venerdì 19 dicembre 2008

Fortezza 40.

Stanotte visione dei gatti -
Ero io per primo a vezzeggiarli:
Qua bei micini - e intanto
Buffamente librati alla mia altezza
Non loro a me bensì io a loro mi appressavo:
Seguite poi le mani alle parole
Come si fa per scambiare carezze
Subito ecco alle mie dita conficcarsi
Maligne unghiette erpici di zampe
Perciò guaìvo: aiutami!
A una chiusa madre senza nome

20-21 agosto 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990.

mercoledì 17 dicembre 2008

Fortezza 39.

E più tenti di uscirne e più vi si chiuda
Macina di pensieri
Dove ieri al domani si confonda
Bambino che una storia cattiva inventa
A se stesso, s'imbozzola nelle sue spire
Recategli fiori e menta blandi veleni
Fatelo vostro nel cuore
Di voi ciascuno apparendo
Complice suo redentore:
Ditegli - è tutto per finta
E la guerra è lontana la guerra
È quasi vinta.

19-23 agosto 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990.

lunedì 15 dicembre 2008

Il pane quotidiano



Oggi, dal fornaio, dopo aver comprato il pane.

Io: "Arrivederci e buon lavoro".

Fornaio: "Buona giornata, Massaro; e che Dio ti benedica".


Io: "Altrettanto, se ci fosse".

Fortezza 38.

Crudamente il più del tempo
A voce sterminata costruendo
Parole che suppone ascoltate -
Sì, ho ucciso Dio
Purché ve ne andate!
Ma come unico astante si scopre
Fra il vacuo e il dentro di sé
Presto all'oblio le ricaccia non sono mai nate -
De mì ninguna cosa hay que fiar
Detto quasi ridendo

15-18 agosto 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990.

domenica 14 dicembre 2008

Scene da un matrimonio



Scorro strade di rimando e nutro asfalti con viscere di rospi in pensione; e tengo alta la tensione che mi scorre lungo i fili dell'alta elettricità. Vo a quindicimila come i baci che ti detti, con quella soddisfazione ubriaca d'un sentimento che ora non c'è (e se c'è non corrisponde al vero). Eppure fatico ad aggrapparmi a quei baci e a quegli abbracci che ti detti un tempo, visto che ora tu sei qui presente e non permetti la presenza più forte del ricordo. Perché è il ricordo che ti vuole e non questa presente sciatteria che ci conduce a una vita anonima di sentimenti e di emozioni che cerchiamo sempre altrove. Tu sei qui e non sei ciò che vorrei tu fossi. Non sei il pensiero forte che fosti e non sei le lacrime dei miei futuri desideri. Tu sei qui e io ti sono a fianco e insieme siamo il nostro fastidio.
Occorre un immane sforzo di fantasia per riproporci come non siamo e come vorremmo che fossimo. Siamo qui intrappolati l'uno sull'altro e non ci diciamo amore proprio per il fatto che l'amore è un'altra cosa, è un altro buongiorno, un'altra rivelazione. Siamo qui perché siamo buoni e non vogliamo che i nostri gesti feriscano qualcosa la cui carne ci appartiene, qualcosa che ci sta incollati alla pelle come un cerotto su una ferita, e che non osiamo strappare per non sentir troppo male. Siamo qui, sospesi, e ci tiriamo avanti: vai avanti tu, ognuno a ripetere dentro il freddo delle lenzuola. Siamo qui e ci inganniamo: giocatori sfavati che preferirebbero una volta per tutte puntare tutto e perdere (o vincere) senza più ritrovarsi tra le mani la noia di una reciproca presenza. Siamo qui, e non è più vero che si è uno per l'altro la propria meta (o metà), ma ci si tiene solo per resistere e conservare quella traccia minima di bene che ancora ci appartiene. Siamo qui perché fuori è buio e perché ciascuno è per l'altro una fredda stella che confonde la direzione del nostro cammino, come le falene sono confuse dalla luce dei lampioni. Siamo qui, e sbattiamo la testa uno sull'altro e ci troviamo addormentati, ciascuno chiuso dentro i suoi sogni.

sabato 13 dicembre 2008

Fortezza 37.

