giovedì 13 gennaio 2011

Un breve dialogo

La Costituzione: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nei miei limiti e nelle mie forme.»
Un Ministro: «Falsità

mercoledì 12 gennaio 2011

«There is something menacing about that»

Dall'acuta analisi che Andrew Sullivan fa della dichiarazione di Sarah Palin, evinco:
nonostante Berlusconi abbia preso due oggetti contundenti in faccia (cavalletto, madonnina), nessuno dei nostri leader politici (di sinistra o comunque a lui avversi) lo ha mai messo nel mirino di un'arma da fuoco; toni aspri: sì, a iosa; parole forti: moltissime; ma auspici di eliminazione: nessuno. Il tintinnare di manette che qualche cuore di pietro si augura è cosa ben diversa da un fucile di precisione puntato sul suo volto.
Certo, Berlusconi molti “tu schiantassi” (leggi: “tu crepassi”) se li è benevolmente presi da una cospicua parte della popolazione che lo ha a noia - ma si sa il valore che essi hanno: una strizzata di palle al giorno l'interessato (con mano propria o altrui) non se la fa certo mancare per neutralizzarli.

Ma veniamo ora a una frase della Palin:

«Acts of monstrous criminality stand on their own. They begin and end with the criminals who commit them».

Sono per metà d'accordo e per metà no. Vero è che a rispondere del crimine deve essere solo chi lo compie, dato che costui è il responsabile. Ma se è vero che tali mostruosità sono “politiche” stento a credere che esse abbiano inizio solo ed esclusivamente nella testa dell'esecutore finale. Le mostruosità vengono da lontano e non sono frutto di atti cruenti estemporanei. Quando v'è premeditazione politica, v'è stata una riflessione per quanto essa possa essere stata distorta e fallace. L'accanita campagna politica della Palin (che ricorda da vicino l'esasperata ricerca del nemico di berlusconiana memoria) non gioca un ruolo secondario in questa vicenda. Un conto è mettere nel mirino un'alce, prendere il fucile e andare in riserva a cacciare di frodo l'animale. E un conto è, invece, centrare l'obiettivo su un volto noto e dire: ecco il nemico da abbattere. Politicamente una sega.

martedì 11 gennaio 2011

Era ora di colazione

«Era ora di colazione, e tutti sedevano sotto le due ali verdi della tenda da pranzo come se non fosse accaduto nulla.
Cedro o limonata? – chiese Macomber.
Per me vorrei un cicchetto, – disse Robert Wilson.
Vorrei un cicchetto anch'io. Ho bisogno di qualcosa di forte, – disse la moglie di Macomber.
Bene, – assentì Macomber. – Dite che ce ne prepari tre.
Il cameriere negro s'era già messo a prepararli, tirate fuori le bottiglie dal sacco refrigerante che trasudava, umido in mezzo al vento che muoveva gli alberi e l'ombra sulle tende.
Che cosa avrei dovuto dar loro? – chiese Macomber.
Poteva bastare una treccia di tabacco a testa, – Wilson rispose. – Non bisogna abituarli male.
Se do tutto al loro capo, lui poi lo distribuisce?
Potete star sicuro.»

Ernest Hemingway, Breve la vita felice di Francis Macomber, da I quarantanove racconti, Mondadori, Milano 1952

lunedì 10 gennaio 2011

Un elefante bardato. E bardato bene.


«Non sono un liberista formale, ortodosso, non me lo posso permettere perché ho un nonno abruzzese, con lo stato nel sangue; e anche perché dirigo un giornale che da anni gode di meritate sovvenzioni pubbliche, come la Scala di Milano, che lo rendono libero e stupendo.» [...]


«Alla fine, come per la Ford, che ha prodotto la mia Focus blue ink (ed è una macchina impagabile, media, elegante perché non ha altra pretesa che funzionare e farsi vendere), anche per Chrysler e Fiat o Fabbrica Italia o come si chiamerà il problema è imporre sul mercato prodotti che convengono, che piacciono, che funzionano.» [...] 

