domenica 29 marzo 2015

Salivazioni a sinistra

Credo che se si domanda “Che cosa vuol dire essere di sinistra oggi?”, generalmente si riceve una risposta del tipo “Essere di sinistra vuol dire mettere al centro della propria azione politica il lavoro e, di conseguenza la difesa dei diritti dei lavoratori”.
Per la sinistra, il lavoro è il cardine intorno a cui tutto ruota, soprattutto in uno stato il cui ordinamento repubblicano si fonda, appunto, sul lavoro.
Ma che cosa sia il lavoro in una società capitalistica ce lo ricorda in maniera impeccabile Olympe de Gouges.

Questa premessa per dire che manifestazioni come quella occorsa sabato scorso a Roma, aldilà della simpatia o dell'irritazione che possono provocare, aldilà delle motivazioni più o meno condivisibili che le muovono, pur essendo unanimemente considerate de sinistra, sono manifestazioni consustanziali al sistema, non lo mettono realmente in discussione. 
Beninteso, non dico che Landini non sappia fare, e bene, il suo mestiere e che non sia legittimo e persino necessario il suo tentativo di (ri)proporre una coalizione politica e sociale. Il problema, semmai, è che qualsiasi tentativo di rappresentanza delle classi subalterne, che non prende in considerazione l'unica critica scientifica in grado di cogliere le reali cause della perdurante crisi economica e sociale, è destinato al fallimento. Questo anche nel caso in cui tale movimento potesse arrivare alla guida del Paese e riuscisse a mettere in atto la migliore delle politiche redistributive.

È necessario capire che il capitalismo è «un rapporto sociale che ingloba tutti i membri dell'attuale società mondiale» nessuno escluso; e che, quindi, il capitalismo non si supera restando all'interno della dialettica padrone-schiavo: certo, esistono i padroni ed esistono gli schiavi, ma non è che invertendo i ruoli si superano le contraddizioni e le crisi di sistema. 
In buona sostanza: una sinistra che crede nel “mercato” e, di conseguenza, nella produzione di “merci” come qualcosa di “naturale”, è una sinistra inservibile, che non ha mercato, perché non capisce che - quali che siano i padroni, dai borghesi pasciuti d'antan, ai vecchi porci dionisiaci lombardi, dai frocioni filantropi californiani, ai funzionari di partito cinese -, 
«la produzione capitalista di merci contiene, fin dall'origine, una contraddizione interna, una vera bomba a scoppio ritardato situata nei suoi stessi fondamenti. Non si può far fruttare il capitale, e dunque accumularlo, che sfruttando la forza lavoro. Ma il lavoratore, per generare un profitto a vantaggio del suo datore di lavoro, deve essere fornito degli attrezzi necessari, e oggi delle tecnologie di punta. Ogni volta il primo datore di lavoro che ricorre a nuove tecnologie vince, perché i suoi operai producono di più di quelli che non dispongono di questi attrezzi. Ma il sistema intero perde, perché le tecnologie rimpiazzano il lavoro umano, che è tuttavia la sola fonte del plusvalore e dunque del profitto. Lo sviluppo della tecnologia riduce i profitti nella loro totalità». Anselm Jappe, “Credito a morte”, in Contro il denaro, Mimesis, Milano-Udine 2013.

Tutto quanto scritto finora, comunque, è una premessa a quanto segue.
Se per Landini Renzi è peggio di Berlusconi, per me Francesco Piccolo è il peggio.

Potrei star qui a scrivere uno sputo per ogni sua parola, ma non ho voglia di sprecare saliva. Mi limito a questo stralcio, casomai provocasse anche in voi salivazione:
Ancora in epoca berlusconiana lei disse: «Il governo, per la sinistra, è come diventare adulti». Pensa che con Renzi la sinistra stia crescendo? 
 Diventare adulti vuol dire tante cose. Questo governo – rispetto alla sinistra dei giusti che non si mettono mai in gioco – mette le mani nei fatti. In questo senso sì: è il governo del diventare adulti. 
Sia più chiaro. 
L'altro giorno alla radio discutevano la riforma del codice stradale. Un esperto ha commentato: «È un passo avanti, ma è insufficiente». Ecco cos'è un governo riformista: un governo che fa dei passi avanti, probabilmente insufficienti. È così che sono progrediti tutti i paesi democratici europei. L'Italia invece no. Perché qui c'è gente che dice: “Questa legge elettorale non è perfetta”. Dunque meglio non fare nulla. Mentre un paese riformista è un paese che fa un sacco di cose insufficienti, anziché un paese che non fa niente perché tutto è insufficiente.
Sputiamo insieme? 

1 commento:

UnUomo.InCammino ha detto...

Invece della lettura antropocentrica "marxista" o antimarxista del lavoro (il lavoro è ovviamente qualcosa in cui c'è una domanda ed un'offerta e il prezzo del lavoro è ovviamente dettato da ciò, come è sempre stato, anche se ovviamente questo è incompatibile con i dettami della religione di sinistra) io voglio adottare una lettura ecologica.

Un lavoro è sostenibile e migliora le prospettive ecologiche della comunità e del territorio che la ospita o è antiecologico, inquinante, distruttivo, devastante?

Pare che la mistica del lavoro se ne freghi bellamente della sostenibilità. Anzi, destra, sinistra, sopra e sotto, al centro e in periferia è sempre un osanna a qualsiasi lavoro, a qualsiasi attività economica, se la peggiore ecologicamente ma redditizia tanto meglio, purché sia lavoro.

Le follie delle grandi opere (o sulla devastazione diffusa edilizia di altri settori economici, come quello primario o terziario) sono
finalizzate alla rendita acuta diffusa e/o alla corruzione e agli interessi di pochi, si appoggiano proprio sulla mistica del lavoro dei tanti (sui quali peraltro ricadono tutti gli effetti "collaterali") per essere imposte contro le resistenze ecologiste ed ambientaliste.