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martedì 10 dicembre 2019

Briciole del pensiero

Stavo pensando, ma possibile che stia pensando? Che azione sto compiendo in concreto? È qualcosa che appartiene anch'essa al mondo fisico (sì) oppure, anche se sì, a volte da esso si dislega (riesce a slegarsi, come una scarpa sciolta, ci cammini un po' senza accorgertene finché non inciampi), e vaga in una dimensione altra, un altro tempo, o quello passato o quello delle possibilità?
Allora, per non rispondere alle domande un po' troppo complicate, data l'ora, e soprattutto: per non mettere il cervello in una vasca, lascio evadere il pensiero dal mio personalissimo 41 bis (cheri), socchiudo gli occhi e mollo l'ancora e libero il tu.

***
Ho letto un titolo - quindi non l'intervista - in cui Landini dichiara che occorre fare un'alleanza con governo e imprese per impedire che il Paese si sbricioli. Dato che dovevo sparecchiare, ho scosso la tovaglia con le briciole fuor di finestra, qualche passero solitario passerà. Ma a parte ciò: ho letto pure il sottotitolo, in cui si dichiara che
«Il lavoro, la qualità del lavoro e i diritti di chi lavora devono essere al centro del progetto per governare la transizione verso un nuovo modello di sviluppo ecocompatibile ma anche la trasformazione tecnologica in atto nel sistema produttivo. Un progetto per impedire che il Paese si sbricioli.»
E dài con le briciole. Sa Landini che le briciole si producono affettando il pane? Sa anche chi sono coloro che tagliano il pane in Italia, ovvero coloro che hanno il coltello dalla parte del manico? I lavoratori? O i prenditori di lavoro? Inoltre, sa Landini che la qualità del lavoro e i diritti di coloro che lavorano, per essere al centro del [eccetera], dipenderebbe, allo stato presente, soltanto da un piccolo codicillo legislativo che imporrebbe una drastica riduzione dell'orario di lavoro? Nel progetto per impedire che il Paese faccia le briciole, c'è questa indicazione?

No.

Allora, caro Landini, vai a cercare i funghi. Allucinogeni, per immaginare un po'.

domenica 29 marzo 2015

Salivazioni a sinistra

Credo che se si domanda “Che cosa vuol dire essere di sinistra oggi?”, generalmente si riceve una risposta del tipo “Essere di sinistra vuol dire mettere al centro della propria azione politica il lavoro e, di conseguenza la difesa dei diritti dei lavoratori”.
Per la sinistra, il lavoro è il cardine intorno a cui tutto ruota, soprattutto in uno stato il cui ordinamento repubblicano si fonda, appunto, sul lavoro.
Ma che cosa sia il lavoro in una società capitalistica ce lo ricorda in maniera impeccabile Olympe de Gouges.

Questa premessa per dire che manifestazioni come quella occorsa sabato scorso a Roma, aldilà della simpatia o dell'irritazione che possono provocare, aldilà delle motivazioni più o meno condivisibili che le muovono, pur essendo unanimemente considerate de sinistra, sono manifestazioni consustanziali al sistema, non lo mettono realmente in discussione. 
Beninteso, non dico che Landini non sappia fare, e bene, il suo mestiere e che non sia legittimo e persino necessario il suo tentativo di (ri)proporre una coalizione politica e sociale. Il problema, semmai, è che qualsiasi tentativo di rappresentanza delle classi subalterne, che non prende in considerazione l'unica critica scientifica in grado di cogliere le reali cause della perdurante crisi economica e sociale, è destinato al fallimento. Questo anche nel caso in cui tale movimento potesse arrivare alla guida del Paese e riuscisse a mettere in atto la migliore delle politiche redistributive.

È necessario capire che il capitalismo è «un rapporto sociale che ingloba tutti i membri dell'attuale società mondiale» nessuno escluso; e che, quindi, il capitalismo non si supera restando all'interno della dialettica padrone-schiavo: certo, esistono i padroni ed esistono gli schiavi, ma non è che invertendo i ruoli si superano le contraddizioni e le crisi di sistema. 
In buona sostanza: una sinistra che crede nel “mercato” e, di conseguenza, nella produzione di “merci” come qualcosa di “naturale”, è una sinistra inservibile, che non ha mercato, perché non capisce che - quali che siano i padroni, dai borghesi pasciuti d'antan, ai vecchi porci dionisiaci lombardi, dai frocioni filantropi californiani, ai funzionari di partito cinese -, 
«la produzione capitalista di merci contiene, fin dall'origine, una contraddizione interna, una vera bomba a scoppio ritardato situata nei suoi stessi fondamenti. Non si può far fruttare il capitale, e dunque accumularlo, che sfruttando la forza lavoro. Ma il lavoratore, per generare un profitto a vantaggio del suo datore di lavoro, deve essere fornito degli attrezzi necessari, e oggi delle tecnologie di punta. Ogni volta il primo datore di lavoro che ricorre a nuove tecnologie vince, perché i suoi operai producono di più di quelli che non dispongono di questi attrezzi. Ma il sistema intero perde, perché le tecnologie rimpiazzano il lavoro umano, che è tuttavia la sola fonte del plusvalore e dunque del profitto. Lo sviluppo della tecnologia riduce i profitti nella loro totalità». Anselm Jappe, “Credito a morte”, in Contro il denaro, Mimesis, Milano-Udine 2013.