«...questo paese è fermo, stagna in modo sempre più allarmante, non taglia le tasse nemmeno con una scarica di governi berlusconiani e di centrosinistra “riformisti”, qui è tutto una bardatura e un laccio e un lacciuolo castale da mezzo secolo e più, insomma qui da noi può succedere di tutto, ma le rivoluzioni si fanno solo per scherzo.»


tagliare le tasse, si sa, prevede un minor gettito fiscale. E a minori entrate dovrebbero corrispondere anche minori spese. Se, come Lei augura, ciò avvenisse e se (sempre se) Le tagliassero le sovvenzioni, non le resterebbe che guidare (dirigere) la sua Focus.

Con una stella rossa ho preso cinque fave

«Non siamo noi a dover diventare cinesi, ma i lavoratori cinesi a diventare come noi. Marchionne fottiti». Firmato: una stella rossa a cinque punte.

Ora, io non sono molto esperto di terrorismo (rosso e nero) e delle sue forme di propaganda. Tuttavia, mi sento di escludere senza indugi che gli autori delle scritte “oltraggiose” appartengano alle Brigate Rosse (sempre che esistano ancora) o siano, delle stesse, dei fiancheggiatori. Prova ne sia che il gruppo armato comunista non si sognerebbe mai di far diventare “come noi” dei veri comunisti come quelli cinesi.
E poi, suvvia, scrivere i propri slogan su dei simboli per eccellenza del capitalismo come i cartelloni pubblicitari mi sembra una contraddizione in termini, anche perché a guadagnarci in questo caso (pensa un po': si veda il video proposto dal link) è persino una diretta concorrente della Fiat, la Citröen.
E infine, che dire dello scrivere a Marchionne di fottersi proprio su una pubblicità che promuove il “Saldarate” di una banca: prendi un tot di euro in prestito per pagare tutti i debiti contratti e averne uno solo, più pesante e più leggero insieme.

Postille al Nuovo Manuale di Poesia 8 e 9.



8. If a man gets angry at a poem,
    he shall be scorned by men.

9. If a man continues to be angry at a poem,
    he shall be scorned by women.
8. Se un uomo si arrabbia con una poesia,
    verrà deriso dagli uomini.

9. Se un uomo persiste nell'arrabbiarsi con una poesia,
    verrà deriso dalle donne.
Mark Strand, The New Poetry Handbook, da Il futuro non è più quello di una volta, Minimum Fax, Roma 2006, traduzione di Damiano Abeni

Con una poesia si possono provare molte emozioni. Addirittura conosco qualcuno capace di farci l'amore con una poesia. Oh, come abbraccia bene la poesia, ti coinvolge – fantasma dalle mille braccia – e sai che, allo stesso tempo, essa può fare l'amore con te e con altri mille altri. La poesia si concede senza limiti, basta coglierla. Tuttavia ci può stare anche che un uomo o una donna si arrabbino con una poesia, ci può stare perché può balenare loro in mente che essa li abbia traditi: quando è così, la colpa non è mai della poesia ma di chi crede la poesia qualcosa di esclusivo. Ma sbagliare una volta, ripeto, è concesso: ridano gli uomini. Persistere è diabolico: ridano le donne. La poesia, in fondo, non è un articolo di fondo; la poesia non è un'omelia, una legge, uno slogan. La poesia non è un diktat. La poesia non è una multinazionale. La poesia non è qualcosa che può andare sul mercato, avere una quotazione in borsa, una scommessa su cui puntare per diventare ricchi. La poesia non è un investimento: con una essa non puoi fallire (non puoi nemmeno vincere). La poesia non è Pro-Life, Pro-God, Pro-Gun.
Arrabbiarsi con una poesia: quasi peggio che sparare sulla crocerossa.  

domenica 9 gennaio 2011

Certi alberi

Sono stupefacenti: ciascuno
Che si congiunge col vicino come se il discorso
Fosse una performance morta.
Combinando per caso

D'incontrarci tanto lontano questa mattina
Dal mondo quanto in accordo
Con esso, io e te
Improvvisamente siamo ciò che gli alberi provano

A dirci che siamo:
Che il loro semplice star lì
Significa qualcosa; che presto
Potremo toccare, amare, spiegare.

