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domenica 22 gennaio 2017

La pazienza di Coblenza

«Meno di qualsiasi altra cosa i divertimenti abbisognano di giustificazioni».
Bertolt Brecht, Breviario di estetica teatrale, 1957

(C'erano un olandese, una tedesca, un austriaco, una francese e un italiano...)

I sovranisti di Coblenza si sono dichiarati pronti a diventar sovrani qualora il popolo, tramite le attesissime consultazioni elettorali, riversasse nelle urne tante croci (semiuncinate) sopra simboli che rappresentano i lor partiti.

Il sovranismo è un concetto assai in voga in questi questi scorci di secolo, restituisce un senso di conforto e di potenza, vale a dire dà l'impressione che si potrebbe potenzialmente comandare, dirigere, indirizzare, gestire la propria casina chiamata patria o nazione o macroregione in modo tale che essa prosperi bellamente e riccamente lontana dai negativi influssi del mondo intorno ch'è tutto brutto sporco e cattivo, certamente restando dentro la logica del capitale, del lavoro e del mercato, siamo mica bifolchi autarchici che sognano di riprodurre la vita ognun per sé e dio per tutti, oppure, al massimo, con il baratto tra vicini (ti do una pelle di daino in cambio di un arbre magique).

In buona sostanza: Mesdames et Messieurs sopra raffigurati sognano segretamente di ricevere, oltre che dal popolo - primo passo certamente, vedi Trump - approvazione dai grand commis del capitale che ritengano opportuno favorire l'ascesa di questi piccoli leader sui trampoli a livello continentale, per dare una svolticina semi autoritaria, in ricordo dei bei tempi andati di circa un secolo fa, quando i popoli rigavano dritti, l'Europa invadeva l'Africa anziché il contrario e, soprattutto, i treni arrivavano in orario.
Probabilmente costoro farebbero meno danni come capi del governo anziché come capistazione.