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sabato 5 ottobre 2019

Mister running

Mi trovo alle prese, ma senza corrente mi attacco al cazzo. Qualcuno, che passa velocemente accanto, mi chiede se sono pazzo. Un altro, invece meno veloce, domanda se ho da accendere. Un altro ancora fa finta di niente, finalmente. 
Riprendo il cammino, anzi corro finché, paonazzo, mi fermo a una panchina. Mi lego una scarpa, anzi due; fo il verso a una gazza che a razzo scappa impaurita neanche potessi rubarle il mestiere del volo. Mi sento me stesso, finalmente corretto, in postura. L'aria fresca d'ottobre conviene alla camminata, alla corsa nei parchi, coi pollini stanchi, come i miei spermatozoi in vista dell'inverno.
Dal fondo delle campagne, un signore somigliante a Mario Luzi nei suoi ultimi giorni desideranti, mi dice che il tempo che scorre è più vero di quello che fintamente si ferma a cogliere attimi. Una palla mi fuoriesce dalle mutande, forse è il caso di comprare abbigliamento tecnico per il running? Meno male ho PayPal (leggasi: peipalle) che sostiene la mia propensione al consumo. 
E così, mentre il padrone del suddetto sogna viaggi su Marte in autovettura, io mi faccio le seghe mentali e riprendo il cammino come Roberto Walser ne La passeggiata. 
Oh, se potessimo tutti essere felici d'essere come lo scrittore svizzero in quel momento di camminante!
Finalmente mi viene «incontro una donna dall'aspetto di spagnola, di peruviana o di creola che ostenta non so quale pallida e appassita maestà», comunque sufficiente per far rientrare la fuoriuscita, gonfiare il petto a galletto mugellese, nell'attesa gioiosa di aver corrisposto mezzo sorriso al mio intero già inviato. Ma niente. Comunque: meglio un sorriso caduto nel vuoto, che un 'fanculo spedito via aerea. 
E così ci siamo, questa è la pista, la strada che viaggia lungo la corsa dell'Arno, osservando tratti di fiume mai visti, dove il verde smeraldo del muschio attaccato ai ciottoli sommersi nell'acqua ridipinge il colore degli occhi di tutti i passanti. E il sole cala - e fa bene, negli attimi in cui conta ancora qualcosa vivere nell'emisfero boreale.

lunedì 28 marzo 2016

Il martedì della bestia

«Dopo il Lunedì dell'Angelo aspetto il martedì della Bestia», ho detto a una infermiera cogli occhi grigio azzurri come l'acqua riflessa nel cielo variabile. 
Lei ha sorriso, compiaciuta che quegli occhi bastassero a determinare un'insolita, ma prevedibilissima, impennata ormonale trattenuta dalle circostanze e dall'educazione, nonché dai limiti imposti dal tempo, dal luogo, dallo spazio, e pure dal caso, sai mai di prendere due ceffoni, proprio no, mica voglia, vero.
Così, bastante dello sguardo e del sorriso, ho spremuto gli ultimi raggi di sole improvviso sbucati controvoglia nel freddo della giornata di festa, fino a lì grigia e piovosa. Camminare, pensare al futuro, alle lacrime della Fornero, alle fellatio perdute nel vento. S'invecchia. E i posti saranno sempre meno per diventare vecchi a modo. A volte mi capita d'invidiare i vecchi di ora, quasi cullati nelle tribolazioni e negli smerdamenti. Poi penso pure a Monicelli e a quella improvvisa, forse provvida, non certo ragionata, via di fuga, e temo tanto che la vita si ridotta a quello, al sunto, al brodo terminale.
Agnello, Angelo e Bestia. Il corpo è il tramite di un assillo esistenziale. Che cosa essere per non essere perduti? Il passo dopo passo a cosa porta? A cosa vuoi che porti, perché fai queste domande idiote. Camminare e basta. Mettiti, per quanto sta in te, nella stessa disposizione d'animo, «avventurosa e romantica» descritta da Robert Walser nell'incipit La passeggiata.

