venerdì 9 settembre 2011

Ottativo

O Signor per cortesia
mandami l'eutanasia.

Su lavagna di scuola
ho letto una parola
vorrei, tema da fare a casa.
Troppi i vorrei nel vaso 
di Pandora che ho in mano.
Non sono il paesano
che su scalino siede
e pel domani chiede
sole da stelle a stelle
pei fieni, o che il vitello
beva e si faccia grasso...
Il vorrei di mia madre? Pfaff
miracolosa a strappi
in brache ereditate.
Sulla nera lavagna
c'è, che mi guarda, un ragno.
Di’ di’ cosa vorresti
nel dì della tua festa?

Vorrei per cortesia,
Signor, l'eutanasia.

Giovanni Orelli, Un eterno imperfetto, Garzanti, Milano 2006

Nel leggere questo prezioso libro trovo perle che attacco al quotidiano spoglio di letture.
Ho trovato questo articolo di Domenico Delle Foglie, su Avvenire.
Mi verrebbe da piangere, davvero, a leggere simili atrocità. 
Dico di me, del mio pensiero riflesso se e quando sarò vecchio o chissà come penzoloni alla morte. Non so cosa vorrò ma se lo vorrò non capisco perché qualcuno me lo vorrà impedire. Questo mi fa girare i coglioni a prescindere. Anche se volessi resistere e curarmi curarmi curarmi.
Non c'è niente da fare, non capiscono questo, non lo vogliono capire.
Ma perché io capisco loro - e lo dico senza alcuna presunzione - e loro non capiscono me?
Perché non capiscono un cazzo?
Perché hanno fede e perché io non ne ho? 
Il punto è che da come essi parlano del dolore io mi sento ferito, offeso, indignato, graffiato. E mi apro la camicia e vedo i graffi, perché queste parole sono come artigli, violente:
La perdita di valore del tratto finale della vita, soprattutto se povera indifesa malata, è legata proprio alla mancanza di ricerca di senso che accompagna l’individuo moderno sin dalla culla. Perché affannarsi a cercare, anche con fatica morale, intellettuale ed esperienziale, un significato dell’esistenza? Tanto vale viverla la vita e questo deve bastare per darle un senso. Tanto poi, alla fine, un’iniezione letale, magari con il tappeto sonoro di musiche New Age e pareti dipinte con colori riposanti, può chiudere "facilmente" un’esistenza. A prescindere dal come la si sia vissuta, dalle relazioni che sono state intessute, dalla qualità dei sentimenti, dai valori e dalle ideologie di riferimento, dalla qualità stessa della vita (tema di gran moda per tutti i moderni).
La mancanza di ricerca di senso che accompagna l'individuo moderno sin dalla culla.
La mancanza di ricerca di senso che accompagna l'individuo moderno sin dalla culla.
La mancanza di ricerca di senso che accompagna l'individuo moderno sin dalla culla.
Ripetere questa frase, sgranarla con un rosario in mano, e ringraziare - non so bene chi o che cosa -perché io non sono così, io non ho mai pronunciato una frase del genere, io che se mai la pronunciassi o scrivessi ditemelo, vi prego, e sputatemi addosso il vostro sangue, la vostra rabbia, la vostra indignazione.
La mancanza di ricerca... che presunzione di merda.
Ripetiamo. Secondo il Delle Foglie, l'individuo moderno, sin dalla culla (!), è accompagnato dalla mancanza di ricerca di senso. Vero?
Vediamo. Nel mio caso, minimo, comune a molti, credo: io, nella culla, cercavo la tetta (e la luna) di mia madre, questo è sicuro. Mi mancava il senso? Mi mancava un cazzo! E una.
Da adolescente avevo soprattutto un obiettivo, una ricerca di senso: la fica. Trovata, sperimentata mi ci sono affezionato e mi ha dato, mi dà, (me lo darà, credo e spero) senso, eccome. E due.
Adesso, cosa cerco, a parte qualche migliaio di euro per ripianare un po' le finanze? Sarebbe specioso specificarlo ma vi assicuro che qualcosa cerco, un senso minimo ce l'ho. E dunque?

E dunque, invece di fare le parole crociate, bisognerebbe che il Delle Foglie si dedicasse ad altro gioco della settimana enigmistica: il Bersaglio, per esempio, che se ben fatto porta il giocatore a raggiungere comunque l'obiettivo, a catturare il senso e a fare i cazzi suoi.

P.S.
Ottativo è il titolo della poesia di Orelli.

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