirigessi tal giornale, io accoglierei pure un appuntato, un metalmeccanico, un elettricista, un idraulico, un commesso, un bidello, un professore, un medico, un ferroviere, un...

sabato 16 giugno 2018

Un corno, dice mia nonna


«Questo è il punto in cui sbagliamo.
Noi presumiamo che sia nell’uomo soltanto quello che è sofferto, e che in noi è scontato. Aver fame. Questo diciamo che è nell’uomo. Aver freddo. E uscire dalla fame, lasciare indietro il freddo, respirare l’aria della terra, e averla, avere la terra, gli alberi, i fiumi, il grano, le città, vincere il lupo e guardare in faccia il mondo. Questo diciamo che è nell’uomo.

Avere Iddio disperato dentro, in noi uno spettro, e un vestito appeso dietro la porta. Anche avere dentro Iddio felice. Essere uomo e donna. Essere madre e figli. Tutto questo lo sappiamo, e possiamo dire che è in noi. Ogni cosa che è piangere la sappiamo: diciamo che è in noi. Lo stesso ogni cosa che è ridere: diciamo che è in noi. E ogni cosa che è il furore, dopo il capo chino e il piangere. Diciamo che è il gigante in noi.
Ma l’uomo può anche fare senza che vi sia nulla in lui, né patito, né scontato, né fame, né freddo, e noi diciamo che non è l’uomo.
Noi lo vediamo. È lo stesso del lupo. Egli attacca e offende. E noi diciamo: questo non è l’uomo. Egli fa con freddezza come fa il lupo. Ma toglie questo che sia l’uomo?
Noi non pensiamo che agli offesi. O uomini! O uomo!
Appena vi sia l’offesa, subito noi siamo con chi è offeso, e diciamo che è l’uomo. Sangue? Ecco l’uomo. Lagrime? Ecco l’uomo.
E chi ha offeso che cos’è?
Mai pensiamo che anche lui sia l’uomo. Che cosa può essere d’altro? Davvero il lupo?
Diciamo oggi: il fascismo. Anzi: il nazifascismo. Ma che cosa significa che sia il fascismo? Vorrei vederlo fuori dell’uomo, il fascismo. Che cosa sarebbe? Che cosa farebbe? Potrebbe fare quello che fa se non fosse nell’uomo di poterlo fare? Potrebbe fare quello che fa se non fosse nell’uomo di poterlo fare? Vorrei vedere Hitler e i tedeschi suoi se quello che fanno non fosse nell’uomo di poterlo fare. Vorrei vederli a cercar di farlo. Togliere loro l’umana possibilità di farlo e poi dire loro: Avanti, fate. Che cosa farebbero?
Un corno, dice mia nonna.»
Elio Vittorini, Uomini e no, (cap. CVII), Milano, 1945

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Dunque sì, Damilano s'è lasciato prendere la mano. Troppa fretta. Non s'invoca una ribellione morale se non si hanno chiari i termini della lotta. Non è una questione di buoni contro cattivi, di uominisì contro uomininò.

Sarebbe stato molto più semplice (meno pretenzioso) titolare Uomini e boh. O bau. O miao. Mio, Mao, lallalallalà.

giovedì 24 maggio 2018

Agli editorialisti travolti da un insolito destino

Per quanto possibile, cerco di mantenere con la cronaca un rapporto distaccato, molto spesso evitandola, perché sostanzialmente non sono curioso, non sono un narratore in cerca di storie da rubare, rifare, ripsicologizzare per farne carne da pagina. La cronaca, insomma, non mi ossessiona, fors'anche temendone gli effetti mimetici, di contagio, sia mai che anch'io da “uomo tranquillo” diventi nervoso e violento, fuoriditesta e vigliacco, tocchiamoci le palle - e avanti.

Soprattutto: per quanto sta in me, ossia: per quanto raziocinio e culo avrò, spero che non abbia mai a essere definito da qualche editorialista sensibile e magnanima un «soldato travolto e caduto».

A ritocchiamoci le palle.

Ciò premesso, relativamente al fatto di cronaca che ha visto un uomo di 49 anni uccidere prima la moglie (spinta dal balcone), poi la figlia («precipitata» da lui medesimo giù da un cavalcavia) e, infine, sé medesimo lanciandosi dallo stesso viadotto dal quale aveva lanciato la figlia, dico semplicemente che, se fossi stato il mediatore non l'avrei fatta tanto lunga e avrei cercato di convincerlo a buttarsi giù prima (e meno male per Marina Corradi che non lo sono stato, sennò gli toglievo un eroe faccia al quale masturbarsi).