«Un mattino, preso dal desiderio di fare...»

Anche fare un cazzo, soprattutto quello, ça va sans dire. 

venerdì 13 dicembre 2013

Che tu sia ciò che sei e quale sei

Di solito, quando arrivo a fine settimana stanco, contrariato e un po' scornato, con la voglia di fare e di pensare sotto i tacchi, gli angoli delle labbra in giù come mutande appese ad asciugare, oltre al silenzio e al caldo di qualche fonte di calore - sole, nelle stagioni in cui riscalda, altrimenti il fuoco della stufa - mi aggrappo a poche pagine della Vita di poeta (vedi sopra) o de La passeggiata di Robert Walser (pubblicati entrambi da Adelphi) e subito mi sento rinfrancato e risollevato, e un po' di gioia di vivere - intesa come contentezza dell'essere qui e ora - ritorna in circolo, a sufficienza.

«Tu, tu riesci benissimo a vivere senza che nessuno si ricordi nemmeno lontanamente della tua esistenza».
«Tu sei felice; giacché la modestia è gioia a se stessa e la fedeltà se ne sta in sé contenta».

In queste frasi, che un Papa Francesco potrebbe prendere a prestito per utilizzarle come lodi del buon cristiano, c'è, da parte di Walser, una sublime presa per il culo della falsa rassegnazione che, per non sfociare nel risentimento, prende la via stoica dell'accettazione del destinaccio infame che gli è toccato in sorte.

«Che tu sia ciò che sei e quale sei» altrimenti sei già sulla cattiva strada dell'imprevedibilità, potresti fare «cattivi incontri» che ti distolgano dal dovere al quale sei stato «consacrato».

Per fortuna sei solo un bottone, valore d'uso.

domenica 17 ottobre 2010

La voce della noce


«La mattina dopo il pittore tolse dalla cartella i suoi paesaggi, e ne cadde fuori per primo tutto un autunno, poi un inverno, gli umori diversi della natura tornavano a vivere. “Come questo è poco, rispetto a tutto quello che ho visto! Tanto veloce è l'occhio di un pittore, tanto lenta e pigra è la sua mano. Quanto devo ancora lavorare! Spesso mi sembra di impazzire”».
Robert Walser, I fratelli Tanner, Adelphi, Milano 1977 (traduzione di Vittoria Rovelli Ruberl).







No, Lucas non impazzisce. Definisce nel suo lento camminare – le mani dietro col pollice come segnalibro in uno dei racconti della Flannery O'Connor – i contorni delle nubi che, invano, cercano di celare il sole dietro l'orizzonte.
Noci che cominciano a denudarsi dal fogliame; fogliame che ammorbidisce il passo; il passo che ora si sveltisce, aiutato da un improvviso spiro alcalino.
La presenza di una voce mai udita cammina insieme a lui per registrare il respiro dell'autunno. Uno scoiattolo scappa, poco distante, sale su un cipresso affaticato dalla polvere della strada. Rumori zero. Odori milioni.
«La vita che salvi può essere la tua». Lucas ride della sua scarsa intelligenza morale. L'Aquinate gli è sempre rimasto indigesto dato che non ha mai tentato di mandarlo giù con un nocino.

Tre sono le anime.