E contenti di non aver inventato
Tali piacevolezze, ci ritroviamo circondati:
Un silenzio già riempito di rumori,
Una tela su cui emerge

Un coro di sorrisi, una mattina d'inverno.
Messi in una luce sconcertante, e mobili,
I nostri giorni indossano una tale reticenza
Che questi accenti sembrano la loro difesa.

Some Trees

These are amazing: each
Joining a neighbor, as though speech
Were a still performance.
Arranging by chance

To meet as far this morning
From the world as agreeing
With it, you and I
Are suddenly what the trees try

To tell us we are:
That their merely being there
Means something; that soon
We may touch, love, explain.

And glad not to have invented
Some comeliness, we are surrounded:
A silence already filled with noises,
A canvas on which emerges

A chorus of smiles, a winter morning.
Place in a puzzling light, and moving,
Our days put on such reticence
These accents seem their own defense.

John Ashbery, Some Trees, Yale Univesity Press, 1956 (traduzione di Edward G. Lynch in Nuovi Argomenti, n. 26 Terza Serie, Aprile-Giugno 1988)


Postilla.
Stamani, rovistando in una vecchia soffitta, ho ritrovato la rivista sopra indicata: l'ho sfogliata e ho trovato questa poesia che ricordavo di aver letto e di cui la memoria conservava, sbagliando, l'incipit  facendo di stupefacenti, formidabili. 
1988. Avevo 21 anni, un anno meno dell'assassino che ha compiuto la strage di Hudson, e potevo leggere Ashbery soltanto in traduzione. 
Anche se ancora non sappiamo le folli motivazioni che Jared Loughner addurrà al gesto, io penso che se invece di abbeverarsi agli slogan fondamentalisti del cristianesimo forcaiolo della Palin o altri evangelici pro-life, egli avesse avuto tra le mani una raccolta di poesie di Ashbery non avrebbe impugnato il fucile, ma sarebbe andato - se stressato - dentro a un bosco a recitare Some Trees. Insomma, io sono propenso a credere che, in questo caso, sia maggiore il peso di nurture che di nature*. Sbaglierò?

sabato 8 gennaio 2011

Idee fisse

«Dividere il mondo in due, nella facciata e nel retro, è l'idea fissa di taluni costruttori milanesi. Il lustro della facciata, l'abominazione del retro. Ma Dio ci vede da tutte le parti: e noi stessi, umili e transeunti creature, dobbiamo concedere un occhio, talora, ai retroscena del mondo, anche a non volerlo».

Carlo Emilio Gadda, Le meraviglie d'Italia, Einaudi, Torino 1964, pag. 125

Un paio di zeri


Hanno fatto un conto. Pare che su Facebook ognuno di noi valga più o meno cento dollari.
Ma com'è che il mio paio di zeri mi ricorda qualcosa di diverso dai dieci zeri di Mark Zuckerberg?

Un ministro in differita

Mentre sto scrivendo, Fabio Fazio sta intervistando il Ministro degli Esteri Frattini. Ma non è mica in diretta Frattini! Già molte agenzie, infatti, parlano di cosa egli abbia detto. E io che credevo che Che tempo che fa fosse una trasmissione esclusivamente in diretta. 

A parte.
Forse penso male, ma io credo che la scelta di mettere Frattini come ospite di mezzo tra Don Andrea Gallo e Luciana Littizzetto (in veste di ospite stasera) sia una scelta vagamente politica (niente di male, per carità. Dopo quello che ha fatto Alfonso Signorini quello di Fazio stasera è galateo puro).

Pietà per il nostro eccessivo affannarci

Tra i funzionari della Prefettura di Giada
non sono molti gli umani.
Ma quando l'Imperatore dell'Alto
sarà colto da pietà per il nostro eccessivo affannarci,
ecco che si affretterà a decretare
un nostro pronto ritorno.
Subito, fra la miriade di monti, le grida
delle scimmie saliranno alle bianche nubi.

