Prima dell'alba, una mattina,
alzare gli occhi al cielo
alla vetrina delle stelle
che si affacciano scoperte
dalla coltre delle nubi mosse
dal vento.
Il Sagittario galoppa contento,
mi fa cenno di seguirlo e dice:
“Chiudi gli occhi e tieni
le braccia aperte
senti come il corpo s'intesse
della stessa sostanza che lo informa
senti la tua origine divina,
il tempo e lo spazio che si squadernano
indietro e avanti e viceversa,
perché la tua luce non è un punto
che si esaurisce in una vita.
Senti l'infinita compassione
e il sacrificio di chi volle
darti di sé il proprio sé perché
tu possa essere e a tua volta tu possa
donare di te quello che puoi e riesci.
Senti come tutto è unito
pur nella distanza che sembra infinita
e ciò che ci separa non è che l'ombra
delle costellazioni mie sorelle. Esci
da te, dimentica per un attimo il tuo confine
e tira dal mio arco la tua freccia
e colpisci il bersaglio del cuore
perché si allarghi e s'unisca al tutto.
Tutti tirati sono e tutti tirano e anche tu,
alla buonora, mettiti a tirare e a essere tirato.
Lasciati andare, ringrazia
di essere nato”.
Riapro gli occhi, il giorno si avvicina.
Dove siete stelle? Dove sei Sagittario?
Respira. Pensa. E cammina.
E poi scrivi nel diario:
In ogni lume degli occhi si trova la divina
sostanza della luce. E ogni luce per essere
ha bisogno della notte. E ogni bene
per darsi del male abbisogna.
E chi non scende dal sé salire non può
perché salire contempla la discesa.
Fa' un passo indietro a spingere chi
dietro a te rimane: ti troverai due passi avanti
nella stessa direzione della freccia
che hai scoccato.
Tieni larghe le braccia e la fronte aperta
sii grato e sorridente
perché la gioia è la prima medicina
un farmaco che non costa niente.
E dunque, avanti: respira, pensa.
E cammina.
Nessun commento:
Posta un commento