«Anche io ho un blog. Anche io scrivo ogni tanto quello che mi viene in mente. Però credo che siano cose interessanti solo per me. E quindi il mio blog è privato e non è accessibile. Ma il pudore, Lucas; il pudore dove è finito?»
Anonimo, Un commento.
Solo, tu con le parole:
e questa è veramente solitudine.
Gottfried Benn [epigrafe presa da un capitolo de Gli imperdonabili di Cristina Campo]
DESTINO DELLE SPIEGAZIONI
«Da qualche parte deve pur esserci un immondezzaio dove si sono accumulate le spiegazioni.
Una cosa soltanto inquieta in questo santificato panorama: ciò che potrà accadere il giorno in cui qualcuno arrivi a spiegare anche l'immondezzaio.»
Julio Cortázar, Un tal lucas.
Non amo dare spiegazioni su ciò che scrivo, a meno che quello che scrivo sia equivocato nella misura in cui mi si impone dare spiegazioni.
Premetto che, se ne tento una, non è perché mi senta offeso, o colpito, dalle succitate parole del commentatore anonimo. Anzi. Le prendo come un complimento, giacché riuscire a essere spudorato con il solo ausilio delle parole è uno degli obiettivi verso cui questo blog aspira. Casomai - e con questo mostro il fianco a una prossima, eventuale, frecciata - mi suonerebbe più fastidioso risultare patetico.
Nella circostanza del precedente post oggetto di critica (una poesia in prosa o una prosa poetica?), che più o meno ripete temi, circostanze, impressioni da me già trattati altre volte (la stessa minestra riscaldata; ma a me piace la ribollita), brevemente, dato che non vi sono arcani, dirò: pur pescando da una tasca limitata di vissuti che non gli appartengono, l'io scrivente e l'io personaggio non coincidono. L'uno è la creazione dell'altro, il Lucas non è identico al Luca, anche se condividono alcuni tratti, alcuni addebiti. Da quando il personaggio è nato (il blog è nato), vanno in giro a braccetto e si raccontano reciprocamente tramite letture, pensieri, versi.
Se non avessero in vista la pubblicazione, essi non sarebbero, perché non riuscirebbero a convivere nel chiuso tinello di un blog "riservato" a sé stesso e pochi altri. Entrambi sono consapevoli dei rischi (rischi?) a cui si espongono, ma se lo fanno è perché reputano la pratica bloggeristica come una forma espressiva alla quale non riescono a sottrarsi. In Nessuno mi ama, Paolo Conte, a un certo punto, canta: «Facciamo un po' di letteratura con la miseria della mia bravura». E dato che non ho altro talento - ah, magari ne avessi uno simile a Marino - che questo (ammesso e non concesso che ce l'abbia), ecco perché mi ostino a esercitarmi e buttare fuori ciò che non era dentro ma da qualche parte, nascosto, non visto, in attesa di essere scoperto e pubblicato.