Bai Yuchan, Con il braccio piegato a far da cuscino, Einaudi, Torino 2010 (a cura di Alfredo Cadonna).

Il Baule (già Devarim, già Gran Turchese), ed Alex in un loro commento al post precedente, mi hanno fatto pensare ai “segni dei tempi”. Prepararsi all'Apocalisse è predisporsi al micidialeProprio ora che cominciavo a divertirmi, proprio ora che mi pareva di vedere il pensiero diffondersi e farci tutti, noi umani, più buoni, più sani (mentalmente e fisicamente), più intelligenti, più saggi, più gaudenti, gradualmente, meno religiosi.  

«All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi:
Così parla il Santo, il Verace,
Colui che ha la chiave di Davide:
quando egli apre nessuno chiude,
e quando chiude nessuno apre
(Apocalisse, 3-7)

Bella scoperta.

venerdì 7 gennaio 2011

Non capisco l'editor di testo di blogger

... vale a dire: a volte io cerco di "giustificare" il testo (vedi post sotto) e lui non me lo giustifica. Là dove poi c'è solo una spaziatura lui in pubblicazione me ne mette non so quante e viene fuori uno spazio enorme.
Ora, io non sono un esperto e, la maggior parte delle volte, scrivo il post su un documento di testo, copio e incollo. Ma non capisco proprio perché questa volta faccia le bizze così e non esegua i miei comandi. Io pigio giusto.

Benvenuta Unità (d'Italia)

Se le condizioni politiche, sociali, economiche, culturali dell’Italia sono queste → di chi la colpa? I politici stessi “non nascondono i problemi del Paese”. Anzi, li elencano con beffarda contrizione e misurato ottimismo, per mostrare come essi pongano, perlomeno retoricamente, attenzione a tali gravi e urgenti problemi che assillano la Repubblica Italiana.


L’Italia è davvero un paese pieno di “problemi” e non vale certo la pena di elencarli; è sufficiente constatare che essi ci sono. Risolverli? Mera illusione. Che fare allora? Secondo me si dovrebbe procedere in maniera molto semplice: bisognerebbe cioè considerare i problemi del Paese una ricchezza per il Paese stesso. Fare dell’Italia un polo di attrazione internazionale dei Problemi urgenti da risolvere. Il nostro sottosuolo non è ricco di risorse naturali come il petrolio o il litio? Ma il nostro soprasuolo è così ricco di “problemi” (urgenti da risolvere). Vendiamoli. Ci sarà pure qualche laboratorio nelle università di eccellenza sparse nel pianeta pronto a pagare bene tali problemi, per studiarli, analizzarli, vivisezionarli, perché no?, risolverli.
Tuttavia, prima che qualche scienziato in odore di nobel si decida a capire che i “nostri” problemi hanno valore per capire lo stato mentale di un popolo, occorre chiedersi: ma se l’Italia è piena di problemi, di chi è la colpa?
Degli italiani. Risposta facile, scontata, ma non vera (non del tutto). Bisogna specificare quali “italiani”. Prima di tutto occorre raggrupparli in categorie per vedere chi si aggiudica la vittoria (della colpa). Vediamo:



  1. i politici;
  2. la criminalità organizzata;
  3. la chiesa cattolica;
  4. i magistrati;
  5. gli industriali;
  6. i sindacati;
  7. i giornalisti;
  8. i meridionali;
  9. gli immigrati;
  10. gli evasori fiscali
  11. i dipendenti pubblici;
  12. gli operai;
  13. i pensionati;
  14. gli studenti;
  15. i noglobal;
  16. i disoccupati;
  17. i tassisti;
  18. i farmacisti;
  19. le forze dell’ordine;
  20. l’esercito;
  21. eccetera







