Visualizzazione post con etichetta Guy Debord. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Guy Debord. Mostra tutti i post

lunedì 18 luglio 2016

Dosi

Che fatica per la mente assumere di seguito eventi (croniche storiche) che richiedono quintali d'attenzione cadauno; le sinapsi reagiscono come possono, troppa attività cerebrale dedicata alle oscenità provoca cortocircuiti, non si capisce più bene che cosa è accaduto pur avendolo davanti agli occhi, soprattutto per colpa dei media che trasformano i nudi fatti in merce da vendere agli inserzionisti - e le notizie, sommerse di banner, hanno il compito non tanto di informare, quanto di emozionare lo spettatore. E le emozioni sono droghe nemmeno tanto leggere. Rendono dipendenti. E infatti non passa giorno che siano somministrate legalmente tanto per mantenerci vincolati alla società dello spettacolo
Certo, i fatti accadono: sparatorie americane, treni pugliesi, camion francesi, golpe turchi, sparatorie americane...
Non vedo l'ora che siano rimesse in circolo le dosi tranquille sull'accrocco costituzionale.

martedì 1 dicembre 2015

Piketty up

Il novello (o beaujolais?) maître à penser degli economisti di sinistra, Thomas Piketty, ha oggi brontolato i ricchi per via dell'inquinamento, sostenendo che dovrebbero pagare di più dei poveri e gné gné.

«Bisognerà trovare delle soluzioni: non si riuscirà a fare nulla se i Paesi ricchi non metteranno mano al portafogli.»

Non sarebbe meglio PayPal?
Comunque, ammesso e non concesso che i ricchi caccino li sordi, chi li dovrebbe prendere? Er Vuvueffe? Grinpiss? Non è dato sapere. 
I ricchi inquinano? Che paghino, e la faccenda si risolve, sembra dire Piketty. Ora, va da sé che se l'inquinamento fosse una questione di soldi, avrebbero ragione quegli Stati che comprano quote di emissioni da altri Stati a minor impatto ambientale. E forse è questo quello a cui mira la proposta di Piketty. Leggiamo:

«Per andare sul concreto, i circa 7 miliardi di abitanti del pianeta emettono attualmente l’equivalente di 6 tonnellate di anidride carbonica per anno e per persona. La metà che inquina meno, 3,5 miliardi di persone, dislocate principalmente in Africa, Asia meridionale e Sudest asiatico (le zone più colpite dal riscaldamento climatico) emettono meno di 2 tonnellate per persona e sono responsabili di appena il 15 per cento delle emissioni complessive. All’altra estremità della scala, l’1 per cento che inquina di più, 70 milioni di individui, evidenzia emissioni medie nell’ordine di 100 tonnellate di CO2 pro capite: da soli, questi 70 milioni sono responsabili di circa il 15 per cento delle emissioni complessive, quanto i 3,5 miliardi di persone di cui sopra. E dove vive questo 1 per cento di grandi inquinatori? Il 57 per cento di loro risiede in Nordamerica, il 16 per cento in Europa e solo poco più del 5 per cento in Cina (meno che in Russia e in Medio Oriente, con circa il 6 per cento a testa). Ci sembra che questi dati possano fornire un criterio sufficiente per ripartire gli oneri finanziari del fondo mondiale di adattamento da 150 miliardi di dollari l’anno. L’America settentrionale dovrebbe versare 85 miliardi (lo 0,5 per cento del suo Pil) e l’Europa 24 miliardi (lo 0,2 per cento del suo Pil). Queste conclusioni probabilmente saranno sgradite a Donald Trump e ad altri. Quel che è certo è che è arrivato il momento di riflettere su criteri di ripartizione basati sul concetto di un’imposta progressiva sulle emissioni: non si possono chiedere gli stessi sforzi a chi emette 2 tonnellate di anidride carbonica l’anno e a chi ne emette 100. »

Ah, Piketty, Piketty che tanto piace alle menti illuminate e alle classi dirigenti della sinistra liberal progressista e riformista mondiale: lui sì che sa suonare il piffero, da vero incantatore. 
Il suo, più che essere un pensiero eversivo è un pensiero diversivo.
Non una parola una sulle vere cause che determinano l'inquinamento e riscaldamento globali. Non un accenno al modo di produzione e ai rapporti di classe da esso stabiliti. Niente da fare: per certa gente il lavoro e la merce non esistono. Esistono soltanto i soldi e la distinzione tra chi ce l'ha e chi non ce l'ha. Come i peli.

