domenica 16 luglio 2017

Incomprensioni 5

Nonostante i capelli allungati e l’aria da fricchettone, Umberto ancora collezionava, tra altre cose, figurine Panini. Le altre cose erano giornaletti erotici e porno che trovammo in bella vista sugli scaffali della sua cameretta.
Umberto viveva da solo con suo padre – direttore delle locali Poste – da alcuni anni. Quand’era ancora alle medie, infatti, sua madre aveva lasciato lui e il marito, per tornare in Austria (dov’era nata) e andare a vivere con “quello” che era stato il primo amore e dal quale aspettava una bambina (la sorella di Umberto: di costei parleremo – forse – in una prossima occasione, tanto per allungare il brodo di un racconto che mi sta sfuggendo di mano, se qualcuno lo trova in terra, per favore, lo raccolga).

Insomma, vivendo da solo con il padre, Umberto si permetteva di collezionare e tenere in bella vista giornaletti erotici senza farsi troppi scrupoli. Chiaramente, a me e Alessandro, gli occhi caddero proprio lì; ma non tanto sulle riviste porno fotografiche, no: ciò che più ci colpì, furono i fumetti. Umberto se ne accorse subito che li guardavamo, ma non disse niente. Si limitò ad aprire un cassetto, incredibilmente pieno di figurine. «I miei doppioni», disse, sorridendo. «Guardate pure se trovate ciò che vi manca. Ma intanto, datemi i vostri, che controllo». Così facemmo e, in poco tempo, ne trovammo almeno una decina. «Bene, ragazzi: adesso dovete andare. Tra poco torna mio padre, e devo far finta di studiare. Voi tornate domani, se volete. Magari un po’ prima: che ne dite verso le quattro?»

Umberto era un bel ragazzo, occhi verdi, e mia sorella maggiore ne era innamorata. Mia madre lo sapeva, e approvava, addirittura cercando di combinare il fidanzamento. Infatti, una volta si permise sfacciatamente e senza dire niente a suo marito (mio padre), di invitare Umberto e il suo papà in occasione della festa del patrono. Ricordo ancora la faccia che fece mio babbo quando – a cose fatte – lo seppe. Dopo aver tirato quattro o cinque madonne secche, dichiarò a voce alta, con le finestre aperte, nella speranza che il padre di Umberto lo sentisse (abitavano tre piani sotto di noi), che a lui i democristiani stavano tutti sul cazzo, a prescindere, e che non gli importava una sega nulla di festeggiare il patrono, protettore di chissà cosa cazzo che. Ma nonostante la sfuriata, il pranzo con gli ospiti ebbe luogo. Umberto neanche una volta rivolse parola a mia sorella, che non gli levò un attimo gli occhi di dosso. Il padre parlò in pratica sempre con mia madre, del più e del meno e delle attività della parrocchia. Mio padre, invece, restò tutto il tempo taciturno ad aspettare il dolce e poi il caffè e che si levassero dai coglioni che c’era la formula uno.

L’indomani, alle quattro, io e Alessandro ci presentammo da Umberto con nuovi doppioni.

2 commenti:

ReAnto ha detto...

Mi piacciono queste tue incomprensioni :)

Luca Massaro ha detto...

Grazie mille