    Mi fermo. Ognuno poi sia libero di aggiungere o togliere chi vuole. Ma il punto è che nessuna categoria, da sola, può essere considerata la causa della totalità dei problemi che affliggono il nostro Paese; né tantomeno a un solo individuo deve essere addossata la responsabilità del grave dissesto politico, economico, sociale, culturale, civile che affligge la nazione, neppure se questo individuo è Berlusconi - siepe (anzi, foresta) che ci impedisce di guardare fino in fondo all’orizzonte dei nostri problemi irrisolti.
    Allora, sedendo e mirando, per dirimere la questione della colpa, affidiamoci a questa frase di Bruno Bettelheim: «La psicoanalisi proponeva l’ipotesi che forse  non era la società a creare nell’uomo tutte queste difficoltà, ma che era piuttosto la nascosta, intima, contraddittoria natura dell’uomo a render difficile la vita sociale»¹.
    Ecco, adesso posso anche accettare che Ernesto Galli Della Loggia scriva, dalle pagine del Corriere della sera di oggi, queste parole:
    «Anche per gli stranieri colti, troppo spesso l'immagine attuale dell'Italia è schiacciata sotto il peso di tre stereotipi: Berlusconi (vissuto come un mistero orripilante, premessa di ogni male), l'onnipotenza della mafia e della camorra, il pervadente oscurantismo del Cattolicesimo. Per il resto: approssimazione, inefficienza, arbitrio. Insomma, il solito folklore mediterraneo.
    Ma se le cose stanno così la colpa è soprattutto nostra».
    Il problema vero è che nessuna autoanalisi, anche se spietata e sincera, potrà mai guarire dentro noi l’erronea idea che noi non c’entriamo un cazzo. Ognuno di noi, per quanto scavi, troverà sempre una giustificazione per tirarsi fuori, per dirsi: “io non c'ero e se c'ero dormivo”.
    L’Italia è questa perché la sua storia, la nostra storia, l’ha condotta ad essere così: questa è l’unica Italia possibile, la sola, la vera. Non oso dire che sia perfetta, ma quasi. La vorreste meglio di così? Ma avete un'idea, un progetto comune per migliorarla? No eh? Avete progetti diversi. Ognuno il suo. È vero, morto Berlusconi (politicamente o per bene) qualche miglioria anche per inerzia potrebbe avvenire. O anche ritrovando una sana, benefica diffidenza verso l'Oltretevere, un bello sbarramento e buonanotte Papa e Arcivescovadi. Una nazione in declino, che deve solo riguadagnare l’orgoglio e la consapevolezza d’esserlo. L’Italia deve offrire una speranza al mondo intero facendo vedere la dignità e la fortuna che c’è nel dissolvimento del concetto di nazione. Inutile insistere: polverizziamoci nel mondo, disperdiamo il nostro seme, lasciamo in eredità ai nostri figli l’idea che il tricolore si fonde con gli altri colori del mondo; l'Italia sparita, solo ali, oltre le porte di Magellano in cerca di un altrove ancora da scoprire.
    Suvvia, uniamoci alla Grecia e facciamo vedere al mondo come si filosofa con il culo in terra.

    ¹B. Bettelheim, Il cuore vigile, Adelphi, Milano 1988 (traduzione Piero Bertolucci).

    Una proposta culturale


    Le segnalo che il prossimo 27 gennaio, presso la Sotheby's di New York, in sessione mattutina, sarà messo all'asta questo splendido dipinto di Tiziano, La sacra conversarzione: Madonna con Bambino e i santi Luca e Caterina d'Alessandria, che sarebbe d'uopo riportare in Italia. Se il suo collega Ministro dell'Economia e delle Finanze non scuce quei 20-30 milioni di euro che, a quanto pare, sarebbero sufficienti per rilevare l'opera, chieda al suo mentore, attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, di farLe personalmente un assegno in bianco: credo che l'On. Silvio Berlusconi sarebbe contento di investire un esigua parte del suo capitale in tale capolavoro, anche perché la figura del Bambin Gesù, sì vocata e propensa all'abbraccio muliebre, potrebbe ricordargli qualcuno.

    giovedì 6 gennaio 2011

    I dubbi della storia


    Se fosse stato ancora vivo, cosa avrebbe fatto Craxi? Avrebbe guidato la rivolta di Tunisi o avrebbe chiesto asilo politico all'Italia?