«Dico che le potenze dell'anima sono di cinque generi; tre le diverse anime e quattro i modi distinti di vivere. La ragione di tale diversità sta in questo che le diverse anime si distinguono a misura che la loro operazione trascende l'operare della natura corporea. La natura corporea, infatti, soggiace all'anima e a lei si paragona come la materia e lo strumento. C'è quindi, un'operazione dell'anima la quale trascende talmente la natura corporea da non aver bisogno neppure dell'organo corporale per esercitare la sua funzione, e tale è l'operare dell'anima razionale. C'è, peraltro, un'altra operazione q questa inferiore, la quale si esercita mediante l'organo corporeo, ma non attraverso una qualità corporea, quale sarebbe l'operare dell'anima sensibile; giacché, sebbene le qualità corporee siano richieste per l'operazione dei sensi, tuttavia, perché l'anima sensitiva proceda nel suo operare non ha bisogno di esse, le quali, invece, sono richieste unicamente in funzione dell'organo come debita disposizione di questo. L'infima, peraltro, delle operazioni dell'anima è quella che si esercita attraverso l'organo mediante l'energia della qualità corporea. Però, anche questa trascende l'operare della natura corporea, giacché le mozioni, o i movimenti, dei corpi sono impressi da un principio esterno, mentre queste ultime operazioni (essendo vitali) procedono da un principio intrinseco: ciò che è comune a tutte le operazioni dell'anima. Ogni animato, o vivente, muove in certo qual modo se stesso; e tale è l'operare dell'anima vegetativa. La digestione, invero, e tutto ciò che l'accompagna, avviene strumentalmente per l'azione del calore».
S. Tommaso d'Aquino, Summa teologica, I, q. 78, a. 1

Lucas pensa che sarebbe stato meglio rileggere Tommaso durante il solleone. Ma non importa. L'importante è la conferma che le anime sono tre. Ma se esse sono realmente tre, quante probabilità ci sono di ricongiungerle con un altro tris d'anime perso nel mondo indifferente? Da quale anima poi far partire la conoscenza per cercare di intrecciarle, le anime, di fonderle, per entrare in contatto, realmente, con un'altra vita?
La voce... Lucas si china e raccoglie una noce. La rompe, ne estrae il seme, lo mangia masticando lentamente; nel mentre, avvicina alle orecchie le due metà del guscio. Riecco la voce, la voce delle anime, una noce.

sabato 8 agosto 2009

Per una retorica antirondista

«La strada non era troppo ben tenuta, ma questa circostanza o contrattempo non m'impediva in alcun modo di elogiarla, ossia di stimare felice la strada e il viandante che vi camminava sopra di buonumore, cioè me stesso. Malauguratamente, però, non piacqui altrettanto a un occhiuto e vigile gendarme che incontrai in un villaggio e al quale per mia sfortuna, ovverosia come Dio volle, non feci la stessa ottima impressione che facevo a me. La sorprendente apparizione del giovane giramondo parve sbalordirlo e lo costrinse o indusse a fermarmi e a pregarmi di volerlo gentilmente seguire. Mi portò in un degno locale o sede di pubblico ufficio, dove venni presentato al suo superiore - uomo all'apparenza piuttosto burbero che benigno, ma che tuttavia mi sembrò piuttosto simpatico che pericoloso e assai più bonario che terribile - quale sospetto e presumibile perdigiorno.
Con voce cavernosa fui invitato a prendere cortesemente posto, dopodiché cominciò a interrogarmi sul perché me ne andassi a piedi per l'aperta campagna.
"A quanto pare, da loro non sono visto in buona luce" dissi; ed ebbe il coraggio di rispondermi: "Proprio per niente".
"Lei però molto probabilmente è in errore," ardii ribattere "se nel mio caso suppone di aver a che fare con un comune vagabondo. Mi permetterei di consigliarla di volermi esaminare un po' più attentamente. Forse allora perverrà alla sensazione, certamente gradevolissima per lei come per me, che io possa essere, altrettanto se non più facilmente, una persona onesta e retta piuttosto che uno scioperato e un mariuolo. Io sono convinto di non essere proprio per nulla quello che lei forse si sentirebbe in dovere di ritenermi. Avrei potuto benissimo, come chiunque altro, viaggiare in treno. Ma poiché sono un fervido amatore del girovagare per giorni e del camminare per miglia, ho preferito andare a piedi, cosa che però non dovrebbe essere considerata un peccato, e per conseguenza neppure generare senz'altro sospetti. Può forse la gioia del viaggiare a piedi, e quelll'amore per la natura che vi è così felicemente connesso, apparirle in qualche modo sospettabile? La prego di volersi gentilmente spiegare".
"È lei che sembra abbastanza sospettabile, caro signore" mi rispose senza riguardi; ma dopo una mezz'ora interamente spesa nella solerte compulsazione di ogni sorta di documenti e di carte e nella diligente assunzione di informazioni, venni congedato con queste parole: "Può andare".
Decisione altamente benvenuta, carina e gentile!»