Tutto quanto scritto finora, comunque, è una premessa a quanto segue.
Se per Landini Renzi è peggio di Berlusconi, per me Francesco Piccolo è il peggio.

Potrei star qui a scrivere uno sputo per ogni sua parola, ma non ho voglia di sprecare saliva. Mi limito a questo stralcio, casomai provocasse anche in voi salivazione:
Ancora in epoca berlusconiana lei disse: «Il governo, per la sinistra, è come diventare adulti». Pensa che con Renzi la sinistra stia crescendo? 
 Diventare adulti vuol dire tante cose. Questo governo – rispetto alla sinistra dei giusti che non si mettono mai in gioco – mette le mani nei fatti. In questo senso sì: è il governo del diventare adulti. 
Sia più chiaro. 
L'altro giorno alla radio discutevano la riforma del codice stradale. Un esperto ha commentato: «È un passo avanti, ma è insufficiente». Ecco cos'è un governo riformista: un governo che fa dei passi avanti, probabilmente insufficienti. È così che sono progrediti tutti i paesi democratici europei. L'Italia invece no. Perché qui c'è gente che dice: “Questa legge elettorale non è perfetta”. Dunque meglio non fare nulla. Mentre un paese riformista è un paese che fa un sacco di cose insufficienti, anziché un paese che non fa niente perché tutto è insufficiente.
Sputiamo insieme? 

domenica 9 febbraio 2014

Sul ponte sventola maglietta bianca

La questione non è che Aldo Grasso abbia scritto questo editoriale
La prima cosa che colpisce di Maurizio Landini è quella T-shirt bianca che fa capolino dalla camicia. Ormai un segno distintivo, come usava negli anni Sessanta nei film americani. Lui dice che è per la salute: «Senza la maglietta sto male. La porto da quando ero bambino e non ho mai smesso». Non è vero, è solo civetteria, un segno distintivo. Da quando va in tv, e ci va spesso, anche un sindacalista duro e puro, in fabbrica a 15 anni come saldatore, ha capito che l’immagine ha la sua importanza.
ma che il direttore Ferruccio De Bortoli l'abbia pubblicato senza dire pio. E un direttore che - non dico censuri - non biasimi, con una noticina, il rincoglionimento dei suoi editorialisti, allo stesso tempo non salvaguarda l'intelligenza dei suoi lettori. 
Se Aldo Grasso voleva soltanto fare lo spiritoso e trovare un appiglio per una critica estetica a Landini, che facesse il paio alla presa in giro dei golfini di cachemire di Marchionne, doveva restare, appunto, sul piano di estetico, legittimo e fors'anche divertente. Ma mescolare i campi, cioè: da una maglietta della salute far discendere una critica politica mi sembra, non dico inopportuno - niente è inopportuno -, bensì talmente ridicolo e inefficace che, arrivati a fine lettura, si prova un senso di spaesamento e di vergogna per interposta persona. 
(Sia chiaro: per quanto preferisca la posizione di Landini a quella di Marchionne, non è che abbracci e sposi tutte le sue tesi; anzi, a volte, noto, nelle posizioni del segretario della Fiom, delle ingenuità palesi che non colgono affatto le contraddizioni dell'attuale sistema economico e produttivo e la conseguente impossibilità di addomesticare il capitalismo.)

Nota a parte molto fuori tema.
Mi ritrovo nella giustificazione di Landini: ho avuto una mamma che mi ha imposto la maglietta della salute (in inverno di lana e di cotone in estate), tanto che l'ho indossata anche dopo che potevo liberamente scegliere se indossarla o no, perché senza stavo male. La prima vera emancipazione fu infatti quando decisi di dismettere totalmente quella di lana e portare esclusivamente quella in cotone. La seconda emancipazione è stata, or non è molto, quando ho smesso di portare la camicia: porto solo la maglietta di cotone, di vari colori, un golf sopra in inverno, e via.