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giovedì 22 marzo 2012

Emma è una squinzia

E così, tra un mesetto, Giorgio Squinzi (patron della Mapei) s'insedierà al posto di Emma Marcegaglia come presidente di confindustria. Ha battuto “sul filo di lana” Alberto Bombassei (patron di Brembo), candidato sul quale puntava molto Marchionne per tornare a fare da padrone nel sindacato dei padroni.

Personalmente, avrei preferito un secondo mandato per l'Emma, donna belloccia, alla quale ho mandato diverse lettere d'amore che hanno avuto, si vede, poco esito. Chissà se ora butterà un occhio sulla corrispondenza di un blogger proletario in vena di salti di classe, così perché mi piacerebbe sviaggiare per l'Italia in elicottero per aiutarla nei suoi briefing e debriefing, ovvero senza fare un cazzo e stare palle all'aria da mane a sera.

Ma lasciamo la Emma nazionale al suo destino di abbronzata perenne (bacino sulla guancia sinistra, mentre le scenderà una lacrima il 19 aprile) e pensiamo allo Squinzi. 
Prima cosa: se fossi stato io il padrone della Mapei, prima di andare in giro con un cognome così, ne avrei comprato uno un po' più opportuno. Lo so, non siamo responsabili dei cognomi che portiamo, ma insomma, un nome e/o cognome d'arte quando ci vogliono ci vogliono; d'Annunzio non sarebbe stato il Vate se si fosse ostinato a chiamarsi Rapagnetta.
Seconda cosa (e ultima): da un punto di vista della “crescita” è indubbio che la produzione di cemento sia di miglior auspicio della produzione di sistemi frenanti, checché ne dica Marchionne; infatti, dopo la polvere bianca, quella grigia è la polvere più usata dalla criminalità organizzata, industria - quest'ultima - che non minaccia certo di trasferire all'estero la produzione.

mercoledì 22 febbraio 2012

I mal di pancia degli imprenditori

Prima di fare quello che faccio, ho avuto diversi impieghi nel settore pubblico e in quello privato. E posso dire, forte della mia debole esperienza di lavoratore, che esistono differenze tra i due ambiti. Eccome se esistono.
Per esempio: nel settore pubblico non hai un padrone sopra di te. Sì, hai un responsabile, un dirigente, ma è sempre qualcuno che, nei confronti della Amministrazione, è dipendente come te.
Questa è la differenza fondamentale. Ce ne sono altre, chiaro, ma non è importante ora qui rammentarle. Mi basta questa differenza per ricordare un episodio.
Ero giovane, sui diciotto diciannove, e andai una stagione a lavorare presso una cartotecnica. Un lavoro quasi a catena, una rottura di coglioni inenarrabile. Era il turno pomeridiano, dalle 13 alle 21, otto ore di fila, mica cazzi. Ogni tanto si andava in bagno, si fumava una sigaretta, un panino e poi giù a fare rulli di carta da pacchi, a impacchettare e inscatolare tali rulli e, infine, a mettere in ordine le scatole sui pancali. Io e un mio coetaneo eravamo in fondo a questa catena. Un giorno, mentre stavamo compiendo il nostro dovere, arriva il padrone, ci chiama da una parte e ci parla:
«Allora ragazzi, voi sapete che quando si va in bagno, dopo, alla fine, si tira lo sciacquone».
Io e il mio coetaneo ci guardammo basiti: cosa diamine voleva dire il padrone? Egli proseguì:
«Bene, volevo solo dirvi che lo scopino si usa nel momento in cui uno tira l'acqua e non a secco, sennò dopo ci rimane tutta la merda appiccicata e non va via bene. È già il secondo che cambio da quando siete a lavorare qui».
Ero giovane e mi prese a ridere, anche se era meglio se mi prendeva un dolor di corpo e mi fossi messo a farla lì, davanti a chi si permetteva discorsi simili...
Questo episodio m'è tornato in mente quando, ieri, ho sentito Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, dichiarare:
«Vorremmo avere un sindacato che non protegge assenteisti cronici, ladri e quelli che non fanno il loro lavoro».
E mi è venuta in mente perché, come lei, potrei tranquillamente generalizzare, fare di tutta l'erba un fascio e dire:
«Vorremmo avere imprenditori che non proteggono gli scopini del cesso, imprenditori meno ladri di vita e di plusvalore».