mercoledì 2 novembre 2016

Un etto di politica

Uno degli effetti (non la causa) più sorprendenti dovuti a Renzi, da quando è diventato segretario del PD prima e presidente del consiglio poi, è stata una perdita repentina di quei pochi grammi di passione politica che tenevo di conserva da qualche parte ben nascosta nelle mie zone ossute. Ho constatato: non c'è più niente, neanche mi avessero fatto una liposuzione. Da quando c'è egli (dire lui è improprio), il discorso politico si è trasformato in un completo flatus vocis, quello che viene detto è insignificante, pur avendo dalla sua (dalla loro) la logica del potere che impone e dispone. È un parlare del cazzo di un cazzo di niente. Slogan, frasi fatte, frasi marce, pensierini da svilimento testicolare e ovarico, senza neanche avere la dignità o il merito dell'evasività, della circonlocuzione anodina che impone alla discussione politica un divertissement ermenutico.
Renzi si capisce, si capisce subito quello che dice e quello che dice è così irritante che si vorrebbe far finta di non aver capito. Fosse un amico, gli si direbbe: «Ma non t'accorgi quanto ti atteggi a stronzo, quanto la fai facile, quanto riduci la complessità a suppostina di malva e glicerolo? Smetti con quella finta faccia seria stringendo le labbra a culo di gallina, non fare il brillante a tutti i costi, ché la situazione è assai opaca, dismetti quel tono di sfida a chi ce l'ha più lunga, la lingua. Renditi conto. Fatti una doccia, mettiti il pigiama Urge, dormi e sogna di essere quello che non sei mai stato».
Consigli inutili che è valso la pena esprimere per ingrassare un po'.

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