giovedì 10 settembre 2015

Pastorale paesana

Capita ogni tanto di aver bisogno di una quiete che solo le chiese deserte del primo pomeriggio sanno dare, quel silenzio cupo, quel chiaroscuro, quel crocifisso in fondo, dietro l'altare di pietra serena, più quell'altro, di legno, che fa parte di una tradizione antica di paese e che viene onorato, ovvero fatto uscire dalla teca, una volta all'anno, per respirare il fiato degli osannanti. 
Quel silenzio lì che solo nelle chiese si trova, tipo quello che sentono gli astronauti, un silenzio che produce un suono, un segnale senza alcuna variazione, che serve soltanto a far risaltare dentro le orecchie il battito del cuore.
Non pregare, perché pregare, non sono venuto in chiesa per pregare, per vedere forse, per sentire il silenzio, assorbirlo, chiudere gli occhi, subirlo. Ecco la quiete che speravo di trovare. C'è - la quiete - e non c'è nessun altro fruitore della stessa, ora. 
Ma nell'attimo preciso in cui sto per mettere in moto la macchina dei sogni controllati, quelli eterodiretti da una coscienza vigile, il silenzio viene fatto tacere da una serie di accordi, quelli che una giovane organista ha deciso di provare, per esercitarsi, probabilmente in vista della messa concelebrata dell'indomani per la festa del patrono.
Va bene, sto bene. Per quello che posso giudicare - poco - la musica recupera il silenzio, gli rende la parola, si fa da esso accompagnare, con discrezione, nel perdurare momentaneo delle note vibrate d'organo.
Rare occasioni in cui il cervello per pochi attimi si svuota e depura. Non ci sono più le lettere e quindi parole e frasi a infastidire il pensiero. Con la lingua mi conto i denti. Non sono quelli dell'organista.

4 commenti:

siu ha detto...

Ho avuto un'esperienza del tutto simile quando, dal nulla chiaroscurale di una chiesetta apparentemente sperduta, sbocciò all'improvviso e riempì fino al più recondito millimetro cubo la musica di un organista coi controfiocchi, tantissimi anni fa ma -guarda caso- in Toscana, però non chiedermi dove.
Mentre (da Torino) a Pecetto, luogo in cui sta l'organo del video che hai postato, ci andai per parlare con la figlia del docente con cui pensavo di fare la tesi, che mi doveva dare delle dritte avendo vissuto negli USA.
Il tutto, dal nord-est da cui ti leggo, fa una triangolazione che... immagino non interessi nessuno ;-))
Per la cronaca feci poi invece un'altra tesi, con un altro professore. Comunque mai più credo mi sia capitata un'esperienza estatica dell'intensità che mi regalò quell'organo, quella volta che il mondo sparì, o forse fu risucchiato tutto dentro quella chiesetta.

Olympe de Gouges ha detto...

penso sia l'unico pregevole lascito che ci lascia il cattolicesimo
ho bisogno di sedermi con una certa frequenza e, a parte i bar (che in genere detesto, da non confondere con i caffè), le chiese offrono una panca e appunto quel silenzio di cui dici e che ormai quasi solo lì trovi. bel post, don Luca.

Luca Massaro ha detto...

Grazie del "don": come Chisciotte :-P

melusina ha detto...

Certa musica è la più autentica esperienza mistica.
Inserita poi in certa architettura - e complice l'assenza di altre e disturbanti forme di vita nei pressi - l'esperienza può farsi decisamente trascendentale.