Elena Molinari affronta per Avvenire «
un viaggio nei cantieri della nuova evangelizzazione» americani.
Il titolo dell'articolo, intanto, mi sembra inappropriato, anche alla luce dei drammatici eventi accaduti a Denver dove uno psicopatico ha colpito al cuore (o in altre parti del corpo) numerose persone, che potevano pure, potenzialmente, anche essere egoiste, certo, ma potevano pure essere religiose. Ma entriamo nel dettaglio:
È il Paese industrializzato più devoto al mondo, dove l’80% della popolazione si definisce religiosa e quasi due terzi prega regolarmente e si considera «socialmente tradizionalista». Eppure in questo stesso Paese, gli Stati Uniti d’America, vigono le regole più permissive del mondo sull’aborto e sulla procreazione assistita. Esiste ancora la pena di morte. E la ricerca sugli embrioni è assolutamente permessa.
Anche la vendita di armi è permessa, comunque.
Boutade a parte relative al titolo dell'articolo, a mio avviso sarebbe stato più corretto specificare l'occhiello («Sfida di credere»), anche se Avvenire non lascia scampo circa quale religione credere. Ma insomma io avrei scritto: La sfida di credere secondo il Magistero della Dottrina Cattolica perché, negli Usa, la cattolica è una fede tra le tante possibili. Importante e influente, certo, ma non l'unica a proclamare verità trascendenti e ad avere un peso sul potere politico (sinora protetto nella sua laicità grazie al rispetto della Costituzione dei padri fondatori). Gli americani non regolano le leggi dello stato federale sui principi di alcuna morale religiosa. E questo non impedisce loro di essere un popolo credente e di rivolgesi a Dio a seconda di ciascuna tradizione. Come ebbe a dichiarare Eisenhower:
«Il nostro governo non ha senso se non si fonda su una credenza religiosa profondamente vissuta e non importa quale sia»*.
Quale sia, appunto, anche cattolica, perché no, ma non necessariamente quella.
Ma torniamo all'articolo.
È su queste contraddizioni che si concentra lo sforzo di evangelizzazione che i pastori cattolici americani vogliono intensificare a partire da ottobre. Perché, come ha scritto Benedetto XVI nella lettera apostolica con la quale ha indetto l’Anno della fede, «il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti». Negli Usa questo significa aiutare i cattolici a contrastare la storica, ma sempre più forte, tendenza all’individualismo estremo, spesso narcisista, che difende a spada tratta i propri diritti senza fermarsi a riflettere sulle loro implicazioni morali o sulle conseguenze per il bene comune. «L’egoismo selvaggio è diventato una malattia nazionale», ammetteva di recente persino il New York Times – un quotidiano a sua volta liberal – nella pagina dei commenti. Per una volta, i vescovi cattolici sono d’accordo. Ma, a differenza della stampa laica, i presuli sanno come rispondere a chi cataloga fra le libertà individuali inviolabili il diritto di abortire, di creare embrioni destinati alla morte, di non pagare le tasse, di permettere ai gay di sposarsi e agli studenti di vendere i loro gameti anonimamente e ripetutamente. Con un richiamo missionario al messaggio del Vangelo nella sua purezza. Senza compromessi.
Da un punto di vista altruistico è legittimo che Elena Molinari decida, nella sua vita, di non abortire, di non dare in omaggio eventuali suoi embrioni, di pagare le tasse, di non sposarsi con una donna e, se studente, di non vendere i suoi gameti «anonimamente e ripetutamente». In molti, infatti, anche se non credono, non sono così selvaggiamente egoisti da imporle scelte che andrebbero a cozzare contro la sua morale - che, tra l'altro, è una morale che i cattolici hanno arbitrariamente ricavato dal Vangelo e ritengono per vera e indiscutibile soltanto perché ha l'imprimatur della infallibilità papale. Dov'è scritto nel Vangelo che, per es. gli studenti non possono vendere i loro gameti? Comunque, nulla vieta ai cattolici americani (e non solo) di testimoniare con le proprie azioni che si può vivere anche senza compiere quelle che, secondo loro, sembrano essere la peste della nostra contemporaneità: «l'individualismo estremo, spesso narcisista, che difende a spada tratta i propri diritti senza fermarsi a riflettere sulle loro implicazioni morali o sulle conseguenze per il bene comune». Avete capito bene: la crisi economica e finanziaria determinata dal capitalismo è un piccolo peto al confronto.
Ora, siccome io sono uno che, quando ha tempo, si ferma volentieri a riflettere (specchio, specchio delle mie brame), ho riflettuto, penso bene, e sono addivenuto a queste conclusioni. Primo: pur non capendo cazzo c'entri il pagamento delle tasse con l'aborto, il matrimonio gay, gli embrioni e la fecondazione assistita, va detto che se non paghi le tasse in America t'arrestano e sei considerato un verme. Secondo: non so l'America, ma il pianeta nel suo insieme, comincia a faticare a portarci, noi umani. Vale a dire: di tanti problemi che assillano il mondo, quello demografico è uno dei maggiori, ma per le ragioni contrarie a quelle di cui si preoccupa la Molinari. L'aborto è un diritto e non è certo un sistema di controllo demografico, soprattutto in America (lo è in Cina, credo). Terzo: non conosco nel dettaglio se esistano o meno le pratiche di creare embrioni destinati alla morte o di vendere gameti, ma questo, anche se fosse (e sarà), cosa impedisce in sé alla gente di credere, di avere fede in Dio? Da una parte i peccatori e dall'altra i puri di cuore - e di culo, così Dio saprà riconoscere i suoi.
Prosegue la Molinari
Negli Stati Uniti l’esperimento della Chiesa "liberal" è fallito. Ogni denominazione – episcopaliana, metodista, luterana e presbiteriana – che abbia provato ad adattarsi ai valori della società contemporanea ha assistito a un crollo delle presenze e delle vocazioni. All’interno della Chiesa cattolica, gli ordini più progressisti non sono riusciti a generare le vocazioni necessarie a sostenersi. E poiché il cattolicesimo liberal non ha ispirato una nuova generazione di suore e frati, gli ospedali cattolici stanno passando nelle mani di amministratori più interessati ai profitti che alla carità.
Il cattolicesimo liberal ha provocato un crollo delle vocazioni di suore e di frati? Mmmh... non credo. Credo più probabile causa il benessere. Forse, coi tempi bui che ci aspettano, per mangiare un piatto di minestra e avere un tetto, qualche vestizione in più la vedremo (magari restando nudi sotto veste, belli pronti).
E dunque? Che s'ha fare un nuovo Concilio? Un Vaticano III dove si torna a mettere bei paletti e ad accendere bei roghi? No, sarà sufficiente
«Abbracciare l’insegnamento di una fede militante – spiega l’arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa, il cardinaleTimothy Dolan – abbandonare la presunzione che i cattolici conoscano la ricchezza e le implicazioni della loro fede e ammettere che non la conoscono. Prenderci cura con amore del nostro gregge che si è fatto più cinico, più indifferente». Questo insegnamento dovrà dunque comprendere forti riferimenti alla dottrina sociale della Chiesa nei confronti dei più bisognosi (dei quali ampie fazioni politiche di destra tendono a dimenticarsi) e alla sacralità della vita (che ampie fazioni di sinistra considerano troppo rigida).
Ecco, bravi, provate a convincere i cattolici americani a diventare democristiani, c'è caso venga fuori una bella lobby che troverà il sostegno dei Democratici. Quelli italiani, per intendersi.
*cit. estratta in D.C. Dennet, Rompere l'incantesimo, Cortina, Milano 2007