Perché? Ce lo dice Olympe de Gouges:

«In questa notte buia, in cui ogni idea ha sempre lo stesso segno, è venuto meno l’ancoraggio alla conoscenza della società umana secondo il fondamentale assunto che sono i rapporti di produzione, che si formano indipendentemente dalla volontà e dalla coscienza degli uomini, ad essere infine determinati e originari, in antitesi ai rapporti ideologici, che nascono passando attraverso la coscienza umana.

L’ignoranza – più ancora che il rigetto – del materialismo dialettico impedisce di fare luce sulle leggi specifiche del modo di produzione capitalistico e dunque sul movimento nella sua contraddizione fondamentale. Non si tratta di una semplice questione d’ordine epistemologico, posto tra l’altro che siamo vittime obbligate delle accentuazioni ideologiche imposteci dagli attori del rapporto sociale.»

La farsa oramai ha conquistato tutto lo spazio storico. Fanno un meeting sull'inquinamento senza mettere in discussione di una virgola il sistema economico e produttivo.
Scriveva Guy Debord nel 1971:

«"L'inquinamento" oggi va di moda, esattamente alla stessa maniera della rivoluzione: prende possesso di tutta la vita della società e viene rappresentata in forma illusoria nello spettacolo. È la litania che ci infastidisce con una miriade di scritti e discorsi erronei e mistificatori, ma che afferra tutti per la gola. È in mostra ovunque come ideologia, eppure si afferma come processo reale. Le due tendenze antagoniste, che sono lo stadio supremo della produzione di merci ed il progetto della negazione totale di tale produzione, altrettanto ricche di contraddizioni al loro interno, crescono insieme. Sono i due aspetti attraverso i quali si manifesta un unico momento storico, atteso da molto tempo, e spesso previsto in forma parziale e inadeguata: l'impossibilità del proseguimento del funzionamento del capitalismo.»

E ancora:

«I padroni della società ora sono obbligati a parlare dell'inquinamento, sia al fine di combatterlo (dopotutto vivono sul nostro stesso pianeta – che è l'unico criterio in base a cui si può affermare che lo sviluppo del capitalismo in effetti ha portato ad una fusione di classe) sia al fine di nasconderlo, per il semplice fatto che l'esistenza di tali tendenze nocive e pericolose costituisce un forte movente per la rivolta, un'esigenza essenziale degli sfruttati, vitale come la lotta dei proletari del XIX secolo per il diritto di mangiare. In seguito al fallimento fondamentale dei riformismi del passato – tutti, senza eccezione, aspiravano alla soluzione definitiva del problema di classe – sta sorgendo un nuovo tipo di riformismo che risponde alle stesse esigenze dei precedenti, vale a dire la lubrificazione della macchina e l'apertura di nuove zone redditizie per imprese all'avanguardia. Il settore più moderno dell'industria è in corsa per partecipare ai vari palliativi all'inquinamento, vedendoli come tante nuove opportunità che rendono tutto più attraente per il fatto che una buona parte del capitale monopolizzato dallo stato è disponibile per gli investimenti e la manipolazione in questa sfera. Ma se da una parte è garantito che questo nuovo riformismo fallirà per lo stesso identico motivo dei suoi predecessori, dall'altra parte, se ne differenzia radicalmente in quanto non ha molto tempo davanti a sé. »

Hai voglia a chiedere quattrini, Piketty: per quanto i ricchi sborsino, i soldi non saranno mai sufficienti per pagare il riscatto dell'umanità rapita.