Flügen, fliegen - e mai
Che possano le secche dita
Tenervi a sé lacerarvi:
Dovunque nella notte uno sfiorarvi
Nuptiae nuptiarum - su e giù
Di ventitanti veli scala e vortice
Volo di tòrtore e infine
Il flauto:
Però vi prego che mi lasciate
Visitanti visioni
Vagate altri prigioni
A esse non già a questa recate la vostra
Alba melancolìa - e l'infamia
Che mi costa

8 agosto 1989


Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990.

venerdì 12 dicembre 2008

Fortezza 36.

Anche da Lei vorremmo trarre consiglio -
In carne e ossa egli è certo in nostro dominio
Ma non così l'astuzia di prudenza
O idea che lo sostiene:
Ai miei ho ordinato di stargli addosso
Non con mani e catene
Ma giorno e notte nei pensieri suoi fare nido
Che svuotato si arrenda:
Fotografargli dentro la testa
Abbiamo provato - era tutto
Fili di ragno e foresta

4 febbraio - 5 agosto 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990.

giovedì 11 dicembre 2008

Fortezza 35.

Ha poco tempo, lo so, Monsignore -
EccoLe dunque in due parole
La sorte d'un che vuole
Fisso stando impalato
Di questo mondo da un costante lato
Vedere com'è fatta in faccia una
Gemella dell'altra faccia della Luna:
Per cui sia d'uopo contemplare il combinarsi
D'un triplice accidente -
Primum di lei che su se stessa ruota
Ora piena mostrandosi ed or vuota
Intanto che sull'asse immaginario
In lui persiste il nostro
Girarsi intorno solitario
E tuttavia satellite orbitando
Intorno al Sole fuoco sedentario -
E quanto a lei gli costa
Serva di servi intorno a noi girare
Affannandosi al passo
Dell'affannato e nostro gravitare:
Ora luce di perla ora nascosta
E invece è lì - lì esposta
Suo esserci e suo gelo
Sua nerezza nel blu del muto cielo
Intanto che noi pure
A quel vano cercarla compariamo
Un seme di sventure

19-23 luglio 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990.

Nota mia a margine.
Sua nerezza nel blu del muto cielo: provare a pronunciare questi versi in una notte serena senza luna e sentirsi invadere dalla sua presenza (o qualsiasi Altra Presenza).

lunedì 8 dicembre 2008

Ai miei amici linkati (non linciati)



Il tempo è uno sbaglio, tutto ciò che gira è fermo. Non si va avanti, si sta immobili. I nostri corpi sono in balia di un trucco e le nostre menti non lo hanno svelato. Siamo incantati, imbambolati, bloccati, fermi. Chi guarda alla storia e pensa di ricavare da essa lezioni per non ricadere negli stessi errori, si sbaglia. Più si spiegano gli errori e più ci si casca dentro, attirati dal vortice della stupidità. Più si mostra la banalità del male, e più esso attrae e affascina individui. E la stupidità molto spesso, anzi quasi sempre, è associata alla violenza e alla cattiveria: i dati umani più facili da manifestare, da ripetere, nella fissità del tempo. Essere violenti, cattivi, è più facile e aiuta di più a stare fermi nel tempo. Lo so, forse sono una minoranza coloro che sono avviluppati nelle spire del rincoglionimento. Ma questo, anche se fosse vero, non avrebbe alcuna importanza: a me basta ci sia un neonazista (o fascista), un invasato di qualsiasi fede, un ultras di qualsiasi sport, un capezzone o altro ecco che vedo il tempo fermarsi, inesorabilmente. Hai voglia a lanciare navicelle nello spazio; hai voglia a svelare i segreti dei nostri geni e della nostra mente; hai voglia a scrivere poesie e canzoni d'amore perfette. Non basta. Siamo fermi, amici. Il tempo è un'illusione.

Tuttavia poi, un po' per inerzia, un po' per celia, mi basta aprire una vostra pagina e ritorno un inguaribile ottimista

domenica 7 dicembre 2008

Fortezza 34.