Robert Walser, Vita di poeta, Adelphi, Milano 1985

Una cortesia ne attira sempre un'altra


Alfred Sisley, La Seine à Argenteuil, 1870

«Ripenso a quando, parecchi anni fa, partii - era d'estate - per la mia prima lunga gita, nella quale rammento di aver visto una quantità di cose straordinarie e belle. Il mio equipaggiamento consisteva in un modesto abito chiaro che avevo addosso, in in cappello blu scuro che avevo in testa e in un fagotto da viaggio che tenevo in mano. Cuciti nella tasca dle panciotto, in forma di un nitido assegno bancario, portavo con me i miei risparmi verso il vasto mondo fresco e luminoso. Da un gruppo di baldi giovanotti che incontrai per la strada, uno mi gridò dietro beffardo: "Dove va quel perticone col suo sacchetto?". Alludeva al mio misero, assurdo fagottello da viaggio, che allo stesso suo portatore e proprietario faceva un effetto un po' ridicolo. Ma io, senza curarmi di quelle beffe che non potevano avere grande importanza, proseguii allegro, e mi pareva, così camminando, che tutto il mondo rotondo avanzasse leggero con me. Ogni cosa sembrava viaggiare col viandante: prati, campi, boschi, colture, montagne, e perfino la stessa strada maestra. Mi sentivo l'animo divinamente libero e il cuore lieto. Continuavo ad andare avanti di buona lena, passavo tranquillo eppure spedito accanto a ogni sorta di gente che di tanto in tanto salutava con simpatia quel giovane e spensierato viaggiatore, quel goliardo vagabondo; e ciò mi obbligava a mostrarmi altrettanto gentile. Una cortesia non ne attira sempre un'altra?»

Robert Walser, Vita di poeta, Adelphi, Milano.

venerdì 13 marzo 2009

Un venditore principiante



«Una mattina, un giovane che sembrava quasi un ragazzo entrò in una libreria e chiese di essere presentato al padrone. Fecero come desiderava. Il libraio, un vecchio dall'aspetto venerando, fissò severamente il giovane un po' intimidito, in piedi davanti a lui, e lo invitò a parlare. «Voglio fare il libraio,» disse il giovane principiante «ne ho un grande desiderio e non so cosa potrebbe trattenermi dal mettere in atto il mio proposito. Da sempre ho concepito il commercio librario come qualcosa di affascinante, e non capisco perché io debba ancora struggermi lontano da questa bella e piacevole cosa. Vede, signore, mi pare di essere, così come le sto ora davanti, straordinariamente adatto a vendere i libri del suo negozio, a venderne tanti quanti lei può desiderare. Sono un venditore nato: garbato, svelto, cortese, sollecito, sbrigativo, deciso, calcolatore, attento, onesto, però non onesto fino alla stupidità come posso far sembrare. Sono capace di ridurre i prezzi quando mi trovo davanti un povero diavolo di studente, e di tirarli su per fare un favore ai ricconi, dei quali devo supporre che qualche volta non sappiano cosa farsene del loro denaro. Per quanto sia ancora giovane credo di avere una certa conoscenza degli uomini, e inoltre io amo gli uomini, per quanto disparati possano essere; così non metterò mai la conoscenza che ho di loro al servizio di un guadagno illecito, ma tanto meno mi verrà in mente di danneggiare il suo stimato negozio per un eccessivo riguardo verso certi poveri diavoli. In una parola: il mio amore per gli uomini si terrà in bell'equilibrio, sulla bilancia della vendita, con la ragione commerciale, che è altrettanto necessaria per la vita quanto un'anima piena di amore: manterrò la giusta misura, glielo assicuro fin d'ora».

Robert Walser, I fratelli Tanner, Adelphi, Milano 1977.