domenica 1 novembre 2015

Volare basso, spegnere il telefono

Programmi televisivi, ospiti, film, libri, giornalismo, teatro, sport, cucina, televisione, politica, musica, tanta musica, risate, tante risate, lacrime, un po' meno lacrime, l'importante è intrattenere spettatori, spettatori spiaccicati, spacciati, spalmati su divani a subire il mezzo e il messaggio, le figure umane che appaiono dentro il televisore hanno sempre qualcosa da dire, da mostrare, da cantare. Figure umane pagate apposta per riempire le vite altrui di contenuti, di aspirazioni, di doppi vincoli. 
Per non remare contro i criteri logici che governano il mondo, è necessario seguire le indicazioni proposte, gli esempi, i consigli pubblicitari. Ci sono delle attese generali che vanno rispettate altrimenti, insieme ai palinsesti, potrebbero cambiare le figure. E le figure potrebbero trovarsi impreparate, nonostante l'innata attitudine al trasformismo che le caratterizza. 
13. «Il carattere fondamentalmente tautologico dello spettacolo, deriva dal semplice fatto che i suoi mezzi sono nel contempo anche i suoi scopi. È il sole che non tramonta mai sull'impero della passività moderna. Esso ricopre tutta la superficie del mondo e si bagna indefinitamente nella propria gloria.»
Non c'è niente di meglio che camminare senza scopo, a passi lenti, sulle foglie in decomposizione per sentirsi, una volta tanto, meno passivi.

_________
P.S.
Il titolo è un chiaro riferimento all'editoriale scalfariano, del quale vorrei soltanto far notare come, nella prima parte incentrata sulla vicenda Marino, l'uso del passato remoto, relativamente alla cronaca politica delle ultime settimane, teso a suggellare e chiudere, forse storicizzare definitivamente la questione, è alquanto puerile[*], nonostante la senilità dell'autore.


[*] Estratto 
«Il presidente del Pd, Matteo Orfini, nominato da Renzi commissario del Pd romano, tentò per quasi un anno di sostenere Marino della cui onestà e sincerità non dubitava. Poi si rese conto della sua totale inefficienza e, stimolato da Renzi, capì che bisognava arrivare alle dimissioni del sindaco. Tentò di convincerlo ad affrontare il dibattito in aula, ma l'altro si oppose. Poi Marino si dimise ma pochi giorni dopo ritirò le dimissioni. Alla fine il Consiglio comunale si è autosciolto e Marino, turbato e rabbioso, fece le valigie» 

Che sia una forzatura stucchevole lo si denota dalla confusa commistione dei tempi della frase finale. «Il Consiglio comunale si è autosciolto», passato prossimo per un evento avvenuto comunque prima di «e Marino, turbato e rabbioso, fece le valigie». 

martedì 20 ottobre 2015

Il vero è un momento del falso

Guy Debor, La società dello spettacolo, Parigi 1967, (traduzione italiana 1974, volume di editore senza nome - davvero! - trovato in un vecchio fondo di biblioteca comunale).

Uscirne. Da questa società spettacolare.
Da quale porta, in vita rimanendo? Monasteri, monadi? 
Sono un mona.
Lo sapevo.
Da un punto di vista del peso politico, dello spettacolo (non solo letterario), a Erri De Luca conveniva essere condannato.
Forse ne avrebbero giovato anche i no-Tav.
Pensa il clamore internazionale sulla eventuale sentenza di condanna.
Di sicuro, candidatura ufficiale a nobel.
Immagina: Bernard-Henri Lévy che imbocca trafelato il Tunnel del Monte Bianco a bordo di una Lexus ibrida, arriva a Torino e si toglie la camicia davanti al tribunale.
Vive la libérté!
In una società dalle cosiddette radici cristiane i martiri o sono condannati o non sono.
I giudici queste cose le sanno. Sanno, cioè, che è preferibile vittimizzare anonimi invisibili e non spendibili (come causa, essendo cause perse), anziché nomi visibilissimi, nomi spettacolari.
Sarò stringente: sono contento che Erri De Luca non sia stato condannato anche perché, in virtù dello stare decisis, qualora in quanto blogger dicessi pubblicamente che è legittimo e necessario sabotare opere pubbliche tipo la Tav, gli inquirenti non mi rompano i coglioni e vadano affanculo camminando saranno pregati di andare a inquisire da un'altra parte e non disturbarmi.