I segni che dà di squilibrio
Non calcolateli - sono
Simulazioni e così
Gli schiaffi ai servi i pasti disordinati
Lungo disteso sul pavimento l'altro giorno
La houle (gridando) la houle
Un long hurlement partout dans la cité
Y la armada, la armada...
Perché non lo reggono?
Perché non lo legano?
Nessuno potrebbe dirlo
Che non fosse al suo letto di contenzione -
Vivìmos todos en el recuerdo del poeta, señor
Sparito il testimone

5 giugno 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990.

venerdì 5 dicembre 2008

Gesù perché?



Solo G.O.D. poteva suggerire questo slogan al suo primo rappresentante in terra.


Ma perché Gesù Cristo un tu se' venuto verso l'anno Mille dopo Cristo, così magari i tuoi presunti seguaci andavano a cercare un'altra sede europea, ad esempio Parigi, così se lo ciucciavano i francesi davvero il Vaticano, altro che una settantina d'anni e basta.

giovedì 4 dicembre 2008

Lasciare che il volto illumini il mondo



Ecco dunque l'eterna seduzione del paganesimo, al di là della puerilità dell'idolatria superata da molto tempo.
Il sacro che filtra attraverso il mondo: il giudaismo non può essere che negazione di questo. Distruggere i boschetti sacri: comprendiamo solo ora la purezza di questo preteso vandalismo; il mistero delle cose è la fonte di ogni crudeltà verso gli uomini. Il situarsi in un paesaggio, l'attaccamento allo Spazio senza il quale l'universo diverrebbe insignificante ed esisterebbe appena, equivale anche alla scissione dell'umanità in autoctoni e stranieri. E in questa prospettiva la tecnica è meno pericolosa dei geni dello Spazio. La tecnica sopprime il privilegio del radicamento e l'esilio che si riferisce a lui: libera da simile alternativa. Non si tratta di tornare al nomadismo, che al pari dell'esistenza sedentaria è incapace di uscire da un paesaggio o da un clima. La tecnica ci strappa dal mondo heideggeriano e dalle superstizioni dello Spazio. Appare dunque una possibilità: percepire gli uomini al di fuori della situazione in cui sono immersi, lasciare che il volto dell'uomo brilli nella sua nudità. Socrate preferiva la città in cui si incontrano gli uomini alla campagna e agli alberi: il giudaismo è fratello del messaggio socratico.

Emmanuel Lévinas, Difficile Libertà, Jaka Book, Milano, 2004, pag. 291.

mercoledì 3 dicembre 2008

Modi del verbo essere



Berlusconi ha dichiarato

di essere un uomo di Stato.

Più esattamente

uomo del participio passato

del verbo essere.

Participio va bene,

ma era meglio al presente.

E allora con aria un po' grulla
mi chiedo come Martino:
"perché, in generale,
v'è l'essente e non il nulla?"

martedì 2 dicembre 2008

Sulla felicità



È per la felicità come per la verità: non la si ha, ma ci si è. Felicità non è che l'essere circondati, l'esser dentro
come un tempo nel grembo della madre. Ecco perché nessuno che sia felice può sapere di esserlo. Per vedere la felicità, dovrebbe uscirne: e sarebbe come chi è già nato. Chi dice di essere felice mente, in quanto evoca la felicità, e pecca contro di essa. Fedele alla felicità è solo chi dice di essere stato felice. Il solo rapporto della coscienza alla felicità è la gratitudine: ed è ciò che costituisce la sua dignità incomparabile.

Theodor W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino, 1979, p. 127

lunedì 1 dicembre 2008

Fortezza 33.

Stuolo, legione -
Levatevi al volo!
Da tanto tempo ebbe paura che adesso
Basta un tremare di foglia a ridurlo
In potere di qualsivoglia -
E di voi figuriamoci!
Mute murategli in cuore le preghiere
E via anche la bibbia!
Si sfaldi fiore di cenere
L'intima sua ragione:
Nessuna apocalissi però -
Spaventi a irregolari intervalli
Quiete di istanti suadenti
Frasi tenere

4-6 giugno 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990.