lunedì 31 ottobre 2016

Prestare il fianco

Lei scoperse il fianco e lui – che era un fiancheggiatore – fece finta di non vederlo scoperto, guardò altrove cambiando discorso, tecnica retorica per la quale non era particolarmente portato, sarebbe stato meglio per lui restare zitto confidando nelle virtù taumaturgiche del silenzio.
Quando cambiava discorso, infatti, lo accusavano sempre di cambiare discorso e gli chiedevano perché lo faceva. Lui, tranquillo, rispondeva perché il discorso di prima stava prendendo una brutta piega... Non lo facevano neanche finire che gli rinfacciavano: «A che gioco stai giocando?».
Eppure non stava giocando alcuna partita, non si sentiva dentro ad alcun campionato, era lei che avrebbe voluto giocasse e dimostrasse a tutti che era un giocatore, così si sarebbe messa l'animo in pace perché avrebbe avuto una prova che lui, appunto, stava giocando, ossia mettendo in campo una strategia, una tattica per conseguire un risultato che una volta ottenuto avrebbe appeso come un trofeo per ricominciare daccapo.

Ma non era così – lei avrebbe voluto fosse così, ma non era. Lui avrebbe voluto dirglielo ancora una volta perché l'unica volta che glielo disse lei non gli aveva creduto. Le sembrava impossibile. Era stanco e lasciò perdere. Le fece credere in questa possibilità che si era inventata per darsi una giustificazione e lanciargli un'accusa. Un'accusa che la sua coscienza non temeva perché semplicemente non era vera. Si limitò a sorridere, per schernirsi e conferire un tono di leggerezza alla conversazione.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bello! Metafisico. E metà corporeo; davvero non presta... il fianco a critiche.
siu

lozittito ha detto...

la leggerezza, acquisirla è una battaglia